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Prima dei funerali |
Il pellegrino cammina lungo i passi di Cristo.
Essere pellegrino di Cristo è ascoltare la parola come rivelazione. Tra le
parole di Padre Discepoloi il “celeste” pellegrino è un viandante che vive la
fede nella verità della fede. Nella spiritualità e tra le parole che portavano
sempre a un dialogo, forse lasciato il più delle volte a metà, con la scrittura,
la letteratura e un “diario” che poneva al centro la religiosità degli
scrittori.
Un ricordo? Padre Salvatore Discepolo è stato, per
me, un attraversamento in un cadenzare un vocabolario meridionale con una
profondità di segni. È ritornato tra le stanze della Casa del Padre. In
silenzio. Era nato a Napoli il 1927. Padre Gesuita. Viveva a Grottaglie e
dirigeva la biblioteca del Centro di San Francesco de Geronimo. È morto il
21 gennaio. A un mese dalla morte di mio padre.
Poche frequentazioni ma lunghe telefonate.
Tra un discorrere su Matteo Ricci e la sua illuminante visione dell’Oriente e
Giuseppe Moscati al quale era legato e sul quale ha scritto un capitolo nelle
due edizioni pubblicate da Nemapress con la cura scientifica del Centro Studi e
Ricerche “Francesco Grisi”.
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Coro del M° Parabita |
Ma un autore sul quale si spendeva il
nostro discutere era Cesare Pavese. Scrittore camminante verso la cristianità?
Scrittore avvolto tra le parole di una ricerca ontologica che chiede alla Grazia
di farsi ascoltare? Mi ha posto, io che a Pavese ha dedicato letterariamente la
mia vita, questi interrogativi. Interrogativi che vivono dentro "Il Pellegrino
Celeste". Un percorso nella vita di Gesù di Padre
Discepolo.
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Tutta la vicaria della diocesi di Taranto |
In più occasioni. Ricordo bene che un
giorno, in una mattinata grigia e fredda, nella sala della biblioteca, mi disse:
“Senza il sapore di Cristo Pavese sarebbe una foglia frantumata da pezzetti di
cronaca”. Insisteva su questa linea. Non so perché si rivolgeva, con quel suo
sorrisetto sapiente, proprio ad uno come me che aveva tirato fuori Pavese dalla
griglia consumata del marxismo e lo aveva consegnato alla religiosa pazienza
degli spiriti inquieti che si inginocchiano soltanto alla vista di un portone di
una chiesa. Pavese era questo. Ci confrontammo a lungo. Ma non c’era nulla che
poteva dividerci su Pavese.
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Il vangelo aperto sulla bara |
Ora scrivo e parlo, tra me, di Padre
Discepolo come un gesuita che ha saputo anticipare i percorsi di un viaggio
letterario dentro la cristianità. Come fu bello quel mattino quando gli
consegnai la seconda edizione del nostro Giuseppe Moscati. Sempre nella sala
della biblioteca. Lui, che mi parlava dei suoi manoscritti, delle sue ricerche,
del suo mettere in ordine i suoi studi, del suo cercare un raccordo con gli
archivi del Ministero per i beni culturali.
Lui, sacerdote del pensiero navigante
tra l’azione e la contemplazione. “Sai, ricordo ancora, ci sono versi di David
Maria Turoldo che sembrano spade nel costato. Questi poeti cattolici, mi disse,
sono poeti benedetti. La storia della poesia si ostina a dividere. I poeti
maledetti perché sono stati chiamati tali? Se hanno avuto la grazia della poesia
possono essere maledetti? Turoldo sembra un penitente della
gioia”.
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Mons.Benigno Papa benedice la salma |
Mi colpì molto questa cesellatura.
Oggi la reputo importante anche dal punto di vista critico. Preparammo insieme
anche la mostra su Giuseppe Battista in quel monumento che è il San
Francesco.
Un passo pesato. Era la sua parola. Ma
anche un fiume in piena nella visione delle teologie della parola. La
letteratura è teologia o mistero? Un interrogativo che ci siamo posti. Io
continuo a considerare la letteratura un mistero ed è lontana dalla teologia. Ma
un sacerdote si pone in ascolto della teologia della parola per dare un volto al
mistero che è quello di Cristo.
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Padre Quercia |
Chiaro? Probabile. Ma quando Mario
Luzi, ci dicevamo, si propone, sotto l’invito di Giovanni Paolo II, di
rappresentare, e mettere in versi, la Passione di Cristo da dove partiva il suo senso e
il suo orizzonte poetico?. Il poeta, convenimmo, ha dentro di sé lo scavo del
mistero e si lascia vivere dal cordone teologale.
Discussioni che avevano certamente un
orizzonte. Quello di ascoltare la parola dei poeti, della letteratura, delle
scritture. Come fu con Matteo Ricci che proponemmo lo “scienziato” alla corte
della fede o il religioso in Cristo tra i viandanti di un Oriente sempre
proponente la fede.Mi telefonò qualche giorno prima della morte di mio padre. Ci
fu solo silenzio in quella telefonata e poi una frase: “I padri continuano a
vivere nei figli”. Non contento del mio costante silenzio mi recitò due versi di
Alfonso Gatto: “Se a voltarti più non ti vedo/chi di noi due manca?”. Non
ricordo se c’è il punto interrogativo. Non mi interessa verificarlo. Oggi mi
offro e ti offro, Padre Salvatore Discepolo caro, lo stesso verso con una voce e
una scrittura frammentata: “Se a voltati più non ti vedo chi di noi due
manca?”.
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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis