Ho avuto il privilegio di conoscere Mons.Loris Capovilla, ex
segretario particolare di Papa Giovanni
XXIII , a Sotto il Monte (Bg), nell'estate del 2009. Nel breve colloquio di una ventina di minuti "carpito" con uno "stratagemma", mi hanno colpito
due cose: la profonda dolcezza e compostezza che emanava dalla figura di questo
minuto uomo e l’immensa venerazione per
quella del “Papa Buono”.La frase che e’
scolpita nella mia mente e che mi disse al momento di accomiatarmi, fu: ”Egli (il Papa) aveva
il passo della gamba ben piu’ lungo del mio”.Cosa,quindi, dire di questo Pontefice capace di “fare” a braccio
quel discorso meraviglioso,sia per immagini che per sostanza, passato alla
Storia come “Discorso della luna”? Cosa aggiungere ad una figura simile, che ha
operato una tale rivoluzione nella struttura
ecclesiale da essere paragonata allo sconvolgimento francescano del
secolo XIII, tesa al dialogo ecumenico
con i "lontani" e i "separati" e al confronto con un mondo
aperto a moderne prospettive politiche?
Queste poche righe sono, anche, il frutto di quei
ricordi in quell’incontro, speciale per
me a causa del personaggio che avevo di fronte e del Gigante di cui si
stava parlando.“Si
direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a
guardare questospettacolo.
Gli è che noi chiudiamo una grande giornata di pace; sì, di pace. Gloria a
Dio e pace agli
uomini di buona volontà.. Occorre ripetere questo augurio. Soprattutto
quando possiamo
notare che il raggio e la dolcezza del Signore ci uniscono e ci prendono, noi
diciamo:Ecco,
qui, un pregustamento di quella che dovrebb’essere la vita di sempre, di tutti
i secoli, e della vita
che ci attende per l’eternità»1. È questo
uno squarcio della improvvisata allocuzione di Giovanni
XXIII al popolo romano: la sera dell’inaugurazione del Concilio Vaticano II.
L’enciclica Pacem
in terris è nata allora; palpitava nelle migliaia di fiaccole sollevate da
Piazza San Pietro verso
la dimora del Padre”,cosi scrisse successivamente Mons.Capovilla,la memoria
vivente del Papa.
“Come
meravigliarsi che Giovanni XXIII, sollecitato dalla parola rivelata, assumesse
in proprio,e per
la sua chiesa, il compito profetico di predicare la pace «nel presente momento
storico, in cui la Provvidenza
ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli
uomini, e per
lo più al di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento
di disegni superiori ed
inattesi?» La pace si indentificava con
la sua fede, la sua speranza inespugnabile, la sua carità misericordiosa.
Uomini di stato e diplomatici, non meno della gente da cui proveniva,
rimanevano affascinati
dalla sua affabilità e semplicità. All’istante capivano di trovarsi al cospetto
di un «operatore
di pace» . Su di lui i massimi responsabili dei due blocchi e dei paesi non allineati
trovavano convergenza di giudizio.Egli
non si arrogava titoli di maestro, di riformatore, di magico risolutore dei
problemisollevati
dalle drammatiche situazioni moderne. Contentandosi di assolvere il suo primo
dovere dicatechizzare
con amore, e poi l’altro di collocarsi accanto a tutti i suoi fratelli, che
ascoltava edinterrogava,
egli promuoveva senza dubbio un’azione comunitaria per sostenere, contro la
psicosi della
guerra, la inevitabilità della pace, ed invitava tutti, primieramente i
cristiani e i credenti, a gettare
su questo problema un sguardo nuovo. Mentre uomini, anche battezzati, erano
come bloccati dalle
disquisizioni circa la possibilità, la legittimità. l’eventualità, e la
moralità della guerra moderna,
il Papa mirava a convincerli ad avviarsi, liberi e consapevoli, alla conquista
e dilatazione della giustizia sociale e della integrale promozione
dell’uomo”.Il concilio ecumenico Vaticano II, opus maximum, paragonabile
solo al Concilio Tridentino del 1545, fu un grande evento nella storia della
Chiesa, e si svolse in nove sessioni e quattro periodi dal 1962 al 1965. Fu
indetto da Giovanni XXIII, per cercare un nuovo linguaggio con cui diffondere
il messaggio cristiano nel mondo, ma egli morì nel 1963 e il concilio fu
concluso da Paolo VI. Si promulgarono quattro costituzioni, tre Dichiarazioni e
nove Decreti, nei quali argomenti principali furono la missione salvifica della
Chiesa nel mondo, la sua natura e la sua vocazione. Possiamo definirlo
ecumenico a tutti gli effetti, perché parteciparono cardinali, patriarchi e
vescovi cattolici provenienti da tutto il mondo, in modo che si potessero
conoscere le esigenze delle chiese non solo di rito orientale, ma anche di
quelle latino-americane e africane, e si cercasse di instaurare rapporti più
stretti. Inoltre parteciparono, come osservatori, anche gli esponenti delle
chiese ortodosse e protestanti. Gli obiettivi che si propose di raggiungere furono la definizione più precisa del
concetto di Chiesa e il suo rinnovamento, l’unione di tutti i cristiani e il
dialogo col mondo moderno.Nella costituzione Dei Verbum si conferì un ruolo primario alla Bibbia sia
nella vita della Chiesa che in quella dei singoli fedeli, dunque si incoraggiarono
la ricerca scientifica sui testi originali e le traduzioni nelle lingue
moderne. Importante è la costituzione Lumen Gentium, dalla quale emerge la nozione di
“popolo di Dio” e la definizione della Chiesa come sacramento di Cristo. Il
popolo di Dio, che acquisisce più importanza, è guidato dal successore di
Pietro, il papa, e dai successori degli Apostoli, i vescovi. Tra le principali riforme del concilio, quella della
liturgia è la più evidente. Si abbandonò il latino e si eliminarono alcune
parti del rito. Allora, ripercorrendo a ritroso alcuni decenni, mi
immagino di incontrare uno studente di teologia chino sui rozzi banchi di
un’improvvisata aula di caserma, mentre svolge il suo componimento d’italiano
agli esami per la promozione a sergente: “La presa di Spoleto da parte delle
truppe italiane (1860)”. E risento la voce melodiosa
che a distanza di oltre sessant’anni commentava quell’episodio non senza
una vena di humour: «Allo scritto me la cavai discretamente con i fatti d’arme
di Spoleto. Ma nella esercitazione pratica, dovendo comandare l’attacco del mio
plotone all’assalto, poco mancò che i soldati, se avessero fatto sul serio, si
infilzassero l’uno l’altro… Decisamente il comando militare non mi era
congeniale». Caro papa Giovanni! Sorridevate compiaciuto ai
ricordi della vostra innocente giovinezza, e di questo vostro esame di
sergente”.
Gli altari furono staccati dalle pareti e di conseguenza anche
il sacerdote si spostò, e si rivolse verso i fedeli, mentre prima volgeva loro
le spalle ed era voltato verso il crocifisso. Vi sembra poco? E’,semplicemente,
“rivoluzione”!.A partire da Giovanni XXIII, la Chiesa subisce una sorta di
evoluzione, aprendosi lentamente verso il mondo, soffermandosi sui problemi
dell’umanità e cercando di portare il messaggio del Vangelo tra tutti i popoli,
tentando di proporre soluzioni. La religione cattolica assume un carattere
universale, misto a tolleranza, solidarietà, difesa dei diritti umani.Termino con l’ultimo ricordo di Mons.Capovilla:”
N.B. Pensate un po’: Eletto
come “ semplice figura di transizione”
nella Chiesa,Giovanni XXIII e’
assurto alla medesima altezza dei grandi
Papi della Storia:Leone Magno, Gregorio Magno,Gregorio VII, Innocenzo III, Pio
V,Benedetto XIV,Pio IX,Leone XIII,Pio XII,Giovanni Paolo II.(Scusate se ne ho dimenticato
qualcuno).
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