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venerdì 21 settembre 2012

Un'opera classica molto attuale

In questi giorni mi è venuta alla mente un'opera latina durante la cui lettura noi, giovani liceali, ammiccavamo, sorridevamo, mandavamo sguardi complici. Un testo che ci fa capire come non ci sia  "nihil novi sub sole": ma mentre in questo caso si tratta di arte e letteratura, ciò che noi leggiamo ora sui giornali è  puro degrado morale e politico.Il “Satyricon” di Petronio è una delle opere capitali della classicità latina; in quello che ci resta del grande romanzo, corre la raffigurazione di una quotidianità che parte e torna alla Suburra, a un luogo che è tanto della mente come del corpo
Ciò che resta a noi del Satyricon è soltanto una minima parte rispetto all’enorme mole del romanzo nella versione originale. Al punto che tentare di ricostruirne la vicenda risulta quasi impossibile, se non arbitrario, dato che a noi sono giunti soltanto l’episodio della cosiddetta Cena Trimalchionis, ambientato in una non meglio identificata "Graeca urbs", e vari frammenti relativi a vicende immediatamente precedenti o successive alla cena medesima, a loro volta ambientate nella stessa città della Magna Grecia e a Crotone. Il contenuto consiste nel racconto  che il protagonista Encolpio fa delle sue spregiudicate gesta e dei suoi compagni, l’avventuriero Ascilto, il bellissimo fanciullo Gitone e, da ultimo il poeta Eumolpo. Il romanzo fondato sul motivo erotico e delle avventure di viaggio, si spezza in un gran numero di episodi e di divagazioni letterarie e ed artistiche. Così l’interesse si ferma sulle singole scene, pittoresche e di un realismo crudo e senza ritegno. Per lo più traggono ispirazione dalla gelosia per l’amore di Gitone, da celebrazioni di riti religiosi per il dio Priapo, da risse furiose, e da feste e banchetti eccezionali come la cena di Trimalcione. All’interno di questo impianto sono inserite alcune novelle, concepite dall’autore come brevi intermezzi distensivi nel vortice spesso caotico dell’azione. Si tratta di brevi apologhi rivissuti e commentati dai protagonisti con un procedimento che ricorda quello sobrio e distaccato del Decameron boccaccesco: i fatti che costituiscono la trama della vicenda sono presentati facendo ricorso esclusivamente ai tratti essenziali e necessari alla messa in rilievo dello svolgimento della vicenda alla caratterizzazione dei personaggi.
Appare un mondo "carnevalesco, ruotante intorno a un centro motore priapeo…: Priàpo, dio della fecondità e del sesso … qui è un dio adirato e vendicativo, il quale semina lussuria, risse, perversioni, impotenza, e veri e propri sabba propiziatori ed esorcismi osceni...Il tema del sesso o, se si preferisce, l'oscenità di numerose situazioni del romanzo, non sono altro che varianti priapee dello stesso sentimento di decadenza, che è insieme agonia di ogni valore della tradizione catoniana e quiritaria [del cittadino dell'antica Roma], e assenza di altri valori che non siano quelli di una sfrenata rincorsa al profitto e al piacere. Qui è l'ispettore degli alberghi che viene a chiedere il nome dei viaggiatori ultimi arrivati; là sono lupanari dove una folla si aggira intorno a donne nude, dritte davanti ai cartelli col loro nome, mentre dalle porte malchiuse delle camere si intravedono i sollazzi delle coppie; là ancora, in ville dal lusso insolente dove la ricchezza e il fasto diventano demenza, non meno che nei poveri alberghi che si succedono nel libro, con i loro letti di cinghie marce, pieni di cimici, si agita la società del tempo: marioli impuri come Ascilto ed Eumolpo, in cerca di fortuna; vecchi incubi dalle vesti rialzate, dalle gote impiastricciate di bianco di piombo e di rosso acacia; Gitoni di sedici anni, paffuti e arricciati; femmine in preda agli attacchi d'isterismo; cacciatori di eredità che offrono i loro ragazzi e le loro ragazze alla lussuria dei testatori [chi fa testamento]: tutti si vedono correre di pagina in pagina, discutono nelle vie, si incontrano nei bagni, si prendono a legnate come in una pantomima. Questi personaggi sono disegnati con un tratto, sdraiati attorno a una tavola mentre si scambiano insipidi discorsi di ubriachi, massime senili, sciocchi proverbi, col muso rivolto a Trimalcione che si stuzzica i denti, offre vasi da notte all'assemblea, l'intrattiene sulle condizioni delle sue viscere e fa vento invitando i convitati a non far complimenti.
Inizia cosi’ la decadenza dell’Impero Romano e gli immortali versi di Paul Verlaine risuonano come campane a morte:
Io sono l’Impero alla fine della decadenza, che guarda passare i grandi Barbari bianchi componendo acrostici indolenti in aureo stile in cui danza il languore del sole…

N.B.Viene da chiedersi sconsolati: quanti Trimalcione ci sono oggi in giro nella politica? Consiglierei la lettura del testo nelle aule auliche del Parlamento ed in quelle delle amministrazioni provinciali e regionali.Sono certo che moltissimi di questi "rappresentanti del popolo" vedrebbero il riflesso di loro stessi.






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Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà,
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Pierpaolo Pasolini
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ammazzato nel novembre del 1975

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