di Pierfranco Bruni
Non ci fu il tempo per capire. Ma la domanda resta. Perché San Tommaso non volle credere? Perché non si affidò alla fede! Semplicemente alla fede? Questo nostro tempo stracciato dalle nostalgie e dalle ragioni viene, quotidianamente, sconfitto dai conflitti dell’anima. Siamo sempre più dubbiosi, e nel momento in cui il dubbio cede alla riflessione subentra l’incertezza.
Siamo nella storia. Forse e forse no. Traditori e traditi. Ci sentiamo possessori della verità ma siamo completamente fragili e viviamo di debolezze. Eppure dovremmo avere il coraggio di specchiarci nel nostro cuore. Dovremmo avere l’onore e l’orgoglio di specchiarci per comprendere le debolezze. Ma ci scontriamo spesso con le cattiverie.
La cattiveria è l’estrema conseguenza del dubbio. Non mi riferisco al dubbio pascaliano e neppure a quello di Tommaso. Ma essere aggrediti dalle parole del dubbio significa vivere la fuga della salvezza. Il dubbio non conduce verso alcuna salvezza. Se restiamo dubbiosi attraversando le vie della Terra Santa o l’immaginario della Croce, pur restando immaginario, non possiamo pretendere di credere in un tentativo di salvezza.
La salvezza è dentro di noi. Perché dentro di noi la corona di spine punge le pareti del nostro esistere. Siamo in viaggio? Lo siamo certamente. Ma, se Itaca resta la delusione del ritorno, raccogliere le tre Croci sul Calvario, come vissuto, non è conoscenza. È piuttosto affidarsi ad una parola che ha un suo orizzonte preciso: la fede in Cristo. Ma questo nostro labirinto dove ci condurrà?
Siamo uomini del paradosso e quando smettiamo di essere tali diventiamo personaggi camminanti sul filo teso nel circo della vita. Ma non siamo prestigiatori. Piuttosto siamo giocolieri che puntano a truccare le carte e a sfidarsi sul tavolo verde. La vita ci porta inevitabilmente verso la morte. Più volte ci siamo fermati davanti alla domanda: cosa ci salverà? Abbiamo sempre risposto la bellezza. Ma cosa significa vivere la bellezza cercandola? O cercare la bellezza vivendola?
Abbiamo bisogno d’amore. Questo è il punto. Invece non rispettiamo l’altro e non ci rispettiamo abbastanza e ci sentiamo stanchi. Non siamo stanchi. Siamo soli in solitudini. Siamo in esilio ma non esiliati. Offrire la tenerezza è un gesto d’amore. Amarsi con l’anima e con la fisicità del corpo non è un rituale. Amarsi nella completezza. Ha un senso perché questo senso si veste di un orizzonte.
Non ci fu il tempo per capire? Credo che non avremo mai il tempo di contenere l’istante in cui è possibile afferrare ciò che avremmo dovuto capire. La vera sfida, di cui si è parlato, consiste nel darsi il coraggio vivendo la morte nella vita. Il tempo non potrà mai incontrarsi con la storia. Dall’illuminazione si va oltre l’allucinazione. Non potrà salvarci il dubbio. Potrà salvarci semplicemente la Salvezza.
Cammino tra le parole e giunge inesorabilmente l’assurdo. Io e l’assurdo abbiamo una battaglia aperta. Non potrò mai avere un combattimento con la cattiveria. La cattiveria altrui potrà sfiancarmi ma non resterò sulla via di Damasco accecato. Eppure la cattiveria esiste. È l’invidia di Satana. È la rabbia di Satana. È la gelosia di Satana. L’Angelo che cercava la perfezione per diventare unico e forse anche l’Assoluto.
È triste dover constatare la propria morte pensando che l’altro non si pone a contatto con la sua morte e, nonostante tutto, si percorrono le azioni della bruttezza. La cattiveria è nella bruttezza dell’invidia, della gelosia, dell’egoismo. Come chiedere alla bellezza di sostituirsi alla bellezza stessa? Vorrei chiederlo a chi? Potrei chiederlo a chi?
Quando Cristo mi incontra, nelle notti che non dimentico le preghiere, non mi parla degli appuntamenti offesi. Mi parla soltanto di ciò che ho dato. Mai mi rimprovera su ciò che non ho dato. Ma c’è un suo dettaglio alla fine del nostro incontro. Cristo mi lascia sempre con una frase: Non fermarti. Puoi essere di più. Non devi bastare mai. Non devi bastarti mai. L’amore non finisce.
A svegliarmi non è mai l’alba. Ma l’aurora. Con il primo caffè sembra che abbia dimenticato le parole ascoltate la notte prima. E vado avanti. Con i miei sorrisi di terra e di mare e con i consueti sguardi che hanno il segno della malinconia. Poi il resto verrà. Tutto verrà.
Ho interrotto amori, incontri che sembravano amicizie, illusioni. Ho attraversato frontiere, ho accettato rinunce, mi sono fermato per capire l’attesa, ho taciuto per ascoltare il silenzio. Tutto il resto verrà.
L’importante, in questo nostro tempo migrante di emozioni, è non scordarsi di allontanare la morte, forse basterebbe soltanto il pensiero, quando la vita si osserva allo specchio. La vita si osserva sempre allo specchio. Lo specchio non ha ragioni. Lo specchio è la consapevolezza che la coscienza c’è.
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