L’italiano è senz’altro una lingua difficile, irta di difficoltà, anche per coloro che la conoscono in modo più approfondito, sia perché ha regole e regoline che la governano, sia perché la differenza tra lingua parlata e lingua scritta è notevole,sia perché la Grammatica non è più studiata in maniera decorosa nei luoghi dove dovrebbe essere studiata.
La Grammatica: parola innominabile e antipatica, che evoca pagine polverose e noiose, fitte di regole ferree, a volte inutili, a volte incomprensibili, che sembrano inventate apposta per far passare la voglia di studiare. Quando la si studia a Scuola, gli studenti diventano “verdi” per la noia e per il fastidio.Sono le ore di lezione più difficili da far trascorrere proficuamente! Purtroppo!
Sarà per questo che i ragazzi continuano a infarcire di errori i temi di maturità, che gli adulti laureati costellano di svarioni i test dei concorsi, che i giornalisti continuino ad infrangere le regole più semplici e meno semplici,che i politici scivolano sui congiuntivi, e non solo su quelli, nei loro discorsi pubblici,che pseudo intellettuali producono vuote tavole rotonde?
In questi ultimi anni l’utilizzo della comunicazione attraverso il sistema del messaggino dei cellulari con l’utilizzo della scrittura programmata (T9) ha ulteriormente portato confusione nel campo dell’ortografia, consegnandoci, per pigrizia ,all’ignoranza delle più semplici differenze ortografiche.Il ricorso, poi, all’uso dell’e-mail o lettera elettronica, che permette di comunicare velocemente e in tempo reale, giustifica con la fretta strafalcioni di ogni genere, perché l’obiettivo sarebbe “fare presto” e non “fare bene”.
È necessario recuperare il senso dello scrivere in modo corretto! Le ultime prove Invalsi, dimostrano la scarsissima preparazione linguistica che coinvolge la maggior parte degli studenti italiani. Purtroppo, si assiste ad un impoverimento degli strumenti grammaticali, lessicali e sintattici di cui gli studenti fanno uso. L’aspetto, tra tutti, ritenuto più grave è però quello ideativo ossia l’incapacità di costruire e sostenere un ragionamento.
In linea generale, gli strafalcioni più comuni riguardano: L’uso errato del congiuntivo
Progressiva scomparsa dei segni di punteggiatura
Frequenti errori nel sapere dove va posto l’accento e dove l’apostrofo.
l'accento va messo su...
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l'accento non va messo su...
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dà (verbo dare): Mi dà
fastidio
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da (preposizione): Vengo da Bari
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dì (il giorno): La sera del dì di
festa
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di (preposizione): È amico di Marco
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è (verbo essere): È stanca
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e (congiunzione): coltelli e forchette
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là (avverbio di luogo): vai là
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la (articolo o pronome): La pizza, la
mangi?
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lì (avverbio di luogo): Rimani lì
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li (pronome): Non li vedo
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né (congiunzione negativa): Né carne né
pesce
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ne (avverbio o pronome): Me ne vado;
te ne importa?
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sé (pronome): Chi fa da sé fa per tre
Naturalmente, il pronome “se”, unito con stesso, si scrive
senza accento.
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se (congiunzione): Se torni, avvisami
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sì (affermazione): Sì, mi piace
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si (pronome): Marzia non si sopporta
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tè (la bevanda): Una tazza di tè
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te (pronome): Dico a te!
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Ecco un elenco delle parole più comuni che richiedono l'accento acuto sulla e finale: affinché, benché, cosicché, finché, giacché, né, nonché, perché, poiché, purché, sé (quando è pronome: "Marco pensa solo a sé"), sicché, ventitré e tutti i composti di tre (trentatré, quarantatré, centotré, ecc.); infine, le terze persone singolari del passato remoto di verbi come battere, potere, ripetere, ecc.: batté, poté, ripeté, ecc. In tutti gli altri casi, l'accento sulla e finale è grave. Ricordare, in particolare, di segnarlo sulla terza persona del presente indicativo del verbo essere: è, su tè e su caffè.
Ancora un elenco di parole di uso comune che spesso sono scritte in maniera errata.
"dovunque" non "d'ovunque" "finora" non "fin'ora" "ovverosia" non "ovvero sia" "pressappoco" non "non press'a poco" "perfino" non "perfino"
"tuttora" non "tutt'ora" "tutt'altro" e non "tuttaltro" "senonché" non "se non che"
"ovverosia" e non "ovvero sia"
“Un po'" si scrive con l'apostrofo, non con l'accento. (È la forma apocopata di “un poco”.)"In fondo" si scrive staccato, mentre “apposta”, "infine" e "incinta" si scrivono attaccati.
Dopo il punto, punto esclamativo e punto interrogativo va messa la maiuscola, anche all’interno dei dialoghi. La maiuscola va sempre usata con i nomi propri, mentre in italiano (a differenza dell’inglese) non si usa con i nomi dei mesi e dei giorni della settimana, né con i sostantivi di nazionalità.Il punto va sempre a fine periodo, anche se all'interno di un dialogo.I numeri di norma vanno scritti in lettere e non in cifre, soprattutto se sono “piccoli”. (Eccezioni: percentuali, orari su ventiquattr'ore, date: giorni e anni, ecc.)
Soggetto e verbo non vanno mai separati dalla virgola (salvo che non ci sia una frase incisa).
Il vocativo deve sempre essere separato dal resto della frase da un inciso, con le virgole (che non possono essere tralasciate)Esempio: "Ascolta, Severus."Ricordiamo le concordanze maschile/femminile, anche nei pronomi. “Gli ho detto”, se è un maschio, ma “le ho detto” se è una femmina e “ho detto loro” se sono più di uno.Ricordiamo di non cambiare il tempo verbale all’interno della stessa frase (e in generale nel paragrafo, capitolo, storia) se non ci sono dei motivi ben precisi. Ribadisco che ho fatto solo qualche esempio.
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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis