… Il D’Annunzio e il Marino fusi in una meravigliosa crasi,
(“E’ del
poeta il fin la meraviglia,parlo dell’eccellente e non del goffo,chi non sa far
stupir, vada alla striglia!”)… immagini che ci appariranno oggetti solidi a liquefarsi…animali
chimerici e mutanti…icone della classicità sottoposte a traumatiche (e
ironiche) dissezioni… reale e sublime che quasi si toccano: quell’immenso Salvator Dali’ che
Freud liquidò con l’aggettivo “fanatico”! E i crani mummificati, fra serpi banchettanti, dai cui
orifizi si affacciano sempre nuovi crani in una mise en abîme vertiginosa; poi
l'olocausto nucleare, a cui dedica “Idillio atomico”, con l'aereo che scarica
le bombe come fossero tossiche uova d'insetto? Dalí era un abile disegnatore
tecnico, ma è celebre soprattutto per le immagini suggestive e bizzarre delle
sue opere surrealiste. Il suo peculiare tocco pittorico è stato spesso
attribuito all'influenza che ebbero su di lui i maestri del Rinascimento.
Realizzò la sua opera più famosa, “La persistenza della memoria” nel 1931. Il
suo talento artistico ha trovato espressione in svariati ambiti, tra cui il
cinema, la scultura e la fotografia, e lo ha portato a collaborare con artisti
di ogni tipo. Faceva risalire il suo "amore per tutto ciò che è dorato ed
eccessivo, la mia passione per il lusso e la mia predilezione per gli abiti
orientali"ad una auto-attribuita "discendenza araba", sostenendo
che i suoi antenati discendevano dai Mori conquistatori. L’inesauribile
desiderio di trasformare la realtà in un prodotto dell’immaginazione, fondendo
la vita stessa in una perenne esibizione artistica, si cementarono così a fondo
in Dalì che è quasi impossibile scindere la sua biografia dalle sue produzioni.
La sovrapposizione surrealista, traboccante di motivi barocchi spagnoleggianti
delle sue opere, si intreccia con la sua personalità narcisistica, in continua
provocazione con il mondo, proiettandoci in un universo popolato di acrobazie
fantastiche e paure primordiali, simili a “fotografie di sogni dipinti a mano”
in bilico fra sublime e superfluo, in una scenografia dell’assurdo in cui ogni
paranoia è sistemata in una casualità ragionata. Così da introdurci al suo
“metodo paranoico critico” di conoscenza irrazionale in cui le “associazioni e
le interpretazioni dei fenomeni deliranti” trovano una sistemazione nel
pensiero dialettico. “In quanto il più generoso di tutti i pittori, io mi offro
continuamente come cibo e servo alla nostra epoca da eccellente nutrimento”,
scriveva Dalì. E se sotto il suo pennello gli orologi ( “il tempo è la
dimensione delirante e surrealista per eccellenza”) si deformano in materia
molle.
Gli anni ’40 furono segnati dal declino creativo e dall’espulsione dal
movimento surrealista, che nel ’34 l’aveva messo sotto processo per
“comportamento indegno”, per l’equivocità delle sue posizioni politiche, che
anche in piena Guerra Civile spagnola non esitava ad ostentare, dichiarandosi
“apolitico e antistorico”, distante ed estraneo alla “disgrazia della guerra e
della rivoluzione, nella quale il mio paese era caduto, aumentando soltanto
l’intensità della mia passione estetica”. La paranoia, secondo la descrizione
che ne dà l’artista stesso, è: «una malattia mentale cronica, la cui
sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o
senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania
di persecuzione o di grandezza o di ambizione».Dunque le immagini che l’artista
cerca di fissare sulla tela nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (la
paranoia) e riescono a prendere forma solo grazie alla razionalizzazione del
delirio (momento critico). Da questo suo metodo nacquero immagini di
straordinaria fantasia, tese a stupire e meravigliare grazie alla grande
artificiosità della loro concezione e realizzazione. La tecnica di Dalí si rifà
esplicitamente alla pittura del Rinascimento italiano, ma da esso prende solo
il nitore del disegno e dei cromatismi, non la misura e l’equilibrio formale.
Nei suoi quadri prevalgono effetti illusionistici e complessità di meccanismi
che rimandano inevitabilmente alla magniloquenza ed esuberanza del barocco
iberico. Al metodo paranoico-critico si collegano una serie di immagini di
virtuosistico effetto. Si tratta di immagini doppie, dove la combinazione delle
figure fa apparire più cose simultaneamente. Scrisse Dalí: «Attraverso un
processo nettamente paranoico è possibile ottenere un’immagine doppia,
rappresentazione di un oggetto che, senza la minima modificazione figurativa o
anatomica, sia al tempo stesso la rappresentazione di un oggetto assolutamente
diverso». In questo gruppo di opere rientrano alcuni dei quadri più famosi di
Dalí, quali «Figure paranoiche», «Cigni che riflettono elefanti», «Apparizione
di un volto e di una fruttiera sulla spiaggia», «L’enigma senza fine».Nel 1939 si trasferì negli Stati Uniti dove
rimane per quasi un decennio. Negli ultimi decenni della sua vita egli ha
continuato ad alimentare a dismisura la sua fama di artista eccentrico,
originale e a volte delirante, fino a diventare prigioniero del suo stesso
personaggio: sempre più scostante, altezzoso e imprevedibile. Dalí si è spento
a Figueras il 23 gennaio 1989.Insoluto, invece, rimane il quesito già a
suo tempo sollevato da Breton: “Dalì un uomo sempre esitante fra genio e
talento, vizio e virtù”, a cui Dalì rispondeva: “Ma io cercavo sempre il cielo,
attraverso la consistenza della carne, sconcertata e demoniaca della mia vita”.
Ha scritto
Massimiliano Finazzer Flory:”… il
sogno è dentro di noi ed è una delle forme della realtà e del desiderio che
l’arte racconta e attraverso le quali la medesima si racconta. Dalí è la cifra della creatività al potere o
meglio del potere della creatività. Una relazione impedibile.”
Ciò che spesso unisce i geni è la ricorsività. Il moltiplicarsi dell’immagine di un oggetto posto tra due specchi piani paralleli è una tipica situazione ricorsiva. Effetto ottico che i geni, in vari modi, ricreano nelle loro opere. Situazione propizia dal punto di vista intellettuale ma pericolosa dal punto di vista psicologico. La ricorsività è legata all’intelligenza, e si ritrova nelle sue manifestazioni, ma anche in quella della pazzia lieve, non nella schizofrenia, che può avere come concausa i doppi legami di Bateson, che un qualche legame con la ricorsività c'è l'hanno. Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti ebbero un genio simile e simile fu anche il loro volto nella maturità. La Sindone testimonia che anche Gesù e Leonardo avevano un volto simile. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. "Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo". Grazie.
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