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Fulvio Colucci |
Quelli di Colucci e Alemanno sono per lo più articoli, narrazioni, reportage (apparsi sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» e sulla «Voce del Popolo») qui raccolti in forma unitaria, sino a comporre un viaggio che conduce dal passato al presente dell’acciaieria e dall’esterno della sua struttura al cuore degli operai. Colucci racconta la solitudine degli operai dell’ilva, il distacco tra la fabbrica e la città, gli operai sono invisibili a Taranto, ma sono invisibili anche al resto del paese: 6700 cassaintergrati nel 2009 eppure nessuno ne parla. Gli operai diventano “visibili” solo quando sono vittime di incidenti mortali: “visibili” solo ai politici che si presentano in giacca e cravatta ai funerali, “visibili” per le poche ore dell’ultimo saluto per ricadere subito nel limbo dei dimenticati, son “visibili” solo in quanto “morti bianche”, ma come si chiede il padre di un ragazzo vittima di un incidente: “come si fa ad associare la parola bianca alla morte?”
Un altro elemento che colpisce dal reportage di Colucci è il silenzio: i giovani operai dell’Ilva non raccontano nulla alle loro famiglie, la memoria è prerogativa degli anziani che raccontano ai nipoti: mi viene in mente una analogia, probabilmente dura: i sopravvissuti dei campi di sterminio nazisti hanno avuto lo stesso comportamento: hanno “recuperato” la memoria solo attraverso i nipoti, hanno avuto bisogno di una generazione per elaborare il dolore e il lutto.
L’Ilva è una fabbrica fatta di lavoratori, oggi gli operai sono ragazzi allo sbaraglio, privi della coscienza di classe e di veri ideali; ambiscono a una macchina di grossa cilindrata, mentre una volta erano lavoratori che, non appena terminava il turno all’ex Italsider, portavano avanti le attività ereditate dai padri, ed erano dunque metalmezzadri (felice neologismo di Walter Tobagi) o operai pescatori; uomini abituati a scaricare le tensioni a contatto con l’ambiente, abituati alla paziente attesa delle diverse stagioni dell’anno, ciascuna con incombenze specifiche; uomini che nel sindacato vedevano un’espressione concreta delle proprie esigenze, della tutela dei propri diritti.
Editore: Kurumuny
Giuse Alemanno, scrittore, ha vinto numerosi premi letterari, è stato vicedirettore de «La Voce del Popolo», lavora all’Ilva di Taranto dal 2001.
Fulvio Colucci, giornalista, lavora nella redazione tarantina de «La Gazzetta del Mezzogiorno». Nel 1995 ha vinto il premio “Ilaria Alpi”.
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