Un mondo fatto di atomi e di
vuoto, di responsabilità e felicità tutte umane che rendeva inutile
l'intervento divino e attaccava i pregiudizi irruppe nella cultura europea e ne
ridefinì i valori: e’ il mondo di Lucrezio Caro, gigante della letteratura
latina. Epicuro aveva impresso al materialismo antico, e a quello
moderno una svolta decisiva: Gli atomi,
spiegava, non si muovono lungo un'immutabile linea retta, ma deviano
casualmente e impercettibilmente: solo così si spiega la miriade di
aggregazioni atomiche possibili; solo così, soprattutto, si spiega la libertà
d'azione dell'uomo, una «volontà libera dal fato / in virtù della quale
procediamo dove il piacere ci guida». La tesi di Karl Marx non sarebbe mai
stata scritta se quattro secoli prima, all'altro capo della Germania, un
segretario papale di alterne fortune, Poggio Bracciolini, non avesse sfruttato
le pause nei lavori del concilio di Costanza per perlustrare le biblioteche
della zona e trarne capolavori di cui non restavano altro che la memoria e
qualche citazione: l'epica di Silio Italico, tutto Quintiliano, il poema
astronomico di Manilio.E soprattutto se il caso non avesse aggiunto un'opera
grandiosa che da qualche secolo aveva quasi del tutto fatto perdere le tracce
di sé, il poema Sulla natura del discepolo romano di Epicuro, Lucrezio.
Leonardo ne trae ispirazione per la sua machina mundi, la concezione di un universo autonomo sottratto all'azione divina. Mentre in Francia Montaigne eregge Lucrezio a modello e lo studia e lo cita con passione infinita (la copia da lui annotata è stata riscoperta da poco), mentre i personagggi di Shakespeare alludono alla danza degli atomi, Aeonio Paleario e Giordano Bruno pagano con la vita le loro letture pericolose e l'ispirazione che ne hanno tratto. Spetterà ad una generazione più fortunata, il cui campione è Newton, asserire definitivamente la compatibilità tra gli atomi epicureo-lucreziani e la creazione divina dell'universo senza temere l'Inquisizione, che nulla potrà, in ogni caso, per arrestare la penetrazione del materialismo nella cultura illuministica.
Su quella scia, grazie ai padri fondatori della repubblica americana, Lucrezio guadagna un tardivo suggello ufficiale nel testo di una costituzione che si impegna non solo a garantire la vita e la libertà dei cittadini ma anche a consentire «la ricerca della felicità», quasi che la repubblica ideale fosse il Giardino in cui Epicuro intratteneva i suoi discepoli.
Poco prima di morire, Italo Calvino aveva promosso Lucrezio a paradigma del
nuovo millennio come poeta della «leggerezza» resa possibile proprio dalle
«deviazioni imprevedibili dalla linea retta»: una «poesia dell'imprevedibile»
che ancora ci accompagna solo grazie alla fortunata scoperta di un manoscritto
perduto.
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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis