L'esame conclusivo della scuola superiore impegna i
giovani in un'età che segna il passaggio dalla giovinezza ad un'età più matura.
Un passaggio importante, pieno di implicazioni non solo sul piano scolastico,
ma anche su quello più ampiamente sociale. Ripercorrere le tappe della sua
evoluzione nell'ultimo secolo può quindi aiutare a capire il modo in cui la
nostra società guarda a se stessa e al proprio futuro, nonché‚ a capire e
interpretare le ultime riforme con una valutazione che vada al di là della
semplice analisi tecnica delle procedure.
Il punto di partenza di questo rapido excursus è il
1923, l'anno in cui Giovanni Gentile introduce l'esame di
maturità per gli allievi degli studi liceali, gli unici a permettere l'accesso
a tutti i corsi di laurea. L'esame è articolato in quattro prove scritte e una
prova orale su tutte le materie del corso e sui programmi nazionali degli
ultimi tre anni. La Commissione, costituita esclusivamente da docenti esterni,
è formata in gran parte da professori universitari. Viene attribuito un
punteggio per ogni materia ed è prevista la sessione di esami di riparazione.
Sedi di esame sono solo alcuni Istituti.
Il primo dato che si impone è la netta discriminazione tra gli studenti dei Licei e quelli degli Istituti tecnici, che sono perlopiù figli della piccola borghesia o, più raramente, provengono da famiglie di operai o di contadini. Per loro il passaggio dalla scuola alla fabbrica o all'ufficio rappresenta la naturale continuità di un percorso senza sbocchi alternativi e non richiede nessun rito di iniziazione. Diversa è la situazione e la considerazione degli studenti liceali: loro sono i figli della classe dirigente, destinati a diventare la futura classe dirigente. Bisogna avere garanzie sulla loro appartenenza ad una cultura che riflette una visione del mondo della quale è necessario assicurare la continuità. L'esame vuole costituire il puntale accertamento del possesso di quella cultura, attraverso la quale si entra a far parte della ristretta elite di chi può decidere, dirigere, governare, comandare. La richiesta di conoscenze possedute con precisione quasi catechistica assume il carattere di un rito e per celebrarlo la società chiama i grandi sacerdoti della cultura, i professori universitari. Davanti a loro gli studenti devono dimostrare di aver saputo accettare cinque anni di studio diligente e obbediente, un vero e proprio addestramento formale che li ha abilitati a diventare gli ufficiali capaci di inquadrare la nazione in un sistema preciso di rapporti sociali che sono nello stesso tempo rapporti economici e rapporti di potere. Dopo la "promozione" la goliardia degli anni universitari, accettata con tanta indulgenza, addirittura esaltata da una vasta tradizione operettistica e canzonettistica, è il premio per chi ha fatto il proprio dovere e un ulteriore segno di distinzione tra chi può permettersi la sregolatezza e chi è costretto alla regolarità di un duro, monotono, faticoso lavoro. Gli anni della guerra aprono una lunga e drammatica parentesi: la precarietà della situazione generale impone varie semplificazioni alle procedure dell'esame, che, nel 1940 e nel 1941, viene addirittura eliminato e sostituito dallo scrutinio finale. Nel 1951 il ministro Guido Gonella ripristina l'esame di maturità di Giovanni Gentile, con alcune novità: vengono introdotti i membri interni (prima due e poi soltanto uno) e relativamente ai due anni precedenti l'ultimo vengono richiesti dei cenni. Si tratta di novità limitate, ma non prive di significato, che impediscono comunque di liquidare sbrigativamente la legge Gonella, attribuendola al clima generale di restaurazione e ritorno all'ordine proprio dei primi anni Cinquanta. Una svolta decisiva nella storia dell'esame di maturità è poi quella del 1969, con il decreto del ministro Fiorentino Sullo. Siamo negli anni della contestazione, dell'autunno caldo, del movimento studentesco, della volontà di cambiare il mondo e anche per l'esame conclusivo della scuola superiore ci sono riforme radicali. L'esame di maturità viene esteso a tutti i corsi di studio quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore, contestualmente con la liberalizzazione degli accessi agli studi universitari. Le prove scritte vengono ridotte a due, scelte dal ministero.
Il primo dato che si impone è la netta discriminazione tra gli studenti dei Licei e quelli degli Istituti tecnici, che sono perlopiù figli della piccola borghesia o, più raramente, provengono da famiglie di operai o di contadini. Per loro il passaggio dalla scuola alla fabbrica o all'ufficio rappresenta la naturale continuità di un percorso senza sbocchi alternativi e non richiede nessun rito di iniziazione. Diversa è la situazione e la considerazione degli studenti liceali: loro sono i figli della classe dirigente, destinati a diventare la futura classe dirigente. Bisogna avere garanzie sulla loro appartenenza ad una cultura che riflette una visione del mondo della quale è necessario assicurare la continuità. L'esame vuole costituire il puntale accertamento del possesso di quella cultura, attraverso la quale si entra a far parte della ristretta elite di chi può decidere, dirigere, governare, comandare. La richiesta di conoscenze possedute con precisione quasi catechistica assume il carattere di un rito e per celebrarlo la società chiama i grandi sacerdoti della cultura, i professori universitari. Davanti a loro gli studenti devono dimostrare di aver saputo accettare cinque anni di studio diligente e obbediente, un vero e proprio addestramento formale che li ha abilitati a diventare gli ufficiali capaci di inquadrare la nazione in un sistema preciso di rapporti sociali che sono nello stesso tempo rapporti economici e rapporti di potere. Dopo la "promozione" la goliardia degli anni universitari, accettata con tanta indulgenza, addirittura esaltata da una vasta tradizione operettistica e canzonettistica, è il premio per chi ha fatto il proprio dovere e un ulteriore segno di distinzione tra chi può permettersi la sregolatezza e chi è costretto alla regolarità di un duro, monotono, faticoso lavoro. Gli anni della guerra aprono una lunga e drammatica parentesi: la precarietà della situazione generale impone varie semplificazioni alle procedure dell'esame, che, nel 1940 e nel 1941, viene addirittura eliminato e sostituito dallo scrutinio finale. Nel 1951 il ministro Guido Gonella ripristina l'esame di maturità di Giovanni Gentile, con alcune novità: vengono introdotti i membri interni (prima due e poi soltanto uno) e relativamente ai due anni precedenti l'ultimo vengono richiesti dei cenni. Si tratta di novità limitate, ma non prive di significato, che impediscono comunque di liquidare sbrigativamente la legge Gonella, attribuendola al clima generale di restaurazione e ritorno all'ordine proprio dei primi anni Cinquanta. Una svolta decisiva nella storia dell'esame di maturità è poi quella del 1969, con il decreto del ministro Fiorentino Sullo. Siamo negli anni della contestazione, dell'autunno caldo, del movimento studentesco, della volontà di cambiare il mondo e anche per l'esame conclusivo della scuola superiore ci sono riforme radicali. L'esame di maturità viene esteso a tutti i corsi di studio quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore, contestualmente con la liberalizzazione degli accessi agli studi universitari. Le prove scritte vengono ridotte a due, scelte dal ministero.
La prova orale assume il nome di colloquio: una
denominazione che, almeno nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe indicare
la volontà di superare il carattere del puro accertamento di una preparazione
nozionistica. La medesima volontà ispira la drastica riduzione delle materie
orali: il ministero ne sceglie quattro, lo studente risponde solo su due: una
scelta da lui stesso, l'altra dalla Commissione. Il voto è unico e in
sessantesimi, la soglia minima per la promozione è 36/60, non sono più previsti
esami di riparazione. Il decreto Sullo viene convertito nella legge n. 146 del
1971 con l'esplicita dichiarazione che dovrebbe avere una validità sperimentale
di soli due anni. Ne durerà trenta. Il nuovo cambiamento avviene nel 1997 con
il ministro Luigi Berlinguer e la
Legge 425 del 10 dicembre 1997, seguita dal Regolamento del nuovo esame di
stato D.P.R. 23 luglio 1998, n. 323. Le modifiche sono numerose e importanti:
l'Esame di Maturità diventa Esame di Stato. La Commissione è composta per il
50% da membri interni, per il restante 50% da esterni, più il Presidente
esterno all'Istituto, che opera su due Commissioni. Il punteggio finale è la
somma di quattro componenti: il credito scolastico in ventesimi (con
l'eventuale integrazione del credito formativo, derivante dal riconoscimento di
attività extrascolastiche), il punteggio delle prove d'esame in ottantesimi (45
punti alle prove scritte, 35 al colloquio), l'eventuale integrazione fino ad un
massimo di 5 punti in presenza di un credito scolastico pari ad almeno 15 punti
e di prove d'esame particolarmente positivi, con un punteggio minimo di 70. Il
punteggio massimo è 100, il minimo per la promozione è 60. Lo studente promosso
riceve, oltre al diploma, una certificazione delle competenze acquisite in
quattro lingue straniere (francese, inglese, spagnolo. tedesco), secondo i
modelli europei. Le prove scritte diventano tre, due inviate dal ministero, la
terza predisposta dalla Commissione. Importanti le innovazioni per la prima
prova scritta; il tradizionale tema di italiano è sostituito da prove
differenziate e tipologicamente individuate: l'analisi del testo, l'articolo di
giornale, il saggio breve, il tema di argomento storico, il tema di ordine
generale. L'innovazione ha importanti riflessi sull'insegnamento dell'italiano,
in particolare entra nella prassi didattica la scrittura documentata. Si apre
un nuovo fronte per l'aggiornamento dei docenti e una nuova miniera per le Case
editrici. Un nuovo capitolo nella storia dell'esame di Stato inizia con il
ministro Letizia Moratti e la Legge
28 dicembre 2001, n. 448. La riforma incide soprattutto sulla composizione
delle Commissioni, che vengono costituite da soli membri interni e da un
Presidente esterno, nominato per tutte le Commissioni operanti in ciascun
istituto. Nel confronto sul nuovo esame a questo punto si evidenziano prese di
posizione più ideologiche che didattiche: qualcuno parla di un provvedimento
dettato da semplici ragioni di contenimento di spesa, altri sottolineano la
volontà di favorire la scuola privata, altri ancora criticano un esame fatto a
misura delle nuove generazioni, troppo coccolate e protette per essere in grado
di affrontare lo stress del confronto con commissari esterni. La nuova e ultima
svolta si registra con il ministro Fioroni e la legge n. 1 dell'11 gennaio
2007. Questa però non è più storia, è cronaca. Circolari e comunicazioni escono
a getto continuo e il dibattito è aperto. Tra qualche tempo potremo trarre le
prime conclusioni.
(N.B. Uno sguardo ed un ricordo al Liceo Classico ”V.Lilla” di
Francavilla Fontana, alla mitica estate
1966, al caro vocabolario latino Georges
e a quello greco Rocci, alla sigaretta buttata e fumata a meta’ perché si avvicinava il commissario di Latino e
Greco,ai “riferimenti” degli anni precedenti, al trimetro giambico e
all’esametro, all’antipatico Pelide e al generoso Ettore, all’aristocratico Tucidide,
al sereno Orazio,all’amico di banco Milone Enzo (medico a Gorgonzola e riabbracciato a distanza di 40 anni), a tutti
i cari compagni di classe invecchiati
(nella migliore delle ipotesi), ai glicini del viale stazione con il loro
penetrante profumo e con la loro generosa ombra concessaci,all’indimenticabile
ed incartapecorito prof. Caroli e al gentiluomo prof. Di Noi, al comprensivo bidello
Peppino, a quelle palpitazioni e trepidazioni che ci hanno permesso di diventare uomini con
tutti i nostri difetti e mancanze, alla nostalgia che ti assale all’improvviso
scartocciando episodi chiusi nel cassetto della memoria,ai candidi quadri degli
scrutini con i voti in colore nero e in rosso, a Sergio Sbrollini, ucciso dalla
pistola di un balordo, a tutti i sogni e le aspettative coltivate...)
Bella descrizione dei tempi passati, con evidente emozione nel raccontare il proprio periodo di riferimento... Tempi passati ma tanto vicini nel ricordarli . Bravo prof.
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