Occorre la rivoluzione dei cristiani per sconfiggere la chiesa dei poteri
di Pierfranco Bruni
La
crisi attuale della Chiesa ha la caduta della modernità. I processi che
ha vissuto negli ultimi anni sono stati declamanti dell’esilio dei
“valori” cristiani. Io da non cattolico ma da attento conoscitore delle
“evoluzione” del cattolicesimo moderno e del cattolicesimo – ideologia e
del cattolicesimo tradizione ho la “presunzione” di poter guardare con
obiettività la caduta della parola del cattolicesimo – teologia ed
ecclesiastico, ma posso soprattutto sottolineare il significato,
l’importanza e la necessità di una cristianità che deve sempre più
guardare oltre la Chiesa.
L’esempio
di questi anni è mortificante. Lo dovrebbe essere ancora di più per il
cattolico cosiddetto “praticante”. Credo che non ci sia cultura più
intollerante di quella cattolica, la quale, naturalmente, sfida la
teologia del marxismo come suprema evoluzione di un rivoluzionarismo
francese che ha costruito il senso della ragione come contraddizione
nelle culture liberali.
Non
può esserci alcun dialogo tra cristianità e marxismo. I cattivi
maestri, a partire da Lorenzo Milani, hanno semplicemente confuso il
cattolicesimo con il cristianesimo dando parvenza di moderazione sociale
ad una cultura cattolica che incontra il sociale sul piano dell’essere
“pari” e di concetti astratti senza significato reale come “I care” che
hanno portato realmente alla disubbidienza delle capacità e dello
spessore delle culture. Don Lorenzo Milani è un piccolo tassello. Troppa
importanza gli è stata data. Ora basta, per carità cristiana.
Ma
la grande disfatta del mondo moderno nei confronti della cristianità è
stato il Concilio Vaticano II. Certo, la mia scuola di pensiero è quella
di Cristina Campo, degli anarchici che vivono l’eresia come rivoluzione
della coscienza, degli intellettuali alla Bonaiuti, alla Papini, alla
Berto, alla Prezzolini, alla Grisi, (e distante dai cattocomunisti che
imperversano) che sanno mettersi in gioco dalla mattina alla sera,
sempre con lealtà e fierezza, e non hanno mai accettato cattedre o
regolamenti di conti sulla sabbia o sulle pietra della cultura.
Questo
insistere sul fatto che la Chiesa di oggi non attraversi una crisi in
cui, come scriveva Prezzolini (altro che don Milani!), ciò che viene
messo a rischio è Dio stesso è una grande ipocrisia, simile alle
arroganze del mondo cattolico. Sarebbe bastato seguire una delle ultime
trasmissioni di “Porta a Porta” per rendersi conto di ciò.
Ma
il problema è un altro. Bisogna che le coscienze si risveglino, bisogna
che ci sia una rivoluzione cristiana (lo dicevo qualche giorno fa in un Convegno su San Francesco di Paola), bisogna che ci sia il coraggio di far capire che i cattolici vivono una loro storia che è separata da quella dei cristiani.
I
cristiani veri oggi sono senza chiesa. Questa è la vera “uscita di
sicurezza”, come avrebbe ridetto il caro Ignazio Silone che ha scritto
un libro magistrale su Celestino V. La crisi c’è. E non è una crisi di
crescita. Si tratta di una caduta e le cadute a volte sono
pericolosissime.
Quando
un Papa si dimette non occorrono giustificazioni per parare le frecce
di una Chiesa – potere. Bisogna poter incidere dentro questa costola.
Non so se Papa Francesco ci riuscirà. Io credo di no, anche perché dovrà
rispondere al suo “elettorato” quanto prima. L’unica soluzione, e lo
dico con molta serenità, sarebbe uno scisma e sarebbe il bene per il
mondo cristiano.
Da
osservatore ma anche da scrittore che dedica molto tempo a queste
riflessioni (uscirà nei prossimi mesi un mio saggio dal titolo:
“Sconfiggere la Chiesa per far vivere Cristo”) auspicherei una
rivoluzione delle intelligenze. Oggi la Chiesa è la teologia della crisi
incarnata dai valori della crisi stessa.
Sono
molto scettico, dicevo, sulla potenzialità cristiana e francescana del
Pontefice anche perché occorre una rivoluzione completa sia
nell’apparato ecclesiastico (mi sembra una battaglia dura: potrebbe fare
la fine di Benedetto XVI) sia nelle coscienze di quei cristiani che giocano da equilibristi tra cattolici e cristiani.
Fermiamoci
una segnatura su questa questione. Il cattolicesimo è una ideologia
come è il comunismo. Li trovi spesso insieme. Se facciamo i conti con i
ricordi, nelle nostre epoche recenti, basterebbe soltanto osservare il
quadro storico. Entrambi sono forme di potere culturale che ambiscono ad un ulteriore potere che è quello finanziario.
Perché
nelle Chiese, da quelle delle periferie a quelle dei paesi, da quelle
di campagna a quelle delle città, durante la messa bisogna, chi vuole,
contribuire con una offerta? È una chiosa malinconica e banale? Certo.
Ma il mondo moderno è banale come l’uomo senza qualità di Musil.
Perché
i funerali si pagano, i matrimoni, i battesimi e così via sempre
chiaramente con una offerta. Anzi, specifichiamo, noi credenti ci
sentiamo quasi in obbligo di fare una offerta. Altra banalità ma,
signori miei, il mondo si costruisce su banalità e se non partiamo dalle
banalità non possiamo capire cosa ci sta a fare lo IOR (Istituto per le
opere di religione). La Chiesa non è misericordiosa?
E
chiudo ora. Bisogna avere il coraggio di guardare dentro la storia. È
vero che Giovanni Paolo II è uno dei papi più amati ed è stata una
straordinaria rappresentanza di cristiano che ha saputo sconfiggere il
comunismo. Ma il comunismo non è stato vinto e i mercati non hanno
perso. Io sono convinto, invece, che Benedetto XVI è stato il papa della
rivoluzione, però ha dovuto cedere la sua cristianità al potere
cattolico con il grande gesto delle dimissioni.
Il cristianesimo delle origini non aveva né il Concilio Vaticani II né lo IOR!
Questo nuovo papa ha il coraggio della gioventù. Ma cosa farà dopodomani?
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