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lunedì 16 giugno 2014

La pittura metafisica:sogno ed enigma sulla tavolozza dei colori.



La Pittura Metafisica è uno dei grandi contributi dell'Italia alle avanguardie storiche del '900, passaggio indispensabile per la nascita del Surrealismo.In quegli anni si stava affermando il Futurismo e la Pittura Metafisica era l'esatto contrario: Nel futurismo è tutto dinamismo e velocità; nella metafisica predomina l'immobilità più assoluta.In essa c'è una evidente carica di suggestione, ricca di atmosfere magiche ed enigmatiche, dove si "vede" il silenzio più assoluto. Dal 1911, il ventitreenne Giorgio De Chirico, trasferitosi a Parigi, inizia a sperimentare una tecnica particolare che sarà, solo in seguito, definita Pittura Metafisica tecnica studiata solo da lui.Questo stile, che prende forma tra il 1912 ed il 1914, è legata solo all'evoluzione stilistica di Giorgio de Chirico.Solo dal 1916, altri pittori italiani, ispirandosi alle sue opere, elaborano un proprio linguaggio personale inserendo le forme metafisiche nelle proprie opere.Il primo a seguire l'esempio Metafisico è Carlo Carrà che, appassionato futurista, incontra De Chirico nel 1917 all'ospedale militare di Ferrara.
A questa pittura si converte anche Giorgio Morandi che, attorno al 1918, vede pubblicate alcune opere di De Chirico e Carrà e che, nella severità e perfezione delle immagini metafisiche, trova il suo stile più personale.Tra il 1918 e il 1925, si avvicinano alla pittura metafisica anche Filippo De Pisis, Mario Sironi, Massimo Campigli, Felice Casorati e altri pittori meno conosciuti. Solo allora la Pittura Metafisica assume i caratteri di "corrente" vera e propria.Allora furono stabiliti i canoni:la pittura metafisica che doveva far leva sull'effetto sorpresa e sulle suggestioni di immagini irreali e fantastiche.Importante l'ambientazione che, scene nitidissime, senza nulla di deformato o di irriconoscibile, con toni freddi e chiaroscuri dai contrasti fortissimi, abbracciavano presenze solitarie quali piazze, torri, statue, edifici senza età, nature morte e piccole figure di uomini indistinti che sembravano trovarsi dentro il quadro come per un incantesimo.
A dare un inquadramento teorico a questa nuova corrente pittorica è il fratello di De Chirico, Alberto Savinio, che è a sua volta pittore e poeta.Ma la Corrente Metafisica non è destinata a vivere a lungo, il suo momento eroico termina attorno al 1920, quando gli esponenti principali imboccano altre strade, evolvendo il proprio stile, come è naturale.La Metafisica resta come persistente e caratterizzante tono di fondo nei quadri di Giorgio De Chirico e come atmosfera magica nei lavori degli altri artisti che avevano condiviso la sua esperienza.Nonostante la relativa brevità, di questo movimento, la sua influenza si è avvertita sia in Italia che all'estero, dato che dalla metà degli anni '20, il senso di ambiguità e di mistero che improntano la pittura metafisica vengono riproposti dal Realismo Magico, dal gruppo "Valori Plastici",  dal movimento "Novecento" e dal Surrealismo che mantengono viva la mescolanza di ambiguità e ironia propria del De Chirico metafisico. Il termine "Pittura Metafisica" indica il rapporto particolare di questo tipo di pittura nei confronti della realtà.Rispetto ad altre correnti pittoriche che si stavano affermando nel primo Novecento, la Pittura Metafisica si caratterizza per l'ordine e la chiarezza compositiva.I quadri raffigurano oggetti e forme riconoscibili,  collocati in spazi ben definiti dal punto di vista architettonico, ma i vari elementi sono combinati in maniera assurda, senza un nesso apparente tra loro. I quadri Metafisici ricordano palcoscenici, su cui sono allestite rappresentazioni strane e paradossali: lo sfondo stesso sottolinea il silenzio e l'immobilità dell'aria.La perfezione degli oggetti reali così collocati, pone queste opere d'arte al di fuori della realtà, da cui la denominazione "Metafisica"(μετά τα Φυσικά). Scrisse lo stesso De Chirico:” « ..., dirò ora come ho avuto la rivelazione di un quadro che ho esposto quest'anno al Salon d'Automne e che ha per titolo: L'enigma di un pomeriggio d'autunno.
Durante un chiaro pomeriggio d'autunno ero seduto su una panca in mezzo a Piazza Santa Croce a Firenze. Non era certo la prima volta che vedevo questa piazza. Ero appena uscito da una lunga e dolorosa malattia intestinale e mi trovavo in uno stato di sensibilità quasi morbosa. La natura intera, fino al marmo degli edifici e delle fontane, mi sembrava convalescente. In mezzo alla piazza si leva una statua che rappresenta Dante avvolto in un lungo mantello, che stringe la sua opera contro il suo corpo e inclina verso terra la testa pensosa coronata d'alloro. La statua è in marmo bianco, ma il tempo gli ha dato una tinta grigia, molto piacevole a vedersi. Il sole autunnale, tiepido e senza amore illuminava la statua e la facciata del tempio. Ebbi allora la strana impressione di vedere tutte quelle cose per la prima volta. E la composizione del quadro apparve al mio spirito; ed ogni volta che guardo questo quadro rivivo quel momento. Momento che tuttavia è un enigma per me, perché è inesplicabile. Perciò mi piace chiamare enigma anche l'opera che ne deriva.”

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