Viviamo in un'epoca in cui la sessualità viene
ostentata nei contesti più disparati: in televisione, sui giornali, nella moda,
nella pubblicità di ogni tipo di prodotti. Ma siamo sicuri di sapere tutto
sull'eros? L'impressione è che invece ci sia un gran bisogno di riappropriarci
della vera dimensione erotica, di ricominciare daccapo educandoci alla
seduzione e all'amore, e le parole di Ovidio, insieme a Virgilio e Grazio,
possono essere lette come un vero e proprio "manuale d'amore"; nei
suoi versi egli ci ha infatti insegnato le più raffinate tecniche di seduzione,
il modo per mantenere viva la fiamma della passione, ma anche per guarire dalle
sofferenze causate dall’abbandono.
Più di duemila anni dall’Ars Amatoria di Ovidio, che
si compiono in questi giorni. Duemila anni dal capolavoro, che al sulmonese
frutterà sette anni di gloria e grazia, a Roma, e la disgrazia per il resto
della vita, con la condanna all’esilio nella barbarica Tomi sul Ponto Eusino
(il Mar Nero) – quando l’ira di Augusto si abbatterà nell’8 d.C. su di lui,
cacciandolo dall’Urbe e mettendo al bando quest’opera dalle biblioteche
pubbliche.Ovidio sarà esiliato in una notte, la cui tristissima imago lo
ossessionerà come un incubo. Non rivedrà più la moglie, che non lo seguirà. I
motivi della condanna resteranno oscuri, alimentando un giallo a tutt’oggi
irrisolto. Prima di morire, senza avere mai smesso d’implorare – invano – la
grazia di una revisione della condanna, il sulmonese, prodigo normalmente di
notizie su di sé, farà un’implicita ammissione di colpa parlando di carmen (componimento,
poesia: l’Ars Amatoria, con ogni probabilità) et error, di uno
sbaglio, da lui commesso al riguardo; ma non spiegherà in che cosa consisteva
l’errore. Doveva trattarsi di qualcosa accaduto nella cerchia imperiale, che
forse aveva coinvolto Giulia (la quale di lì a poco verrà infatti anch’essa
esiliata dallo zio Augusto per sfrenatezza di costumi). L’aveva Ovidio ritratta,
magari col suo consenso, in qualcuna delle "lupe" avide di agnelli?
Aveva adombrato un episodio relativo alla famiglia imperiale in qualche scena
dell’Ars, dandola in pasto all’Urbe? Era stato galeotto, con la sua
libertina opera, favorendo tresche o vantandosene? Tutte le ipotesi sono state
avanzate. Qualcuno ha anche sostenuto che era entrato a contatto con un gruppo
di congiurati, ma non ci sono prove.
La ragione del suo allontanamento non si
conoscerà mai. Il segreto morirà col poeta, nel 17 d.C., in una regione ai
confini dell’impero.Ars amatoria dunque (o Ars amandi, come la
chiama qualcuno, ricavandone il nome da due parole del primo verso): origine
dell’ascesa e caduta di Ovidio. Il bimillenario dell’opera è una ricorrenza che
non deve passare inosservata. Infatti i versi del poeta, proprio in questi
mesi, tenevano banco, venti secoli fa, nella caput mundi. In essi si
identificava una Roma frivola, smaliziata, amorale – più che immorale – nei
suoi costumi, eleggendo il nostro ad arbitro dell’elegante arte della seduzione
e citandolo, copiandalo (ebbe già in vita emuli fieri di definirsi
"ovidiani") in quelli che oggi si chiamerebbero "salotti
buoni", o meglio "salotti attaccati alle stanze del potere".Ma
Ovidio non trarrà frutto dalla loro frequentazione. Se ne inorgoglirà oltre
misura, perderà di vista la prudenza, e perderà sé stesso. Il sottile fuoco
contenuto nei suoi versi si presterà a disegni che lo rovineranno. Il
compiacimento per il successo, l’ubriacatura di Roma, lo sfarfallare nei pericolosi
meandri del palazzo perderanno questo peligno, che riavvertirà l’amore per la
terra natìa solo quando si troverà nel mondo estremo, a Tomi, sul limaccioso
Ponto Eusino. Allora scriverà: «Sulmo mihi patria est, gelidis uberrimus
undis», «Sulmona – la ricchissima di gelide acque – è la mia patria».
Allora conierà questo emistichio che, nelle sue iniziali, SMPE, diverrà
l’orgoglioso acronimo del capoluogo abruzzese e campeggerà sul suo stemma, come
carta d’identità senza pari, per paternità e vetustà, tra tutte le città del
mondo. Sarà la lontananza a riportarlo nei suoi luoghi. E a fargli ritrovare
per contrasto – spaziando con lo sguardo non sul biondo Tevere, non sul verde
Adriatico, ma sulla plumbea distesa di quel mare straniero – il codice purissimo
del suo ghénos, della sua radice genetica.
Si quis in hoc artem populo non novit amandi,
hoc legat et lecto carmine doctus amet.
Ars amatoria
Se qualcuno tra i
miei concittadini, non conosce l'arte dell'amore,
Legga questi miei versi, e solo allora avrà la competenza per amare.
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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis