In un Convegno a Cosenza nuove rivelazioni di
Pierfranco Bruni che aprono una
verifica sulla letteratura italiana del Novecento
Pierfranco Bruni: “Pavese
Fascista? Non ci sono dubbi. I documenti sono elementi comprovanti della sua
adesione al Fascismo e il confronto con i Calvino e i Moravia resta
lontanissimo e impossibile proprio per la grandezza letteraria di Pavese”
Di questo si è discusso
recentemente a Cosenza, Terrazzo Pellegrini, nel presentare il romanzo di
Pierfranco Bruni “Passione e morte. Claretta e Ben” (Pellegrini).
È stato proprio Pierfranco Bruni,
studioso di antica data degli scritti di Pavese e pavesiano per formazione ad
affermare che: “E’ banale non parlare di un Pavese Fascista. Si può accettare o
meno questa tesi. Ma è comprovata da documenti certi. Dalla sua adesione al
Fascismo con la tessera risalente al 1933, alle lettere indirizzate sia a
Mussolini che alla sorella Maria, dalle sue annotazioni sul Diario dove si
evince addirittura una linea naziafascista ai suoi romanzi e tra questi il
romanzo anticomunista ‘La luna e i falò’. Non si possono disconoscere capitoli
di questo romanzo che propongono una lettura della Resistenza come pagina da
rileggere completamente”.
“Pavese, ha annotato Bruni,
scrive, nel romanzo citato, di partigiani comunisti che sparano alla nuca,
parla di una ragazza di nome Santa che viene bruciata dai partigiani, immagine
con la quale si chiude il romanzo. Non si possono disconoscere le straordinarie
osservazioni sui repubblichini di Salò che si trovano in ‘La casa in collina’.
Pavese è uno scrittore notevole, aggiunge Bruni, e sia Ernesto De Martino che il tanto sopravvalutato
Italo Calvino lo avevano ben capito”.
Pierfranco Bruni si sofferma con
molta acutezza su queste pagine della letteratura italiana di metà Novecento e
dice, senza alcuna reticenza, che “Il rapporto tra Calvino e Pavese non è
proponibile in nessun senso. Calvino nei confronti di Pavese è un mediocre
allievo che si è lasciato trascinare da una visione ideologica della
letteratura, aspetto che in Pavese non c’è perché resta grande scrittore e
poeta sino al suo suicidio. Come non è proponibile l’affermazione di Moravia
nei confronti di Pavese quando afferma che valgono più le sue idee che i suoi
romanz”.
Pierfranco Bruni ha sollevato con
vigore una questione sottaciuta e che soprattutto i libri scolastici non
pongono neppure come elemento di discussione.
“Pavese è uno scrittore centrale
nel contesto del secondo Novecento e fino a quando non verrà proposto fuori
dagli schemi ideologici si porrà una barriera tra letteratura, storia e
ideologia. Pavese resta uno scrittore e un poeta. I Calvino, i Moravia, i
Vittorini sono altra cosa rispetto alla grandezza linguistica e poetica di
Pavese. La differenza sta nel continuare sbagliano a proporre un Pavese
realista. Cosa che egli stesso ha smentito e che la critica storicista e
marxista continua a proporre alle nuove generazioni. Pavese, lo aveva ben sottolineato
di non essere un realista”.
A chi chiedeva sul Fascismo di
Pavese, Bruni ha replicato che “Ancora oggi si ha timore di affermare che
Pavese è stato Fascista, dopo il 1945 la storia è ben altra ma anche tra il
1945 e il 1950 c’è un Pavese non comunista. Ma bisognerebbe rileggere con molta
attenzione e senza i paraocchi ‘La luna e i falò’, dall’inizio alla fine”.
Da Claretta a Pavese. Il
dibattito è stato molto vivace ma di grande interesse e sono stati posti
all’attenzione questioni di importanza rilevante sia sul piano letterario che
storico.
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