Il canto in questione concerne il XIV canto del
Paradiso che fa da proemio ai tre canti il cui protagonista è Cacciaguida,
trisavolo di Dante Alighieri. Il canto XIV della Divina Commedia si divide in
due parti:......
... la prima, che va dal verso 1 al verso 78, raffigura il IV cielo,
quello del Sole, in cui vi sono gli spiriti sapienti; la seconda parte va dal
verso 79 fino alla fine del canto e raffigura il cielo di Marte, il V, quello
degli spiriti militanti.
Ciò che colpisce di più di questo canto è la croce
greca, paragonata da Dante alla Via Lattea, composta dalle anime, che luccicano
di un elevato bagliore:
" Come distinta da minori e maggi
lumi biancheggia tra 'poli del mondo
Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;
sì costellati facean nel profondo
Marte quei raggi il vunerabil segno
che fa giunture di quadranti in
tondo".
Il tema del canto XIV è il tema della musica, messo a
punto dal canto dei beati che alletta Dante come niente fino ad allora.
Affiancato alla dolce melodia dei beati vi sono anche
due danze; ciò è significativo in quanto Dante vedeva nella musica e nella
danza le uniche manifestazioni più gioiose della felicità umana, nel senso che
il poeta voleva rendere concreta, in questo modo, la gioia dei beati,
usufruendo di immagini terrene per far comprendere l'ultraterreno. La musica è,
inoltre, presente in tutta la cantica del Paradiso e, come la luce, diventa più
evidente man mano che ci si avvicina a Dio.
Successivamente la parola passa al professor Nembrini,
nato in provincia di Bergamo nel 1955. Si narra che a 14 anni egli avesse
giurato alla sua professoressa che sarebbe diventato professore di italiano. E
così, dopo la maturità, si laurea in psicologia e l'anno seguente, diviene
docente di letteratura nelle scuole superiori.
La sua passione per Dante è nata alle scuole medie ed
è stata coltivata per oltre trent'anni. Secondo il professore, l'opera di Dante
è utile per illuminare la vita di chiunque. La sua finalità è quella di
immettere nei giovani la voglia, il desiderio di continuare a leggere e
interpretare Dante anche dopo il liceo, l'università, al di là degli
"striminziti" insegnamenti scolastici. Noi giovani dobbiamo, insomma,
avere la sua stessa reazione dinanzi alle scritture del Sommo Poeta: più gli
anni passano e più domande ci logorano e, dunque, più Dante ci accompagna per
comprendere la nostra vita. Degno di stima è stato il suo racconto riguardante
una ragazza, Chiara, conosciuta ad una conferenza. Il professore narra di esser
stato presente nel momento il cui Chiara avvisa il suo insegnante della morte
di un suo compagno di classe quindicenne, morto ore prima a causa di una caduta
dal motorino. Dinanzi a quelle parole nel cuore di Nembrini
"frullavano" i versi consolatori di Dante, recitati anche dai ragazzi
della "Lectura Dantis":
"Qual si lamenta perché qui si moia
per viver colà sù, non vide quive
lo refrigerio de l'etterna ploia".
e ancora:
"che ben mostrar disio d'i corpi
morti:
forse non pur per lor, ma per le mamme,
per li padri e per li altri che fuor
cari".
In questi bellissimi versi danteschi, il poeta esplica
che il volto "morto" non sarà mai perduto per sempre, perché Chiara,
come gli altri, lo rivedranno lì, nel Paradiso, risorgere e vincere la
morte. << Vinci >> e
<< Resurgi >> è la promessa di Dante e le uniche parole che Dante
percepisce dal canto delle anime. Ecco a cosa alludeva Nembrini: Dante è
insegnamento per la vita di tutti.
Successivamente viene posta una domanda al professore:
"Come si è innamorato di Dante?". Ciò ha permesso lui di ritornare
indietro nel tempo e scavare nei suoi ricordi risalenti alla prima media. A
causa della malattia del padre che gli costrinse di perdere il lavoro, il
piccolo Nembrini fu mandato a lavorare come garzone a Bergamo, lontano dalla
sua famiglia. Il suo primo allontanamento dalla sua amata casa fu vissuto male.
Si sentiva esule, insomma, come Dante negli anni dell'esilio. Una sera, tra un lavoro
e un altro, "nacque letteralmente". All'improvviso una terzina
dantesca gli viene in mente, quella in cui Cacciaguida annuncia l'esilio a
Dante nel XVII canto del Paradiso:
"Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e 'l salir per l'altrui
scale".
Il tema della Divina Commedia, dunque, sembrava essere
lui, che imparava sempre più leggendo Dante.
Successivamente, Nembrini annuncia la particolarità di
Dante di "mostrare e nascondere" il tema della Divina Commedia tutta
attraverso il termine "stelle", posto come ultima parola di ogni
cantica. Il tema, dunque, è l'infinita durata del rapporto con le cose che
amiamo. Il Paradiso è quindi la descrizione meravigliosa della vita, quando si
accetta di entrare a far parte di un MOVIMENTO
che è il MOVIMENTO stesso dell'essere. Ciò è esplicato anche da Dante
stesso con il primo verso del Paradiso - "La gloria di colui che tutto
MOVE" - e l'ultimo verso del Paradiso -"L'amor che MOVE il sole e
l'altre stelle"-. La nostra vita e quelle eterna è MOVIMENTO, è
affermazione dell'essere. E' amore, perché non c'è esistenza senza
l'approvazione dell'amore verso qualcuno. Ciò è spiegato con la Trinità di Dio,
perché l'amore è affermazione dell'altro. La vita è il compimento dell'amore e
Dante, per ciò, scrive il suo capolavoro.
Nell'ultima parte della serata, il professore ha
deliziato il pubblico con alcune scoperte e accorgimenti riguardanti la Divina
Commedia.
1- Nel XXXIII canto del Paradiso comprare la figura di
Giuseppe, mai emersa in alcun canto. Giuseppe, in questo unico canto, comprare
"nascosto dietro la Madonna", per lasciar venir fuori la sua
importanza. Mettendo insieme le prime lettere delle cinque terzine di cui la
prima e l'ultima dell'Inno alla Vergine, vi è Giuseppe: I-O-S-E-P.
2- I primi cristiani hanno elaborato e nascosto il
simbolo della croce con la frase seguente: "Il grande inseminatore (Dio)
tiene (governa) il movimento dei cieli", che in latino sarebbe "Sator
arepo tenet opera rotas". Usando il quadrato magico, la croce si sviluppa
intorno all'unica N. La parola TENET, dunque, disegna necessariamente una
croce.
S A T
O R
A R E
P O
T E N
E T
O P E
R A
R
O T A S
3- Stesso discorso vale anche per "PATER
NOSTER". La croce si disegna intorno alla N.
P
A
T
E
R
P A T E R N O S T E R
O
S
T
E
R
4- Uno studioso americano ha notato che la lunghezza
dei canti nella Divina Commedia non è casuale. Ha così pensato di prendere
tutti i canti della Divina Commedia scrivendo la lunghezza di ogni canto. Notò
che nel mezzo di essa, il XVII canto del Purgatorio, ha lunghezza di 139 versi,
il successivo, il XVIII canto ha lunghezza di 145 versi, il XIX di 145 e il XX
di 151. E' così anche a ritroso: il canto precedente, il XVI, ha lunghezza di
145 versi, il XV di 145 versi, il XIV di 151 versi. Lo studioso afferma che
questi sette canti sono portatori della parola di Dante sulla dottrina d'amore
che regge l'Universo. Poi, partendo dalla fine del XVII canto, cioè dall'inizio
del XVIII, se contiamo esattamente venticinque terzine, la venticinquesima
terzina, nel verso centrale ha la parola "LIBERO ARBITRIO". Così
Dante ci dice che nessuno può amare per forza ma per libertà. Ma perché
venticinque? Perché 25= 2+5 = 7. Sette che è il numero dell'uomo e della
creazione.
5- Da ciò avviene dunque la scoperta di Nembrini:
Dante ha scritto la Divina Commedia su una croce. Egli ha scritto la lunghezza
di tutti i versi in ogni quadratino e di essi ha sommato le tre cifre. Esempio:
Nel XVII canto del Purgatorio, i versi sono 139. 139 = 1+3+9 = 13.
In tutti e cento i canti ci sono solo numeri come 7,
10, 13. Il 7 è il numero dell'uomo, il 10, che è 7+3, è il numero della
misericordia che è l'uomo che incontra la Trinità, il 13 è l'incarnazione che
accosta il Dio unico del Vecchio Testamento alla Trinità del Nuovo Testamento.
6- Disegnando undici caselle di 3 file per Inferno,
Purgatorio e Paradiso, si nota che al centro vi è il numero 139. Si desegna
dunque una croce con al centro questo numero. Le braccia di essa comprendono
numeri diversi, dalla cui somma si ottiene il 33, gli anni di Gesù Cristo.
Quindi, se al centro del cosmo c'è Gesù, la croce
dovrebbe espandersi per tutto il poema. Nembrini ha allora aggiunto tre
quadratini a ciascuna parte del braccio. La somma di essi è il numero 9, il
numero di Beatrice. Ciò significa che Dante voleva dirci che Dio si fa uomo
alla pienezza del tempo nel centro del tempo e dello spazio; si fa uomo nella
carne occupando un certo tempo e un certo spazio ma l'uomo-Dante ha preso carne
in una ragazza che amava: Beatrice, che è sacramento che porta in sè il mistero
di Dio.
Successivamente scoprì che nelle tre righe
dell'Inferno c'era un'altra croce di 7, posta il più lontano possibile dalla
croce principale di Dio; un'altra croce di 10 c'era tra le righe del
Purgatorio, una croce inchiodata nella croce principale. E infine, c'era una
croce di 13 nelle righe del Paradiso, appoggiata alla croce principale.
7- Infine Nembrini scoprì che in totale in versi della
Divina Commedia sono 14332 e che la somma dei numeri che lo compongono da come
numero il 13, emblema della salvezza, filo conduttore di tutta la Divina
Commedia.
L'incontro si è concluso con un lunghissimo applauso e
con la consegna dei diplomi ai ragazzi della "Lectura Dantis".
ANNALISA GALEONE
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