Gigi Riva viene considerato da
molti esperti del calcio come il più grande attaccante italiano del dopoguerra.
Certo, possiamo essere più o meno daccordo con questa affermazione, ma sicuramente Rombo di tuono ha rappresentato (e rappresenta tutt'ora) il mix ideale che deve caratterizzare un grande cannoniere: forza, velocità, tecnica e carattere lo hanno reso un personaggio amato da tutti gli appassionati di calcio.
La sua fede al Cagliari lo ha reso una bandiera, il suo carattere e la sua serietà un esempio per i più giovani.
Per meglio capire la sua caratura, basta esaminare la media realizzativa di Riva in maglia azzurra: 35 reti in 42 partite rappresenta ancora un record difficilmente eguagliabile.
La carriera di Riva è molto semplice da raccontare: l'esordio è con la maglia del Legnano (serie C), ma il passaggio al Cagliari avviene repentinamente, grazie al buon fiuto del presidente sardo che si assicura i servigi di quello che sarebbe diventato un centravanti devastante.
Il giovane Riva affronta il trasferimento sull'isola con molti dubbi: ragazzo timido e taciturno si ritrova lontanissimo da casa...ma basta poco per fargli capire che in Sardegna ha trovato una terra adottiva.
Riva si innamorerà di questa terra e della sua gente, arrivando a rifiutare le offerte delle squadre più prestigiose pur di rimanere a Cagliari.
Questo atteggiamento lo rese una bandiera, un giocatore amato dai propri tifosi e rispettato da tutti gli appassionati di calcio in Italia, ma pure gli impedì di vincere trofei e competizioni che la sua immensa classe gli avrebbe di sicuro fatto raggiungere.
Giocherà nel Cagliari 13 campionati consecutivi, realizzando in serie A 156 reti in 289 partite (una media superiore a 0,5 gol a partita).
Ma la carriera di Riva fu costellata anche da gravi infortuni (2 in nazionale e uno col suo club che lo costringerà a terminare la carriera).
Le più belle imprese di questo splendido cannoniere le ricordiamo in maglia azzurra (Riva fu campione europeo con la nazionale nel 1968 e vicecampione mondiale nel 1970 in Messico), dove il suo potentissimo tiro mancino ha fatto sognare i tifosi azzurri.
Nato nel 1944 (7 novembre) è stato, insieme a Piola e Meazza, il più grande attaccante italiano: il suo gioco era caratterizzato da una prorompente esuberanza fisica, che gli valse il celeberrimo soprannome da parte di Gianni Brera "Rombo di tuono" (che voleva rendere a parole le sue azioni dirompenti, la sua potenza fisica).
Dopo il passaggio al Cagliari (di cui abbiamo parlato poco sopra), i preparatori isolani lavorarono molto sul potenziamento fisico e, quando il ragazzo si fu irrubustito, esplose il fenomeno Riva: le reti si gonfiavano sempre pù frequentemente, la sua potenza e la sua abilità nelle progressioni lo rendeva quasi immarcabile.
E più Riva segnava, più le offerte da parte di Juventus, Milan ed altre grandi società si facevano fitte.
È per questo, e tanto altro, che Riva è ancora amatissimo dalla
gente sarda: l’avventura dello scudetto è ormai la nostra Iliade e la nostra
Odissea, un mito da trasmettere a voce. Quarant’anni dopo quel trionfo è
diventata soltanto una piccola parte di quel che Riva ha dato alla terra che lo
ha adottato. Non basterà un numero di anni pari ai gol segnati con la maglia
del Cagliari per continuare a ringraziarlo della pulizia del suo calcio e della
sua figura di uomo.
Certo, possiamo essere più o meno daccordo con questa affermazione, ma sicuramente Rombo di tuono ha rappresentato (e rappresenta tutt'ora) il mix ideale che deve caratterizzare un grande cannoniere: forza, velocità, tecnica e carattere lo hanno reso un personaggio amato da tutti gli appassionati di calcio.
La sua fede al Cagliari lo ha reso una bandiera, il suo carattere e la sua serietà un esempio per i più giovani.
Per meglio capire la sua caratura, basta esaminare la media realizzativa di Riva in maglia azzurra: 35 reti in 42 partite rappresenta ancora un record difficilmente eguagliabile.
La carriera di Riva è molto semplice da raccontare: l'esordio è con la maglia del Legnano (serie C), ma il passaggio al Cagliari avviene repentinamente, grazie al buon fiuto del presidente sardo che si assicura i servigi di quello che sarebbe diventato un centravanti devastante.
Il giovane Riva affronta il trasferimento sull'isola con molti dubbi: ragazzo timido e taciturno si ritrova lontanissimo da casa...ma basta poco per fargli capire che in Sardegna ha trovato una terra adottiva.
Riva si innamorerà di questa terra e della sua gente, arrivando a rifiutare le offerte delle squadre più prestigiose pur di rimanere a Cagliari.
Questo atteggiamento lo rese una bandiera, un giocatore amato dai propri tifosi e rispettato da tutti gli appassionati di calcio in Italia, ma pure gli impedì di vincere trofei e competizioni che la sua immensa classe gli avrebbe di sicuro fatto raggiungere.
Giocherà nel Cagliari 13 campionati consecutivi, realizzando in serie A 156 reti in 289 partite (una media superiore a 0,5 gol a partita).
Ma la carriera di Riva fu costellata anche da gravi infortuni (2 in nazionale e uno col suo club che lo costringerà a terminare la carriera).
Le più belle imprese di questo splendido cannoniere le ricordiamo in maglia azzurra (Riva fu campione europeo con la nazionale nel 1968 e vicecampione mondiale nel 1970 in Messico), dove il suo potentissimo tiro mancino ha fatto sognare i tifosi azzurri.
Nato nel 1944 (7 novembre) è stato, insieme a Piola e Meazza, il più grande attaccante italiano: il suo gioco era caratterizzato da una prorompente esuberanza fisica, che gli valse il celeberrimo soprannome da parte di Gianni Brera "Rombo di tuono" (che voleva rendere a parole le sue azioni dirompenti, la sua potenza fisica).
Dopo il passaggio al Cagliari (di cui abbiamo parlato poco sopra), i preparatori isolani lavorarono molto sul potenziamento fisico e, quando il ragazzo si fu irrubustito, esplose il fenomeno Riva: le reti si gonfiavano sempre pù frequentemente, la sua potenza e la sua abilità nelle progressioni lo rendeva quasi immarcabile.
E più Riva segnava, più le offerte da parte di Juventus, Milan ed altre grandi società si facevano fitte.
Il suo periodo migliore è stato
quello che va dal 1967 al 1970: un titolo europeo con la nazionale (68), un
secondo posto in campionato (dietro alla Fiorentina nel 1969), uno scudetto
(1970), un secondo posto nel mondiale messicano (1970) ed anche un secondo
posto nella classifica del Pallone d'Oro (1970, dietro il suo compagno di
nazionale Rivera).
Tutto questo oltre a ben tre titoli di capocannoniere della serie A.
Ma questo triennio fu anche quello più travagliato per Riva: frattura del perone sinistro (in nazionale nel 1967) e frattura del perone destro (1970 in nazionale, ma dopo i mondiali).
Terminerà la carriera nel 1976, in seguito ad un altro incidente di gioco (l'ultimo match il 01/02/1976 Cagliari-Milan 1-3).
Dopo un periodo di presidenza del Cagliari, Riva approda nello staff della nazionale, dove tuttora svolge il ruolo di team-manager.
Tutto questo oltre a ben tre titoli di capocannoniere della serie A.
Ma questo triennio fu anche quello più travagliato per Riva: frattura del perone sinistro (in nazionale nel 1967) e frattura del perone destro (1970 in nazionale, ma dopo i mondiali).
Terminerà la carriera nel 1976, in seguito ad un altro incidente di gioco (l'ultimo match il 01/02/1976 Cagliari-Milan 1-3).
Dopo un periodo di presidenza del Cagliari, Riva approda nello staff della nazionale, dove tuttora svolge il ruolo di team-manager.
Lui(gi) Riva, da Leggiuno, 7 novembre 1944, segno zodiacale
scorpione, ormai sardo più di tanti sardi. Ama questa terra e non perde
occasione per difenderla quando non esita a schierasi al fianco, per esempio,
dei pastori e degli agricoltori, forse memore di quella volta che, a Milano, in
compagnia di alcuni emigrati si sentì dire beati voi che vivete in Sardegna,
sole mare e belle donne, e lui aveva risposto, no, ragazzi questa gente se deve
andare all’ospedale più vicino fa in tempo a crepare.

Disse Riva in una intervista:"Era un'altra epoca, un
calcio diverso, anche una società diversa - ricorda Riva -. Resistevano valori umani che non ci sono
più. Tra noi eravamo davvero amici. Gli ambienti intorno al pallone sono
cambiati. Oggi si gioca una partita quasi ogni giorno, per mascherare i
problemi dell'Italia. I calciatori vivono tra gossip e veline. Anche noi
andavamo con le veline, cosa credono. Ma non cercavamo le prime pagine, non
portavamo le ragazze sulla spiaggia giusta per farci fotografare. Ed eravamo
pure più concreti". Nel bene e nel male il paese aveva contorni netti,
proprio come Riva al San Paolo mentre spicca il balzo verso la porta difesa da
un portiere inebetito, e “non può essere che questo si lanci così - pensava
l'ultimo difensore - ma siamo ammattiti, vuole farsi male”.
Ma Riva, rombo di tuono, e’ questo!
NB. Oggi il calcio?
Tra scandali, retribuzioni immorali, ingaggi paperoniani e altri degradi, non e’
piu’ uno sport ma, semplicemente, un business. Non me ne occupo piu’!
Giustamente come lei scrive, tutto è cambiato... in peggio e ci ritroviamo questo schifo. Leggo tutti i suoi articoli con interesse, e la ringrazio.
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