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lunedì 10 marzo 2014

“Era biondo, era bianco, era beato, Sotto l'arco d'un tempio era sepolto “



Per quanto, a scuola non si studino più a memoria le poesie,( ahimé ), in alcune famiglie(sempre di meno) c’è ancora qualcuno che quando accidentalmente un qualcosa fa ricordare gli Svevi, cita il pezzo frutto di antiche fatiche: “Era biondo, era bello, era beato: sotto l’arco di un tempio era sepolto”. Magari senza ricordare l’autore, Aleardo Aleardi. La figura di questo orfano,Corradino di Svevia, sceso dalle natie brume germaniche per riconquistare le terre del padre, usurpate dallo zio e promesse da vari papi ai francesi, tradito e decapitato poco più che diciottenne, ha commosso tante fanciulle ora nonne, facendole piangere d’amore, un misto di sentimento materno e innamoramento per un eroe, perdente ma sempre eroe! Chi era Corrado II, chiamato Corradino dal popolo per distinguerlo dal padre che portava lo stesso nome?
Apparteneva alla dinastia degli Hohenstaufen definita da papa Innocenzo IV “stirpe di vipere”, era nipote legittimo di quel Federico II di Germania ed imperatore del Sacro Romano Impero, re illuminato e colto secondo alcuni, cinico e spergiuro secondo altri, essendo figlio del figlio legittimo Corrado IV imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia. Corradino divenne Corrado II e non V non avendo ricevuto la corona di Germania, che era di suo padre, essendo il paese in preda all’anarchia. Corradino nasce nell’ Ariete e in questo segno sono presenti Mercurio, Venere e Giove strettamente congiunti al Sole, il tutto in quadratura a Marte nel Cancro.La prima considerazione è che Ariete e Cancro sono tra i segni presenti quando si parla di inclinazioni militari. Corradino aveva la vocazione del militare. La seconda, visto il pessimo aspetto tra i pianeti citati, è che avrebbe dovuto vivere sotto una campana di vetro: il rischio di morte violenta era in perenne agguato. Quanto alla personalità, e senza dimenticare gli usi e i costumi del tempo, si trattava di un soggetto intelligente, pervaso del desiderio di salvaguardare la tradizione, impulsivo e aggressivo, ma gli eccessi erano per lo più mitigati, o frenati, da una grande, autentica bontà, dal desiderio di fare qualcosa di utile. Era un idealista, Corradino era un giovane maturo, conscio dei propri doveri, carismatico, vitale e costruttivo, energico e combattivo, dolce e generoso al momento opportuno. Corradino perde la battaglia di Tagliacozzo e fugge. Ma cosa era accaduto nel frattempo? Alla morte del padre, avvenuta chi dice per febbri e chi per veleno ad opera del fratellastro Manfredi, uno dei tre figli riconosciuti come illegittimi dal prolifico e poco propenso alla fedeltà Federico II, a soli due anni si trova sotto la tutela del papa. Lo zio Manfredi sparge ad arte la voce che Corradino è morto e si fa incoronare re di Napoli e Sicilia, cerca di sganciarsi dalla casata di origine e si comporta da sovrano italiano, riunisce attorno a sé i ghibellini d’Italia e forse pensa a una sorta di unità nazionale. Ma i Guelfi perorano l’intervento di Corradino, che ha otto anni, perché scenda in Italia e tolga la corona all’usurpatore Manfredi.Fra un voltafaccia, una scomunica, un  tradimento, e nel balletto entrano zii, papi, guelfi e ghibellini, Manfredi viene ucciso nella battaglia di Benevento, il regno originariamente di Corradino passa nelle mani del vincitore Carlo d’Angiò che in breve riesce a farsi odiare da chi lo aveva invocato come liberatore. I sudditi rimpiangono addirittura Manfredi, persino i nemici riconoscono di averlo considerato “lupo rapace tra le pecore mentre, confrontato a Carlo d’Angiò, eri agnello mansueto. Ci doleva che parte delle nostre sostanze passasse nelle tue mani, mentre ora tutti i nostri beni e, quel che è peggio, le nostre persone sono preda degli stranieri”. Sembra cronaca dei nostri giorni, basta sostituire “stranieri” con “ministri del governo ” e il gioco è fatto!Corradino, pressato dalle richieste, scende in Italia nel 1267, passa per Verona, tocca Pavia, la bassa piemontese e a Vado Ligure s’imbarca per Pisa, sbarca e attraversa la Toscana, il viterbese e giunge a Roma. Qui si ferma, spoglia un po’ di chiese, saccheggia il tesoro di S. Pietro per rimpinguare le esauste casse, lascia Roma e attraverso l’Abruzzo tenta di raggiungere le sue terre pugliesi.
A Tagliacozzo, sulle rive del fiume Salto, il 23 agosto incappa nell’esercito di Carlo che lo aspetta al varco. In un primo tempo le sorti della battaglia sembrano arridere a Corradino, ma non bisogna dimenticare che l’Angioino, per quanto disponga di un esercito numericamente inferiore, ha al suo comando vecchie volpi e non fratelli d’arme diciottenni o già di lì come lo svevo, visto che gli anziani come Rodolfo d’Asburgo e Mainardo del Tirolo se l’erano già squagliata.Quando i tedeschi di Corradino pregustano la vittoria e si disperdono inseguendo chi sembra scappare, dandosi contemporaneamente al saccheggio, ecco che un veterano delle crociate, Erard de Valéry, ovvero il vecchio Alardo citato da Dante, dà il segnale di attacco e le truppe al comando di Carlo entrano in azione. Per Corradino è la fine. Fugge, si rifugia presso i Frangipane ad Astura, ma Giovanni Frangipane lo tradisce, facendolo catturare.Cosa c’era quel giorno in cielo per lui? Venere, la  piccola fortuna, era in cattivo aspetto con tutti i pianeti salienti del suo tema natale; Giove, la grande fortuna, non lo degnava di uno sguardo; Saturno, la razionalità, era congiunto al suo Marte e creava solo aspetti negativi.Il povero Corradino per prima cosa fu vittima della totale mancanza di fortuna e in seconda istanza della sua stella che pur non determinando lo inclinava verso una fine precoce e violenta. Al momento della sconfitta Saturno, il  pianeta della vecchiaia, era nel Cancro, segno dell’infanzia, congiunto a Marte natale, la guerra. La falce di Saturno aveva iniziato la sua ondulazione nel 1267, quando Corradino scese in Italia anche se Corradino visse un altro anno in viaggio, due mesi parte in fuga e parte in prigione fino al  fatidico 29 ottobre, giorno in cui fu decapitato nella piazza del Mercato, a Napoli.
CURIOSITA’:  dice la leggenda che il giorno dell’esecuzione Elisabetta di Baviera, madre di Corradino, vide una “dama bianca”, un fantasma di famiglia, che reggeva una clessidra vuota e ne dedusse che non avrebbe mai più rivisto il figlio vivo, perché il suo tempo umano era finito.

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