Le immagini avevano, in linea con il magistero della Chiesa, due funzioni fondamentali: quella di divulgazione della vita dei santi e quella edificante di incitare alla pietà cristiana; inoltre, essendo dedicate a una devozione privata, rispondevano a un bisogno primordiale di protezione: non a caso i santi più venerati erano quelli che proteggevano la salute.Il "patronato" a volte era attribuito in base al martirio del santo: per esempio san Bartolomeo proteggeva contro le malattie della pelle in quanto era stato scorticato vivo; altre volte la devozione popolare attribuiva le protezioni sulla base di assonanze fonetiche del nome: Santa Lucia, il cui nome ha la stessa radice del latino "luce", proteggeva il "lume" degli occhi. Alla devozione al santo si legava la fiducia nel potere taumaturgico delle reliquie contenute nel santino e poi una fiducia scaramantica in un potere quasi magico delle immagini.Con la fine della produzione artigianale dei santini nel corso del XX secolo si riduce il loro valore collezionistico ma si accresce la diffusione rispetto alle epoche passate: riprodotti in innumerevoli copie a basso costo, essi entrarono non più solo nei messali, ma nei taschini delle giacche e nei portafogli… potenziando così il valore "mediatico" che la Chiesa voleva loro attribuire. Piaccia o no, la storia del santino è “anche” storia editoriale.Fu proprio il Concilio di Trento a dare il via libera al “commercio” dei santini, chiarendo che il pezzetto di carta su cui è raffigurato il santo non ha alcunché di sacro; mentre sacro è il soggetto raffigurato.Insomma, quando acquistiamo un santino su cui è raffigurato San Biagio, l'oggetto di mercato resta il pezzo di carta su cui il santo è rappresentato, e non ovviamente il santo medesimo. Il soggetto raffigurato resta un'opera dell'uomo/artista, magari ispirato, ma comunque uomo. Se così non fosse, e per fortuna non lo è, oggi non potremmo ammirare tutte le grandi opere d'arte raffiguranti Cristo, la Madonna o i Santi, commissionati dai Papi ai grandi artisti della storia. La classificazione dei santini va fatta in base al criterio del contenuto in essi raffigurato e in base all’elemento materiale e al procedimento tecnico o artistico con cui sono realizzati. I santini sono realizzati normalmente su carta di vario tipo: carta pesante, cartoncino; carta sottile, velina o carta di riso; pergamena.I santini, per quanto riguarda la tecnica di realizzazione, si suddividono in tre grandi settori: quelli realizzati con tecnica manuale, tra cui ci sono quelli a canivets, su pergamena, nonché quelli fatti con ricami su tessuto o su vestiti.
Appartengono a questo gruppo di santini fatti a mano quelli a collage, acquerellati e puntinati e quelli detti a vestito. Nel gruppo dei santini realizzati con stampa meccanica ci sono quelli merlettati, traforati, a rilievo, nonché i santini realizzati con le tecniche della incisione, litografia, cromolitografia, oleografia, fotolitografia, per finire con quelli scritti (che contengono testo a stampa, tra cui preghiere) e i veri e propri santini manoscritti.Nel terzo gruppo vanno annoverate le immaginette speciali: a teatrino, apribili a libro, a sorpresa, fustellati, gli ex-voto e quelli contenenti reliquie più o meno autentiche. Alcuni santi vengono invocati in modo particolare: Agata (per le malattie connesse all’allattamento), Apollonia (contro il mal di denti), Aureliano (contro il mal d’orecchio), Agostino (contro cecità e tosse), Biagio (protettore della gola), Lucia (per gli occhi e per la vista), Margherita (a tutela delle partorienti), Gottardo (contro la gotta), Antonio Abate (malattia della pelle e fuoco sacro), Donnino (contro le ferite infette), Sebastiano e Rocco (contro la peste), Francesco di Paola (per la buona morte).Ma nei santini troviamo anche i protettori di arti e mestieri: Caterina d’Alessandria (patrono dei mugnai), Luca (artisti e accademie), Monica (spose), Crispino (ciabattini e calzolai), Martino (vignaioli, vendemmiatori e osti), Cosma e Damiano (medici), Omobono (sarti), Cassiano (insegnanti), Vinoco (fornai).sclusivamente nel santino. Il santino può essere un di più e anche un di meno. Il santino alimenta la fede, ma la fede non si ferma all’uso del santino.In quanto segno, si può dire che è anche un segno dell’infanzia, del tempo in cui i poveri di spirito si accontentavano di un’immagine semplice e appena colorata per intessere un dialogo di preghiera e quindi toccare con mano e vedere con gli occhi un segno, un indizio, un segnale visibile dell’invisibile e così, tramite il segno visibile di un santo, accedere alla dimensione verticale del sovra-sensibile.I santini sono un fenomeno dagli aspetti molteplici. Non è solo il collezionismo che li ha riportati di moda. Il collezionismo li ha riscoperti, ma sta a chi professa un’autentica religiosità conferire al santino il
ruolo appropriato e limitato di una volta. “I santini erano e continuano ad essere schegge di bellezza che chiunque può permettersi”,scrisse Andrea Tornelli. I santini del passato sono ancora carichi del fascino primordiale: con le loro immagini di dolci angioletti, con gli sguardi ardenti di certi Santi, ci riportano indietro nel tempo rendendoci ancora possibile il colloquio con Dio.
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