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mercoledì 2 aprile 2014

2 Aprile. San Francesco di Paola. Il Santo che mi cammina nel cuore

Il mio San Francesco di Paola

di Pierfranco Bruni 

Una sera sul ponte.  Attraversavo i due mari. Quello Grande che entrava in quello Piccolo. Ponte di San Francesco di Paola. Il calabrese che segnò le epoche di mezzo tra i secoli che cambiarono le geografie di Occidente e le geografie di Oriente. Francesco fu un poeta della alchimia. Un profeta ma anche un camminatore di mare e di terre. Cercò di lasciarmi in eredità l'impazienza di conquistare la pazienza facendo a meno della ragione. Bisogna a volte fare a meno della ragione e affidarsi completamente al mistero, perché è il mistero che ci salva dalle incongruenze del quotidiano.

Ho camminato, ed era notte, dialogando con il Santo di Paola e mi ha parlato di quando mi ha accolto e mi ha aperto le braccia nell'accoglienza dell'ascolto il giorno in cui, io piccolo monello di un paese di Calabria chiamato San Lorenzo del Vallo, mi portarono tra i luoghi del suo abitare.
Mi rivedo piccolissimo  in una foto vestito da monaco paolotto in braccio ad una donna dai capelli neri ricci, mia madre.
La grotta, il ponte del diavolo,  la chiesa impastata di terra e il chiostro sulle cui pareti è raccontata, a mo' fi fumetto, la vita le opere i miracoli di Francesco, il Francesco di Paola: è tutto un pellegrinaggio di giorni andati.
Mia madre mi ripete sempre che io sono stato un miracolato del Santo. Noi calabresi non possiamo non sentirci impastati di San Francesco, il paolotto. Dicevo. Mi ha accolto  e la sua accoglienza mi ha restituito non solo il senso della pazienza, ma anche l'inquietudine della attesa che si riga sugli orizzonti della preghiera.
Una sera sul ponte.
Osservavo la rosa del tramonto sul mare. I ricordi restano a volte immagini ciniche che servono, comunque, a impedire all'oblio di farsi strada. San Francesco mi viene di fronte con la sua statura immensa e austera. Quella sua barba si impone. Ha uno sguardo fisso nei miei occhi. Non c'è stato appuntamento difficile, irto, rugoso in cui non mi sia rivolto a lui. È stato il mio difensore e il nullaosta. 
Non è soltanto per una tradizione e una eredità che il mio legame con lui è stato carnale e di sangue. Nella mia grande casa di paese c'è sempre, nella mia stanza e sulla parete dove era poggiato il mio letto da ragazzo e da giovane, una storica immagine di Francesco. Sul cancello, all'ingresso della vigna, di quella che è stata la  vendemmia degli anni maturi di mio padre, in una nicchia centrale, una piccola statua di Francesco.
Ora non c'è più la vigna. Gli anni mi hanno invecchiato. Mio padre è diventato un marinaio che pesca in altri mari. Mia madre ripete che non devo dimenticare mai che io sono stato un miracolato. La piccola statua è custodita sull'alto di una libreria del mio studio. Tra i miei appunti e nella mia agenda la sua icona mi fa sempre compagnia.
Quando mio padre è morto ho messo le mani in tutti i suoi appunti e tra i suoi documenti conservati con rigore e disciplina e in ogni blocchetto di carte e cartelline si aggirava sempre la sua immagine. Il tempo passa. Il tempo è passato.
Ho scritto libri su San Francesco di Paola per devozione. E per essere io figlio devoto continuo a dialogare con lui. Mi aspetta. Mi conosce e sa che nonostante il  mio intrepido viaggio eretico e tra i labirinti dell'eresia a lui confido sempre l'inconfidabile. Perché non dovrei? Francesco sa tutto, anzi prima che mi possa accadere sa già tutto. La profezia è anche provvidenza. 
Dalla stanza sul mare guardo gli orizzonti. La Calabria non è mai una distanza. È quel filo che congiunge la religiosità della vita con il mistero della bellezza.
Mia madre mi ricorda che Francesco mi ha sempre voluto bene e mi dice: Fai tanti viaggi e non trovi mai il tempo di portagli il cuore d'argento che gli devi per averti salvato... Non farmi morire, poi aggiunge, senza essere andato a salutarlo nella sua casa di Paola...

Io cerco di cambiare discorso e ironizzo. Ma mia madre ha ragione. Sarebbe facile dire che non c'è  bisogno di salutarlo nella sua grotta perché vive sempre con me... È una giustificazione. Forse sì forse no... Ma cammino lungo il ponte e guardo le barche negli infiniti mentre penso al libro rimasto a metà che riguarda proprio il suo concetto di carità di servizio di amore...

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