Permettetemi di dedicare queste poche righe a mio padre,
Maresciallo A.M.,aviatore ed istruttore paracadutista, che ha riempito la mia
fanciullezza e giovinezza
con le
lodi e gli elogi a
questo personaggio del Fascismo che egli aveva
conosciuto di persona a Tarquinia, in quell’aeroporto che ospito’ la I
Scuola Paracadutisti d’Italia.E
mentre riporto queste notizie, il pensiero
corre a lui,in divisa e con il petto adorno,tra le altre, di una medaglia di
bronzo “conquistata” durante
quella “follia
umana” che fu la II guerra mondiale. “La storia siamo noi, siamo noi padri e
figli, siamo noi, bella ciao, che partiamo. La storia non ha nascondigli, la storia
non passa la mano”(De Gregori).
Italo
Balbo, ferrarese, fu forse il più eccentrico e contradditorio dei gerarchi
fascisti.
Non aveva la disponibilità alla pieghevolezza di Grandi né le
contorsioni morali di Bottai. Balbo sembrava essere uscito dalle pagine dure e
fascinose di una storia ferrarese cinquecentesca.Violento e irridente, generoso
senza calcolo, avventuroso e mascalzone, coraggioso al limite del consentito,
Balbo fu certamente un protagonista del fascismo.Alla vigilia, capeggiò le
squadre della Val Padana seminando violenza e terrore da Ravenna a Parma. Nelle
ore decisive della marcia su Roma fu il quadrumviro che determinò il colpo di
mano risolutivo. Scoprì poi il fascino e la forza strategica dell’aviazione. Al
comando di squadriglie di idrovolanti, progettati e costruiti in Italia, dominò
la scena mondiale conquistando con epiche trasvolate vasta popolarità e grandi
simpatie. Che Mussolini soffrisse di malcelate gelosie, non è un mistero.
Tant’è che lo inviò in Libia con il grado di Maresciallo dell’Aria e con le funzioni
di governatore generale. Avrebbe voluto fargli conferire dal re pure un titolo
nobiliare: barone o conte. Ma Balbo gli rispose: «No, grazie. A Roma i conti non
tornano e io voglio tornare».Si schierò apertamente e ostentatamente contro le
leggi razziali del 1938. In uno di quei giorni piombò a Ferrara con il suo
aereo. Atterrato alla Marfisa, raggiunse il centro della città e a piedi
percorse corso Giovecca. Bussò al portone di casa dell’avvocato Ravenna, ebreo,
suo amico fin dalla gioventù.Pranzarono insieme ad un tavolo della trattoria
«da Giovanni» sotto il castello, tra gli sguardi attoniti dei gerarchi
ferraresi abituali avventori di quelle sale. E alla fine del pranzo si
salutarono - Balbo e Ravenna - con un lungo e significativo abbraccio.Non si limitò a questo, comunque, perché dichiarò apertamente la sua
contrarietà alle leggi razziali così come poco tempo dopo non ebbe esitazioni
nel dire che l’alleanza con la Germania più che uno sbaglio politico costituiva
un errore storico.Il 6 novembre 1926 viene nominato sottosegretario
all'Aeronautica. Inizia una serie di trasvolate oceaniche che ne faranno un
eroe nazionale e lo renderanno assai noto anche oltre i confini nazionali. Il
primo volo transatlantico è del 1930, con 12 idrovolanti, partiti da Orbetello
alla volta di Rio de Janeiro, in Brasile, il viaggio si svolse dal 17 dicembre
1930 al 15 gennaio 1931. Dal 1 luglio al 12 agosto del 1933 guida la trasvolata
di 24 idrovolanti nel volo andata e ritorno da Roma a Chicago. Il
governatore dell'Illinois, il Sindaco e la città di Chicago riservano agli
italiani un'accoglienza trionfale, a Balbo un'ovazione.
Vi presero parte 25
idrovolanti
SIAI-Marchetti S.55X,
organizzati in 8 squadriglie. A bordo 52 ufficiali piloti, 1 ufficiale
ingegnere e 62 sottufficiali specialisti. Ritornarono in Italia in 24 velivoli,
uno essendo stato perso nel tragico incidente alle Azzorre
Balbo riesce a utilizzare le sue imprese dell'aria
come strumento propagandistico. In quel momento il suo prestigio internazionale
supera quello del duce. Mussolini lo intuisce e lo trasferisce in Libia, come
governatore della colonia italiana. È il gennaio 1934. Balbo va in Libia
malvolentieri, arriva dopo Badoglio e Graziani, dopo lo sterminio di
massa nei campi di concentramento. Italo Balbo li fa chiudere. Inizia la
ristrutturazione architettonica della colonia, ma l'idea propagandistica più
efficace è il trasferimento in Libia di ventimila contadini italiani, a cui
affida le terre coloniali. Anche questo è un successo cha Mussolini non
gradisce. Ma lo scontro più duro arriva quando Balbo si oppone esplicitamente
alle leggi razziali e all'entrata in guerra dell'Italia a fianco della
Germania. I motivi di dissenso sono di carattere pratico e non ideologico: le
truppe italiane non sono pronte ad affrontare la guerra. 29 giugno 1940,
diciannovesimo giorno di guerra, Italo Balbo effettua una ricognizione nei
cieli della Libia, quando il suo aereo viene abbattuto dalla contraerea
italiana, all'altezza di Tobruk.Due cose, però, posso ricordare. La prima: nel
tramonto di Salò, Mussolini parlando un giorno dei gerarchi disse al dottor
Zachaerie, il medico tedesco mandatogli da Hitler, che «soltanto Balbo tra di
loro sarebbe stato capace di uccidermi». La seconda cosa: i Balbo, dopo la
morte del Maresciallo, mantennero sempre una singolare riservatezza che venne
spezzata soltanto quando il figlio, l’avvocato Paolo, ebbe a rispondere - ad
una domanda simile a quella che lei, caro amico, mi ha posto - così : «So che
mio padre non sarebbe comunque uscito vivo da quella guerra».Per televisione ci
sono state diverse rievocazioni dell’incidente nel quale 70 anni fa nel cielo
di Tobruk morirono Italo Balbo e i suoi compagni di volo, tra cui Nello
Quilici, direttore del quotidiano «Corriere Padano».
L’inchiesta che mi ha
colpito di più è stata quella realizzata proprio da Folco Quilici, figlio di
Nello e famoso documentarista cinematografico, scrittore di cose storiche e
scientifiche. Secondo Folco Quilici, il fuoco dell’incrociatore italiano «San
Giorgio», alla fonda nel porto di Tobruk, contro l’aereo di Balbo, fu un
errore. L’aereo del governatore della Libia non venne riconosciuto e la nostra
contraerea, impegnata fino a pochissimi minuti prima a respingere un attacco di
bombardieri inglesi, sparò contro l’aereo su cui si trovavano Balbo e il suo
seguito. Quindi tutte le voci secondo cui il maresciallo dell’Aria sarebbe
stato abbattuto in obbedienza ad un ordine segreto di Mussolini, non
corrispondono al vero. La ricostruzione realizzata da Folco Quilici smentisce,
infatti, qualsiasi ipotesi di congiura o di macchinazione. Si trattò di un
tragico errore, insomma?In conclusione, Balbo, aviatore , fu un trascinatore di uomini, organizzatore
capace, geniale propagandista. Rimane la certezza che la sua vera “fortuna”, nella sua carriera, fu forse
proprio quella di morire tragicamente prima che si scrivessero le pagine più
crudeli e sanguinose della guerra e del successivo epilogo del fascismo.
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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis