di Pierfranco Bruni
Un grande sperimentalista tra le forme poetiche, un grande
uomo tra le ricerche artistiche e le innovazioni culturali
Fu
tra i primi a far discutere di avanguardie e di linguaggi sperimentali oltre ad
approfondire il legame – rapporto tra letteratura e processi artistici.
Fu tra
i primi a creare una dialettica innovante tra poesia della tradizione, poesia
visiva e modelli post futuristi. Lascia un segno indelebili, tangibile,
criticamente forte nel contesto letterario e artistico degli ultimi decenni.
Non solo a Taranto e nel Sud.
Giovanni
Amodio, a pochi giorni della sua improvvisa s comparsa, in una Taranto molto
pigra alle riconoscenze, letterarie ed artistiche, (da Carrieri a Fornaro c’è
tutto un itinerario da riscoprire e da proporre in un contesto europeo), dei
propri veri uomini che hanno sperimentato le culture, e non “ripetuto” le
culture già esistenti (di questi ne abbondano), è stato e resta un innovatore.
Ha innovato la forma dei linguaggi. Non rinnovato. Ma INNOVATO!
E
nelle innovazioni, che sono rivoluzioni linguistiche, in poesia, e espressioni
contaminanti, in arte, Amodio si è sempre, anche come poeta, critico e profondo
conoscitore dello scibile letterario internazionale, messo in discussione, non
risparmiandosi mai quei contributi che hanno arricchito il dibattito
indubbiamente distante dal provincialismo.
Il
suo essere migrante nell’ulissimo tra Omero e Kafka, tra Musil e Baudelaire lo
ha posto al centro dell’attenzione europea. Oltre, chiaramente, Taranto. Forse
è stato l’unico ad andare oltre Taranto con la capacità di portarsi dentro ed
esprimerlo, nella semantica, quel Mediterraneo delle parole e delle forme, dei
colori e dei personaggi attraverso i quali ha imposto un modulo di ricerca
forte e mai leggero.
I
Lavori della sua compagna di una vita, la straordinaria e preziosa Grazia
Lodeserto, (una bella collaborazione nel segno della grandezza della vita), sono
una testimonianza di una innovazione che, rivoluzionando i sistemi letterari e
artistici,, ha fissato come cardine di ricerca la tradizione.
Un
critico vero, perché conosceva, studiava, viaggiava, proponeva. Un poeta nella
modernità perché andava oltre le “classifiche” del verso raccontando i fenomeni
di quei processi culturali innervati nei processi esistenziali.
Ho
avuto tanti momenti di collaborazione, di incontri, di vere discussioni. Un
intellettuale che viveva, proprio, sul rischio dell’intelligenza, la sua forza
umana e la sua profonda preparazione sul campo. Ho avuto la possibilità di
conversare, molte volte, in numerosi convegni anche da Sulmona a Roma.
Stimato
da critici seri, non si è mai, dico mai,
affidato all’improvvisazione e alla “prosopopea”, ma il suo carisma viveva
nella virtù dell’umiltà. Fu un amico nel segno del rispetto inteso come valore.
Tornato
da Malta ho ritrovato tra i suoi libri, custoditi nella mia biblioteca, un
testo che risale al 1996, composto “quasi” insieme. Allora proclamai, ero vice
presidente della Provincia di Taranto, Taranto Capitale della Magna Grecia e
dedicammo l’anno 1996 come “Anno della Magna Grecia”. Con acutezza
critica Giovanni elaborò un Progetto dal titolo: “Verso fine Millennio. La
poesia in antologia”.
Un
ottimo lavoro che resta. Un’antologia che ha fatto discutere e resta nelle
bibliografie. Un ventaglio di poesia tra le radici, le identità e la
sperimentazione. A questo percorso legammo la figura di Carlo Belli nella Magna
Grecia. Ma questo è soltanto un piccolissimo tassello di un mosaico molto più
articolato…
Giovanni
Amodio resta un grande sperimentalista tra le forme poetiche, un grande uomo,
un intelligente critico. Forse l’unico che sapeva leggere oltre le colonne
doriche e oltre il ponte girevole.
Non
andrà dimenticato.
La
sua storia è la testimonianza più vera di una cultura che si fa vita. Un
intellettuale tra la creatività e il pensiero forte.
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