“Non si impara il latino e il greco per parlarli, per fare i
camerieri, gli interpreti, i corrispondenti commerciali: si apprendono per
conoscere direttamente la civiltà dei due popoli, quindi il passato, ma
presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per essere se stessi e
conoscere se stessi, consapevolmente” (A. Gramsci). Ma siamo davvero convinti
che questo mondo abbia ancora bisogno di illimitato e continuo progresso
tecnologico, senza alcun tipo di argini, delegando la sfera delle "scienze
umane" (ora va di moda dire così) solo a mero piacere estetico prima di
chiudere gli occhi e dormire? Ma davvero pensate che l'educazione morale,
l'educazione al rispetto dell'essere umano come parte del più ampio sistema
mondo, sia così facilmente accantonabile nell'angolo remoto del
"passatempo"?Allora forse ci meritiamo davvero questo "secol
superbo e sciocco".Ma relegare la cultura classica, la letteratura e la
filosofia a mero esercizio retorico è una bestemmia, oltre che una mancanza di
rispetto per le proprie origini non solo patrie, ma umane.
Nel mondo greco e
latino, nella storia della filosofia (che insegna che la logica è primaria
all’opinione, mi dispiace contraddirla) sono contenute in nuce tutte le grandi
Verità, ogni forma di pensiero, anche contemporaneo.È un enorme errore
dipingere la cultura classica come il luogo dove il progresso viene messo in
secondo piano. Senza i greci non avremmo il teatro, non avremmo la politica,
non avremmo nemmeno la democrazia. Senza i romani non esisterebbero gli
architetti, non esisterebbe il diritto, non ci sarebbero nemmeno acquedotti e
impianti fognari. La vera essenza della cultura classica è quella di ricordare
all’Uomo della Bellezza. Al di là del romanticismo (nel senso byroniano del
termine), ritengo che il mondo, soprattutto il nostro mondo, ne abbia assoluto
bisogno. Potrei dire che il greco ed il latino aprono la mente, che sviluppano
la capacità logico deduttiva, che insegnano a conoscere le strutture
fondamentali del linguaggio oltre che l’origine segreta delle parole, e con
essa quella dei significati essenziali delle cose. Perché scelgo di parlare
della bellezza? Vorrei rispondere con quanto viene detto da Peppino Impastato
(impersonato da Lo Cascio) nel film “I cento passi”:
“Visto
così, dall'alto. Uno sale qua sopra e potrebbe anche pensare che la natura
vince sempre, che è ancora più forte dell'uomo, e invece non è più così. In
fondo tutte le cose, anche le peggiori, una volta fatte, poi trovano una
logica, una giustificazione, per il solo fatto di esistere. Fanno queste case
schifose con le finestre di alluminio, i muri di mattoni in vista…la gente ci
va ad abitare, ci mette le tendine, i gerani, la televisione…e dopo un po'
tutto fa parte del paesaggio: c'è, esiste, nessuno si ricorda più di com'era
prima.
Non ci vuole niente a distruggere la bellezza.
-Ho capito, e allora?
-E allora? Allora invece della lotta politica, la coscienza di classe
e tutte le manifestazioni e ste fesserie bisognerebbe ricordare alla gente
cos'è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla.
-La bellezza?
-La bellezza, è importante la bellezza: da quella scende giù tutto il
resto.”
Detto
questo probabilmente mi sbaglio e, da buon studioso(indulgete all’immodestia)
di Lettere Classiche, sono solo un
abbellitore di frasi.
Diceva Bernardo di
Chartres che noi siamo come nani che siedono sulle braccia di giganti, così che
possiamo vedere molte cose anche molto più in là di loro, non come per acutezza
della propria vista o perché più alti di corporatura, ma perché siamo sollevati
e innalzati da giganti( i classici).
Voglio chiudere con alcuni versi di Mimnermo,lirico
greco(Volume di Letteratura Greca di Cantarella, al Liceo Classico V.Lilla
Francavilla Fontana),versi che
racchiudono quello che e’ lo spirito e
la problematica immortale dell’uomo,antico e moderno. Leggerli e tradurli,in
questo nostro “tempo mite e sonnolento”(Gozzano),non e’ un semplice esercizio
lessicale ma cibo voluttuoso per l’anima e la mente, l’ ἀμβροσία (il nettare) degli dei.:
ἡμεῖς δ', οἷά τε φύλλα φύει πολυάνθεμος ὥρη
ἔαρος,
ὅτ'
αἶψ'
αὐγῆις αὔξεται
ἠελίου,
τοῖς
ἴκελοι
πήχυιον
ἐπὶ χρόνον ἄνθεσιν
ἥβης
τερπόμεθα,
πρὸς
θεῶν
εἰδότες οὔτε
κακὸν
οὔτ'
ἀγαθόν· Κῆρες δὲ
παρεστήκασι
μέλαιναι
ἡ
μὲν
ἔχουσα
τέλος
γήραος
ἀργαλέου,
ἡ
δ' ἑτέρη
θανάτοιο·
μίνυνθα
δὲ
γίνεται
ἥβης
καρπός,
ὅσον
τ' ἐπὶ γῆν κίδναται
ἠέλιος.
αὐτὰρ ἐπὴν δὴ τοῦτο τέλος
παραμείψεται
ὥρης,
αὐτίκα δὴ τεθνάναι βέλτιον
ἢ
βίοτος.
Questa volta, non traduco io. Depongo la penna e il
calamo ,con inchino rispettoso, di fronte alla meravigliosa traduzione o creazione di
Salvatore Quasimodo. G o d i a m o c e
l a :
Al mondo delle foglie che nel tempo
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo abbiamo diletto del fiore dell'età,
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dee ci stanno a fianco,
l'una con il segno della grave vecchiaia
e l'altra della morte. Fulmineo .
precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d'un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.
E cosa dire di piu’… se non : Σ
'αγαπώ, Ελλάδα ?
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