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giovedì 23 maggio 2013

Un marxista in abito talare: Don Andrea Gallo.



Anarchico,comunista, prete, partigiano: quattro parole (aggettivi o sostantivi, a seconda del contesto) che hanno difficoltà (superficialmente) a stare insieme e belligerano tra loro, ma che si coniugano perfettamente   se le attribuiamo di don Andrea Gallo. Il sacerdote della rivoluzione, nel senso più bello della parola, l'iconografia e la metafora di un Che Guevara più anziano, sempre col  caratteristico sigaro in bocca, col basco sulla testa e con la tonaca sul corpo, con le stesse idee del Comandante più famoso del Sudamerica, si è spento mercoledì pomeriggio 22 maggio 2013 a Genova, a 84 anni. 
Ascende al cielo, a quel Dio che egli ha servito più di tanti altri pur legittimati da una funzione superiore alla sua, un grande personaggio, capace di far convivere i pensieri del cristiano e dell'uomo di sinistra,la vera sinistra, l’autentica sinistra, la sola sinistra, quella di Marx e di Gramsci, non quella attuale codificata, annacquata, deformata, svilita ed imbastardita da troppi “tomi” e figuri di infima importanza!
Molteplici  le sue battaglie ai potenti della Chiesa, sempre pronto a difendere quegli "ultimi" che troppo spesso vengono dimenticati anche da chi, invece, dovrebbe vivere,agire ed operare per portare loro un aiuto.Don Gallo non era un semplice prete, di quelli ”normali” che si possono incontrare benissimo  in ogni strada di ogni paese: era molto di più. Con la sua comunità, la San Benedetto al Porto, negli anni ha aiutato tanti tossicodipendenti a uscire dal tunnel della droga, tantissimi alcolisti a ritrovare la giusta strada. E ha accolto molte persone con malattie psichiche, anche elementi considerati pericolosi. Si attivò moltissimo al G8 di Genova, quando incontrò di persona Manu Chao per organizzare il concertone per i tanti ragazzi accorsi in terra ligure, vide e denunciò l'attacco immotivato dei carabinieri al corteo dei Disobbedienti di Casarini, definendolo "una vera e propria imboscata".
Storici e canonici  gli scontri con Giuseppe Siri, il cardinale di Genova che espresse a suo tempo la sua preoccupazione per le prediche di don Gallo: "Non sono discorsi religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti", come se interessarsi di emarginati, reietti ed umili non sia cristiano ma solo comunista. Scontri che portarono, nel 1970, al licenziamento del sacerdote che, secondo la Curia di Genova, esprimeva in maniera troppo chiara le sue idee di sinistra.
Da allora restò un prete senza parrocchia.
Ma la sua figura  si riempì di fedeli. Tra i tanti ci fu anche Fabrizio De Andrè, con cui don Gallo strinse una profonda e sincera amicizia. Confesserà: "Fabrizio mi diceva sempre che mi era amico perché ero un prete, il solo prete, che non lo voleva mandare in paradiso per forza". Ma chi era veramente questo prete cosi’ “anomalo e diverso” per il semplice fatto che predicava una chiesa vicino agli umili, ai non potenti, ai diseredati, agli emarginati da un capitalismo sfrenato e finanziario, che ha il solo utile per fine? Nasce a Genova il 18 Luglio 1928 e viene  richiamato, fin dall'adolescenza, da Don Bosco e dalla sua dedizione a vivere a tempo pieno "con" gli ultimi, i poveri , gli emarginati, per sviluppare un metodo educativo che ritroveremo simile all'esperienza di Don Milani, lontano da ogni forma di coercizione. Attratto dalla vita salesiana inizia il noviziato nel 1948 a Varazze, proseguendo poi a Roma il Liceo e gli studi filosofici.Nel 1953 chiede di partire per le missioni e viene mandato in Brasile a San Paulo dove compie studi teologici: la dittatura che vigeva in Brasile, lo costringe, in un clima per lui insopportabile, a ritornare in Italia l'anno dopo. Prosegue gli studi ad Ivrea e viene ordinato sacerdote il 1 luglio 1959. Un anno dopo viene nominato cappellano alla nave scuola della Garaventa, noto riformatorio per minori: in questa esperienza cerca di introdurre una impostazione educativa diversa, dove fiducia e libertà tentavano di prendere il posto di metodi unicamente repressivi; i ragazzi parlavano con entusiasmo di questo prete che permetteva loro di uscire, poter andare al cinema e vivere momenti comuni di piccola autogestione, lontani dall'unico concetto fino allora costruito, cioè quello dell'espiazione della pena. Tuttavia, i superiori salesiani, dopo tre anni lo rimuovono dall'incarico senza fornirgli spiegazioni e nel '64 Andrea decide di lasciare la congregazione salesiana chiedendo di entrare nella diocesi genovese: "la congregazione salesiana, dice Andrea, si era istituzionalizzata e mi impediva di vivere pienamente la vocazione sacerdotale".

Viene inviato a Capraia e nominato cappellano del carcere: due mesi dopo viene destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del Carmine dove rimarrà fino al 1970, anno in cui verrà "trasferito" per ordine del Cardinale Siri. Nel linguaggio "trasparente" della Curia era un normale avvicendamento di sacerdoti, ma non vi furono dubbi per nessuno: rievocare quel conflitto è molto importante, perché esso proietta molta luce sul significato della predicazione e dell'impegno di Andrea in quegli anni, sulla coerenza comunicativa con cui egli vive le sue scelte di campo "con" gli emarginati e sulle contraddizioni che questa scelta apre nella chiesa locale.Di don Gallo ci ricorderemo anche le ultime uscite sul mondo politico. Per lui, infatti, “sporcarsi le mani con la politica” non fu mai un problema.  Scese in agone per sostenere Marco Doria, outsider di sinistra alle comunali di Genova, e appoggiò Nichi Vendola alla primarie del centrosinistra di novembre. Quanto a Silvio Berlusconi disse più volte che lo avrebbe visto bene in Africa, mentre a Beppe Grillo fece un semplicissimo appello: "Smettila di fare il padreterno".
"La cosa più importante, diceva, che tutti noi dobbiamo sempre fare nostra, è che si continui ad agire perché i poveri contino, abbiano la parola: i poveri, cioè la gente che non conta mai, quella che si può bistrattare e non ascoltare mai, quella che si può umiliare impunemente e non si lamenta mai. Ecco, per questo dobbiamo continuare a lavorare!"  “Sogno una Chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna”. 
E questo è  marxismo o Vangelo? 

O, forse, tutti e due!



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