Personalmente, sono convinto
che la conoscenza della storia locale,connessa alla nostre radici,serva a
conservare, a far vivere la memoria storica del luogo natio, del suo cammino,
delle vicende che attraversa e che riguardano non solo il passato, ma il
presente. Così dovremmo frugare nei nostri atti, nei nostri
pensieri, nelle nostre passioni. Ma ciascuno di noi non è una meteora. Siamo sì
qualcosa d’unico e di singolare ma, siamo anche una relazione, un rapporto con
gli altri. E un filo corre tra il suo modo d’essere (sentimenti, lingua,
cultura) e il luogo dove è nato alla vita: quei colli, quei cieli, quei sentieri,
quei ricordi.Un ritorno alle proprie origini, quelle radici che non si vedono:
si sentono, si amano.Ma riconoscere la propria terra non è solo respirare la
propria aria, è la storia di quei vicoli, del luogo da dove provengono quelle
pietre che e del modo in cui sono disposte, una sull’altra, e di domandarsi il
perché quelle case sono venute disposte in quel modo.
Ecco allora la
voglia di far conoscere, o in alcuni casi far riscoprire il proprio paese a
tutti quelli che da anni lo hanno dimenticato o non lo hanno mai conosciuto,
ripercorrendo un po’ alla volta quali sono le usanze ancora in uso e quelle di
cui si sta perdendo la memoria, ricordando, inoltre, filastrocche, canzoni,
parole, immagini e proverbi locali, prendendo spunto da quelle raccolte di
scritti pubblicati, negli anni passati, da altri miei concittadini.
HECTOR G. PRECONI (pseudonimo di WALTER WEIBEL), fu un
giornalista svizzero/tedesco, che
nel 1910 visito’ la nostra cittadina. Scrisse un resoconto di tale
visita in “
ltalietnis Scohnaernrer,,
Reiseschilderungen Von H. G. P.,
Ziirich,
Verlag Von Rascher e C. Ed ecco cosa scrisse:
“…Il
suolo' presenta ancor oggi il tono bianco e rosso dal quale i Greci furono
ispirati nel creare queste piccole opere d'arte. E poiché mi era •stato detto
che a Grottaglie si conserva la più schietta tradizione e che ancor oggi in una
scuola / viene curato il senso artistico e viene messa in evidenza la bellezza
degli antichi vasi, volli conoscere questa ricca e benedetta cittadina.
Giace a solo poche miglia
dal mare Jonio, sul pendio di un profondo burrone sul quale si erge pittorico
questo nido con le sue spaziose arcate e con i suoi portoni, come se volesse
far mostra di
quanti membri l'abbiano
costruita sul caos architettonico. Le strade interne sono pulite e linde. Le
'case hanno balconi con sbarre convesse di ferro battuto dalle quali come ,
agili steli di gigli, si elevanodai due lati due aste alle quali si appendono
-le tende. E ogni balcone, come insegna dell'arte domestica, sulle inferriate
ha vasi di terracotta o pine nelle forme e nei colori più allegri. Vive
ancorain tutto questo un'arte popolare molto interessante e trovai del
tuttonaturale che un signore (e mi fu mostrato a uno di questi balconi) andasse
di città in città declamando l'Orlando Furioso dell'Ariosto.
Sul suo ampio petto di
tenore di epica scendeva fluente una lunga chioma nera e questo moderno
trovatore dava l'impressione di Messer Ludovico, certamente con la necessaria
contraffazione retorica. Mi fu detto che non sapeva nè leggere nè scrivere.Nella parte alta della
città lavora il popolo.Attraversammo lunghe
strade con file di pentole altrettanto lunghe. Le piccole case ad un sol piano
sono aperte e potemmo vedere nell'interno come gli uomini, a piedi nudi,
impastano la cretaumida ; vi sono parecchi
che in tutta la vita non hanno fatto altro lavoro. Altri mettono in ordine i
vasi già pronti. Le anfore, nella loro forma classica, che vengono spedite in
tutta l'Italia Meridionale ed anche in Oriente, vengono fatte qui, con le anse
a destra e a sinistra alla maniera rustica, con un paio di linee come
ornamento, oppure semplici a destra in modo da reggere all'uso.I vasi per acqua, quelli
grandi che rassomigliano ad una botte devono essere fatti in tre o quattro
pezzi che a lor volta si fanno aderire insieme. I vasi più piccoli sono accanto
ai più grandi nei'
vivissimi colori dei
popoli primitivi, recipienti per burro e olive, boccali per vino dai quali può
bere solo un iniziato, vasi privi d'invetriatura che mantengono l'acqua sempre
fresca.
Infine siamo condotti
nella scuola. Uno stupendo cortiletto si apre dinànzi al Convento nelle cui
celle lavorano gli scolari. Uno spilungone di giovane siede in una sedia
girevole la quale attraverso
i millenni ha conservato
la sua vetusta forma. Tante e tante volte e ogni volta con nuovo interesse
abbiamo visto la massa di creta che si svolge e cresce e goda sotto il dito
inquieto, la mano che
versa acqua sul disco che
gira, quel lento formarsi del vaso attraverso quelle forme magnifiche che si
vorrebbero tutte serbare e che invece scompaiono sempre per dar luogo ad altre
sempre nuove e
più belle, finché in
ultimo l'artista libera la fragile figura e fiero la tiene in mano.
Con maggiore
raccoglimento si visitano i lavori artisticidella scuola. Se uno volesse
cambiare il gusto innato e tramandato attraverso i secoli, non potrebbe
procedere con altri mezzi. Schizzi non
personali di gesso e
fiori, quadri mal modellati dalla Divina Commedia, ridicole teste di
donna con un velo messo su di esse capricciosamente, rappresentano il
corso di formazione delle tre classi.
Cha e là, accanto a tutto
questo, su un piatto rotondo, è dipinto un antico schizzo adatto per vaso che
fa un effetto diverso da quello che fa sulla superficie curva del " cratere
" o dell' " idra". Nelle fabbriche moderne, che
considerano con disprezzo i prodotti delle antiche fabbriche, noi verificammo
le conseguenze di questo insegnamento.Chi nascono quell'infinità di cosettine
graziose che empiono il mondo e che non si sa mai donde vengano ; piatti da
muro con fiori o testine dall'espressione faceta, piccoli vasettini con
una rosa ch'è attaccata ad essi (sempre di terracotta), calamai di tutte
le forme ; gondole, stivali, gigli ed altri oggettini adorni di piantefantastiche e di animali
; anche la rossa terra si lascia con pazienza plasmare in queste forme
" sensate ".Le ombre già calavano
sull'ampia pianura, quando montammo sulla carrozza a due ruote che ci
portava a Taranto per un'ampia diritta via. A sud la notte viaggiò sui
veloci destrieri e la luna
s'indugiò. Per ore ed ore
la bianca strada si snodava dinanzi agli occhi, sugli olivi si stendeva
grigia la nebbia e da lontano si –sentiva abbaiare un cane. Viaggiamo
nella notte come in una steppa
lontana. Un amico di
Taranto mi volle condurre nella sua città natia e come un auriga greco guidava
il vivace cavallino. In silenzi vedemmo le luci lontane della città, fino a
che, rimbalzando, la
carrozza ci portò contro
una pietra miliare, e noi, imprecando, fummo con i bagagli e col cocchiere
nella strada con la polvere che ci copriva i piedi " …
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