Anarchico,comunista, prete, partigiano: quattro parole (aggettivi o
sostantivi, a seconda del contesto) che hanno difficoltà (superficialmente) a stare insieme e
belligerano tra loro, ma che si coniugano perfettamente se le attribuiamo di don Andrea Gallo.
Il sacerdote della rivoluzione, nel senso più bello della parola, l'iconografia e la metafora di
un Che Guevara più anziano, sempre col
caratteristico sigaro in bocca, col basco sulla testa e con la tonaca sul corpo, con le stesse idee del Comandante più famoso del Sudamerica, si è spento
mercoledì pomeriggio 22 maggio 2013 a Genova, a 84 anni.
Ascende al cielo, a quel
Dio che egli ha servito più di tanti altri pur legittimati da una funzione superiore alla sua, un grande
personaggio, capace di far convivere i pensieri del cristiano e dell'uomo di
sinistra,la vera sinistra, l’autentica sinistra, la sola sinistra, quella di Marx e di Gramsci, non
quella attuale codificata, annacquata, deformata, svilita ed imbastardita da
troppi “tomi” e figuri di infima importanza!
Molteplici le sue battaglie ai potenti della Chiesa,
sempre pronto a difendere quegli "ultimi" che troppo spesso vengono
dimenticati anche da chi, invece, dovrebbe vivere,agire ed operare per portare
loro un aiuto.Don Gallo non era un semplice prete, di quelli ”normali” che si
possono incontrare benissimo in ogni
strada di ogni paese: era molto di più. Con la sua comunità, la San Benedetto al Porto,
negli anni ha aiutato tanti tossicodipendenti a uscire dal tunnel della droga,
tantissimi alcolisti a ritrovare la giusta strada. E ha accolto molte persone
con malattie psichiche, anche elementi considerati pericolosi. Si attivò
moltissimo al G8 di Genova, quando incontrò di persona Manu Chao
per organizzare il concertone per i tanti ragazzi accorsi in terra ligure, vide
e denunciò l'attacco immotivato dei carabinieri al corteo dei Disobbedienti di
Casarini, definendolo "una vera e propria imboscata".
Storici e
canonici gli scontri con Giuseppe Siri,
il cardinale di Genova che espresse a suo tempo la sua preoccupazione per le
prediche di don Gallo: "Non sono discorsi religiosi ma politici, non
cristiani ma comunisti", come se interessarsi di emarginati, reietti ed
umili non sia cristiano ma solo comunista. Scontri che portarono, nel 1970, al
licenziamento del sacerdote che, secondo la Curia di Genova, esprimeva in
maniera troppo chiara le sue idee di sinistra.
Da allora restò un prete senza
parrocchia.
Ma la sua figura si riempì
di fedeli. Tra i tanti ci fu anche Fabrizio De Andrè, con cui don Gallo
strinse una profonda e sincera amicizia. Confesserà: "Fabrizio mi diceva
sempre che mi era amico perché ero un prete, il solo prete, che non lo voleva
mandare in paradiso per forza". Ma chi era veramente questo prete cosi’
“anomalo e diverso” per il semplice fatto che predicava una chiesa vicino agli
umili, ai non potenti, ai diseredati, agli emarginati da un capitalismo sfrenato
e finanziario, che ha il solo utile per fine? Nasce a Genova il 18 Luglio 1928
e viene richiamato, fin
dall'adolescenza, da Don Bosco e dalla sua dedizione a vivere a tempo pieno
"con" gli ultimi, i poveri , gli emarginati, per sviluppare un metodo
educativo che ritroveremo simile all'esperienza di Don Milani, lontano da ogni
forma di coercizione. Attratto dalla vita salesiana inizia il noviziato nel
1948 a Varazze, proseguendo poi a Roma il Liceo e gli studi filosofici.Nel 1953
chiede di partire per le missioni e viene mandato in Brasile a San Paulo dove
compie studi teologici: la dittatura che vigeva in Brasile, lo costringe, in un
clima per lui insopportabile, a ritornare in Italia l'anno dopo. Prosegue gli
studi ad Ivrea e viene ordinato sacerdote il 1 luglio 1959. Un anno dopo viene
nominato cappellano alla nave scuola della Garaventa, noto riformatorio per
minori: in questa esperienza cerca di introdurre una impostazione educativa
diversa, dove fiducia e libertà tentavano di prendere il posto di metodi
unicamente repressivi; i ragazzi parlavano con entusiasmo di questo prete che
permetteva loro di uscire, poter andare al cinema e vivere momenti comuni di
piccola autogestione, lontani dall'unico concetto fino allora costruito, cioè quello
dell'espiazione della pena. Tuttavia, i superiori salesiani, dopo tre anni lo
rimuovono dall'incarico senza fornirgli spiegazioni e nel '64 Andrea decide di
lasciare la congregazione salesiana chiedendo di entrare nella diocesi
genovese: "la congregazione salesiana, dice Andrea, si era
istituzionalizzata e mi impediva di vivere pienamente la vocazione
sacerdotale".
Viene inviato a Capraia e nominato cappellano del carcere: due mesi dopo viene
destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del Carmine dove rimarrà fino
al 1970, anno in cui verrà "trasferito" per ordine del Cardinale
Siri. Nel linguaggio "trasparente" della Curia era un normale
avvicendamento di sacerdoti, ma non vi furono dubbi per nessuno: rievocare quel
conflitto è molto importante, perché esso proietta molta luce sul significato
della predicazione e dell'impegno di Andrea in quegli anni, sulla coerenza
comunicativa con cui egli vive le sue scelte di campo "con" gli
emarginati e sulle contraddizioni che questa scelta apre nella chiesa locale.Di
don Gallo ci ricorderemo anche le ultime uscite sul mondo politico. Per lui,
infatti, “sporcarsi le mani con la politica” non fu mai un problema. Scese in agone per sostenere Marco
Doria, outsider di sinistra alle comunali di Genova, e appoggiò
Nichi
Vendola alla
primarie del centrosinistra di novembre. Quanto a Silvio Berlusconi disse
più volte che lo avrebbe visto bene in Africa, mentre a Beppe Grillo fece
un semplicissimo appello: "Smettila di fare il padreterno".
"La
cosa più importante, diceva, che tutti noi dobbiamo sempre fare nostra, è che si
continui ad agire perché i poveri contino, abbiano la parola: i poveri, cioè la
gente che non conta mai, quella che si può bistrattare e non ascoltare
mai, quella che si può umiliare impunemente e non si lamenta mai. Ecco, per
questo dobbiamo continuare a lavorare!"
“Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a
condannare, ma sia solidale, compagna”.
E questo è marxismo o Vangelo?
O, forse, tutti e due!
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