Che ora è ?

mercoledì 9 ottobre 2013

Lettera dal passato di un “ talebano “ occidentale.



“Cara Maria,
scommetto che Diogene, se fosse ancora vivo, girando col lanternino tra la massa, oggi, anziché un uomo cercherebbe « una donna ». E c'impiegherebbe un bel po', prima di trovarla. Non esagero di molto: siamo sinceri, in fatto di “mascolinizzazione” si sta eccedendo. Eppure, non sarebbe difficile impostare la cosa in questi termini: la donna è uguale all'uomo solo per la sua umanità, per la sua anima, per il suo destino, ma è diversa per il suo fisico, per i suoi sentimenti, per le sue attitudini, per le sue funzioni, per la sua missione. La donna non è inferiore all'uomo, ma soltanto diversa; e la sua opera non meno che quella dell'uomo è grande, necessaria e sublime. Ma è dìversa anche quella. L'uomo e la donna, insomma, non devono sforzarsi di diventare « uguali » ma di completarsi a vicenda. Perché ci si scalmana tanto, per rivendicare i diritti sugli uomini?.
Una donna non può essere mai superiore ad un uomo, può essere superiore solo ad un'altra donna: è chiaro. Lampanti le parole di De Maistre : « Le donne non sono condannate alla mediocrità; esse possono aspirare al sublime, ma al sublime femminile ». Perché ci si scalmana tanto per divenire simili all'uomo, quando il  preciso dovere del genere femminile è di rendere siffatto genere sempre più simile all'ideale della vera donna, che riesce ad irradiare e ad influenzare anche gli uomini superiori? La donna è ammirata, stimata ed amata per quel qualcosa di dolce, di aggraziato, di agile, di debole, di generoso, che la rende, all'occorrenza capace di slanci fierissimi e audaci, di sopportare - più dell'uomo - il dolore, di schiudere il cuore ad ogni forma di affetto e di sacrificio; capace - lei che ha fama di incostanza e di verbosità -di vivere e soffrire, tacendo. Questa è la donna.
Ma a molte questo ideale non piace più. E si affannano a diventare un « tipo ». Non si pensa che il vero tipo di donna è quello che resta essenzialmente donna, essenzialmente se stessa: quella che sa tenere il suo posto con dignità, ed adempire i suoi doveri con fortezza, entusiasmo e modestia.
La missione della donna si condensa sempre in questa formula: amare, soffrire, servire. So che non a tutte piace questa regola; ma, anche se riesce ad emanciparsi, la donna resta per lo sposo, per i figli: per la famiglia, insomma: e la famiglia comporta necessariamente l'amore, l'assistenza, il sacrificio. Non si tratta quindi di aspirare troppo agli onori, alle cariche né di fare concorrenza all'uomo. Per essere notate e stimate, occorre formarsi una vera, forte personalità, averla cara, e non permettere che qualcuno la scalfisca o la sofistichi. Personalità, in questo caso, non vuoi dir « pezzo grosso ». 
Avere una personalità spiccata vuoi dire avere un carattere (e il carattere è quella virtù che distingue una persona dall'altra) vuol dire la sicurezza di possedere una mente, un cuore, una volontà, vuoi dire essere padroni della propria esistenza e influire anche su quella altrui, vuoi dire lealtà e fedeltà a se stessi e alle proprie convinzioni, vissute senza vigliaccherie e incertezze. La vera personalità è quella che ci mostra quali siamo, non quali sembriamo.

Un saluto dal 1953”



4 commenti:

  1. Una visione maschilista. Ora sono un pò di fretta, ma con calma cercherò anche di esprimere il mio punto di vista. Buona giornata.
    Simona

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  2. "Un saluto dal 1953". Cosa intende dire? Che quanto letto è un suo pensiero risalente al 1953 e, dunque, riguardava quel periodo?

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  3. Dopotutto si è firmato Talebano occidentale, chiaro no!!?

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  4. Si, infatti solo ora mi sono soffermata sul Talebano occidentale....

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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis

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