Erano
i mitici anni
’60, gli anni della fanciullezza,della iniziante giovinezza e dei sogni:alla tv
cominciavano ad essere trasmesse le immagini di una guerra tanto lontana da noi
quanto incapibile.Non fu una guerra come le altre avvenute prima, non vi era
uno scontro tra eserciti e tra gente addestrata, ma era una vera e propria
guerriglia, dove uomini uccidevano altri uomini compiendo scempi, eccidi, stupri
e disastri. Ma quei
ragazzi, addestrati
alla guerra e partiti molto spesso come volontari, si trasformano presto in
uomini non preparati agli orrori che avrebbero affrontato, non preparati
fisicamente e tatticamente alla guerriglia, non preparati alla guerra, quella guerra
che è sempre
sporca.
Migliaia di
giovani
che si erano lasciati
abbindolare dalla politica, dagli slogan, da una divisione della società
vietnamita tra buoni e cattivi. La guerra in Vietnam, la sporca guerra del
Vietnam, viene raccontata evocando immagini molto nitide e vivide: vengono
narrati i momenti di attesa in cui non succede nulla ma si sa benissimo che è
solo la classica calma prima della tempesta.
Così come vengono evocati gli
sconti con il "nemico", con i "musi gialli" che non saranno
mai considerati come altri esseri umani ma sempre e solo come il nemico da
battere e da combattere. I ragazzi mandati in guerra arrivano convinti delle
loro idee, ma dopo pochi giorni capiscono che sarà molto dura portare a casa la
pelle e cominciano ad agitarsi. Gli ordini che provengono dall’alto, poi, non
aiutano sicuramente a ridurre i morti perché, per i capi, i soldati di primo
livello non sono altro che carne da mandare al macello per un ordine superiore.
L’unica speranza per quei ragazzi sono i loro diretti superiori che, a volte,
non obbediscono agli ordini che arrivano via radio ma cercano di analizzare
seriamente la situazione e di risolverla nel modo migliore cercando di salvare
più vite umane possibili. E viene anche raccontata molto bene e con immagini
molto nitide, la morte di tanti, molti, troppi uomini in una guerra assurda che
non aveva senso combattere fin dal principio.…E a
volte il passato si diverte a ritornare...
Questa volta l’ha fatto sotto la forma di una lettera, scritta quarantatre anni
fa. Tanti ne sono passati prima che riuscisse a giungere a destinazione negli
Stati Uniti.
E questa volta i ritardi ed i disservizi delle poste non
centrano.Era il 1969 quando Steve Flaherty la scrisse:era un ragazzo del South
Carolina, uno dei tanti giovani soldati mandati a combattere quella che è stata
la prima grande disfatta militare americana: la guerra del Vietnam.“Se chiama
papà, digli che sono stato vicinissimo alla morte, ma sono scampato anche
questa volta” scriveva alla madre la notte prima di partecipare ad una
rischiosa missione. “Questa è una sporca guerra crudele, ma spero che voi a
casa riusciate a capire perchè la combattiamo”. La lettera non fu mai
spedita.Il sergente Flaherty è stato ucciso il giorno dopo averla scritta,
vittima di un’imboscata dell’esercito nord vietnamita ad Hamburger Hill, la
“collina della carne trita”. Fu allora che i Viet Cong la trovarono e decisero
di utilizzarla: un americano, un nemico che definiva quella guerra “dirty war”
poteva essere un efficace strumento di propaganda. Quella lettera è stata così
letta più volte da Radio Hanoi ed è stata pubblicata dai giornali simpatizzanti
dei Viet Cong. Poi se ne sono perse le tracce. Fino ad oggi.Lo scorso anno un
colonnello dell’esercito vietnamita in pensione ha rivelato su Internet di
essere in possesso della lettera del sergente Flaherty. La notizia è stata
intercettata dal Pentagono e sono state avviate le trattative: il diario di un
soldato vietnamita in cambio della missiva.E così si ritorna a parlare di una
delle pagine più sanguinose della storia recente: 58.226 morti e 303.704 feriti
solo trai soldati americani intervenuti nella guerra contro i Viet Cong, tra il
1960 ed il 1975.
Doveva essere un semplice intervento militare di routine per
la superpotenza statunitense, ma si è invece rivelato una trappola mortale.
Ancora oggi il Vietnam invia periodicamente agli USA delle scatole: scatole che
contengono ossa. Il più delle volte si tratta di quello che resta di animali,
ma si spera sempre di trovare i resti di uno dei 1277 “Mia”, ovvero missing in
action.Le vittime non sono state solo i morti ed i dispersi, ma anche i reduci:
coloro che hanno combattutto quella “sporca guerra crudele”, di cui non
capivano il significato, che sono riusciti a sopravvivere ai campi di
concentramento, al napalm. E che una volta tornati a casa non riuscivano più a
riprendere una vita normale, andando incontro all’emarginazione. La storia di
Rambo è il classico esempio. E magari anche Rambo potrà superare il suo rancore
e tornare ad essere un semplice ragazzo che…
”…amava i Beatles e i Rolling Stones”.
girava il mondo
e poi fini'
a far la guerra nel vietnam
capelli lunghi non porta piu'
non suona la chitarra ma
uno strumento che sempre da'
la stessa nota ra ta ta ta!
non ha piu' amici
non ha piu' fans
vede la gente cadere giu'
nel suo paese non tornera'
adesso e' morto nel Vietnam…”
Scrisse Luca Goldoni: “
Una donna resterà vedova mentre si discuterà su un
vocabolo dell'accordo, un figlio resterà orfano mentre si metterà una virgola.
Il Vietnam è sempre stato troppo lontano per toccarci emotivamente: questo
tardivo requiem per gli ultimi morti, un poco ci riscatta. Se questi morti
dell'ultima ora riescono a farci trasalire, se non proprio a commuoverci, a
strapparci un attimo da un'indifferenza elevata a dottrina, è forse segno che
da questa disumanità può nascere ancora una scintilla umana”.
NB Il 9 giugno del '72, una fotografia che sarebbe assurta a simbolo delle
atrocità della guerra del Vietnam sconvolse gli Usa: ritraeva una bambina di nove
anni, nuda e urlante, che correva sull'asfalto, le carni piagate dal Napalm.
Oggi quella bambina, Phan Thi Kim Puc, vive in America, è moglie e madre, e ha
chiamato il figlio Huan, Speranza.
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