Al caro amico Alfredo, quando mi ha chiesto di essere
stasera tra i testimoni per ricordare il 40° anniversario della morte di
Pierpaolo Pasolini, ho cercato di far valere le mie ragioni per declinare
l'invito, ritenendo in coscienza di non avere nulla di particolare o di
interessante sul piano personale da testimoniare in proposito.
Davanti alle sue insistenze, che mi pareva dessero per
scontato che non era possibile che, in realtà, non potessi cercare un qualcosa
da dire - come insegnante, giornalista, politico - sull'influenza che Pasolini
avrebbe avuto nella mia vita professionale e nelle mia storia personale, ho
ceduto, come si cede ad un amico, al quale stia a cuore un progetto coltivato
con passione.
E, tuttavia, stasera, dopo aver invano cercato nel mio
passato almeno uno scampolo di testimonianza che possa interessarvi, se lascio
da parte il fatto di aver svolto per ben 14 mesi il servizio militare a Casarsa
della Delizia, di aver visto qualche suo film (Il Vangelo secondo Matteo,
Uccellacci uccellini, Teorema, I racconti di Canterbury), di aver gustato
alcune sue poesie (Supplica a mia madre) e poco altro, mi sono trovato ad
interrogarmi, piuttosto, su che cosa possa essere oggi per me la sua lezione.
Perché il ciò che è stato, semplicemente è stato, ma il dopo un fondato
interesse, invece, continua ad averlo.
Ovvio, allora, che, se c'è un'attualità del suo pensiero, è
bene che io la debba cogliere e cercare di viverla oggi e domani.
A questo riassunto della mia ricerca di queste ore ho voluto
dare quasi la forma dell'Ethica, more
geometrico demonstrata di Baruck Spinosa.
1. Pasolini
è un vero maestro, intendendo per "maestro" chi ha qualcosa di
profondo da dire;
2. Per me
Pasolini è stato, tuttavia, uno tra i miei "cattivi maestri", intendendo
qui per "cattivi maestri" quelli che hanno spesso più cose da
insegnare dei "buoni", perché sono capaci di scuotere le coscienze,
naturalmente quelle disposte a farsi scuotere, in quanto non impaurite dal
dubbio, mentre insegnano poco ai neghittosi, come ai saccenti stanchi
ripetitori plaudenti (per me, ad esempio, sono stati "cattivi", ma
molto amati maestri (Feuerbach, Marx, Nietzsche, Freud);
3. La
denuncia appassionatamente violenta dell'ipocrisia e dell'omologazione di
Pasolini ha accompagnato e sostiene tutt'ora la mia personale dimensione
spirituale, curata negli anni prima, durante e dopo il '68, però, con altri
vaccini, meno violenti, ma non meno appassionati, somministratimi dall'ambiente
familiare (pastorale, ben più che contadino), dalla dimensione comunitaria
della mia parrocchia e non parrocchiale della comunità (don Dario Palmisano, pater e magister), dalla visione
politica di essere stato da giovane democristiano inviso ai Don Rodrigo dc, da
socialista lombardiano, giudicato inaffidabile dai potentati provinciali,
regionali e nazionali craxiani e anticraxiani, dal mio credo religioso che mi
ha visto cacciato su due piedi dal Consiglio Pastorale Diocesano con l'accusa
di "sradicato", per aver sostenuto il diritto alla disobbedienza a
proposito dei referendum per il divorzio e l'aborto;
4. Quanto,
poi, alla consapevolezza della spregiudicatezza del potere, con uno studio simile
a quello "matto e disperatissimo" el quale si immerse Leopardi, me lo
avevano già fatto apprendere, nel Liceo Lilla di Francavilla Fontana, con il
commento, ancor vivo in me, dei versi foscoliani su Machiavelli, "quel
grande che, temprando lo scettro a'
regnator gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue", non impari alla forza e foga
argomentativa di Petrolio o Salò e, in più, adatto a tutti gli stomaci.
Non è
stato e non sarà per me, quindi, il ricorrente, ridondante, quasi ossessivo e,
a volte, sospettosamente compiacente ricorso alle più svariate e crude, ancorché
artistiche, forme allegoriche del sesso, ad accrescere il carattere corrosivo della
denuncia della perversione del potere, con ciò non volendo giudicare quelle
forme gratuite o semplicisticamente offensive.
Considero,
comunque, la sua "ora di lezione" un arricchimento reale e non
virtuale del mio bagaglio culturale, insieme mentale e comportamentale.
Mi resta, ora, da chiedermi e da chiedere: all' "eretico"
Pasolini quanto sarebbe piaciuta una folla, che univocamente affermasse che il
suo grido, soffocato il 2.11.75, abbia realmente cambiato la vita di ciascun
plaudente, quando, al contrario, ogni mattina, il riflesso dello specchio gli stampa
in viso la disarmante maschera di borghese
piccolo piccolo? O, se, almeno noi, fossimo cambiati, non ce ne saremmo accorti
dai nostri comportamenti quotidiani?
Per questo la sua invettiva sembra a me, ancora oggi "Vox
clamantis in deserto".
Oso, in conclusione, affermare che difficilmente qualcuno possa
essere credibile, se sostenesse che la lezione di Pasolini l'avesse cambiato. Se
lo facesse, entrerebbe di diritto nella vasta platea di intellettuali o
pseudotali, ai quali Pasolini riservò lo sprezzante giudizio di traditori del
proprio ruolo, sordidamente organici al sistema.
Questa mia testimonianza ha voluto ribadire la prosecuzione dell'impegno
nel presente e per il futuro, a rinvigorire la virtù, anche pasoliniana, della parresia e cioè del libero parlare e mi
piace immaginare Pier Paolo Pasolini, che, in questo momento, mi stia considerando
suo discepolo, più autentico di quanti se ne fanno paladini a poco prezzo. Alla
stregua, un po', di Aristotele, che, secondo Galilei, avrebbe sicuramente
annoverato lui "il copernicano" tra i suoi discepoli, piuttosto che
quei sedicenti aristotelici "tolemaici" dell'Università di Padova,
tanto proni nell'ossequio all'ipse dixit, quanto incapaci di leggere il gran
libro della natura con le "sensate esperienze e certe dimostrazioni".
Grottaglie, domenica 7 giugno 2015
Nuovo Cinema Vittoria - ore 16.30
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