Ci fu un Barocco che fu antesignano di una “scrittura” e di una letteratura che si definì nelle forme di una avanguardia come “rivoluzione” non solo del linguaggio, rispetto alla tradizione, ma anche nelle forme di una immagine che considerò la parola come modello sperimentale.
Su queste linee si è sviluppato l’incontro, che ha interessato il Seicento letterario europeo nel Regno di Napoli e il Seicento nelle culture internazionali, svoltosi a Palazzo Sora, Roma, organizzato dal Sindacato Libero Scrittori e dal Centro Studi e Ricerche "Francesco Grisi", nell’ambito delle riletture tra Barocco e Risorgimento.
Il tema ha riguardato: Il Barocco futurista e l’avanguardia smarrita del secentismo di Giuseppe Battista”. Tema che ha dato il titolo a un saggio di Pierfranco Bruni, che da decenni si occupa del rapporto tra letterature a avanguardie.
Infatti il percorso di Pierfranco Bruni, nella sua Lezione Magistrale, che ha introdotto i lavori del Convegno, ha puntato l’attenzione sul legame tra l’opera di alcuni poeti barocchi formatesi in Francia, in Inghilterra, in Sud America e in Spagna e poeti come Giuseppe Battista, il cui vissuto Barocco è tutto all’interno del Regno di Napoli.
“Non bisogna leggere e interpretare Giuseppe Battista, ha sottolineato Pierfranco Bruni, soltanto con quella tipica malinconia provincialistica da manuale, ma bisogna guardare molto oltre soprattutto alla luce del ruolo che i modelli linguistici sperimentali hanno avuto proprio nel Seicento con l’inizio dei primi vocabolari articolati intorno a ciò che Andrea Zanzotto definirà ‘ melograni di linguaggi ’. Proprio in virtù di ciò il Barocco è un movimento militante e non solo accademico”.
“Come poter confrontare la parola sensuale di Battista con poeti di un Seicento militante che rispondano ai nomi di Robert Angot de Lepèronniére e George Hembert. Sarebbe auspicabile anche un rapporto con tutta la poesia spagnola e non con quella della metafora spagnoleggiante del Regno di Napoli. Siamo con queste correnti ad una vera e propria mobilitazione della lingua e della poetica. Battista nella cultura napoletana mostra una sensualità onirica anche nel linguaggio proprio a partire dalla chiamata in causa del fato o della filosofia eraclitea molto cara al tremore nicciano”.
“La comparazione articolata, ha detto Pierfranco Bruni, tra l’esempio di Battista e la sperimentazione di Angot de Lepéronniéere ed Hembert, in pieno Barocco, è una testimonianza non solo scientifica ma innovativa e fuori dalle specificità già dette e consone alla critica letteraria ben conosciute e assodate ma non bisogna dare nulla per scontato”.
“In letteratura, ha aggiunto Pierfranco Bruni, come in tutte le forme della cultura, occorre anche il coraggio di scavare tra i segreti delle parole, i linguaggi e le potenzialità tematiche per non essere ripetitivi ma necessita una sperimentazione costante in un confronto a tutto tondo tra letteratura ed arte. Il Barocco è uno dei primi incisi movimentisti internazionali dell’epoca moderna e il Battista non lo si può collocare e bloccare tra Grottaglie e Napoli. Non solo ciò è riduttivo ma anche privo di una specularità, in cui le comparazioni sono oggi gli elementi di un processo poetico vivo in quell’attualismo che è fatto di estetica, gentiliana, e di dimensioni rondesche”.
“Ebbene, ha affermato ancora Bruni, se la letteratura è costante testimonianza e sperimentazione il Barocco resta un punto centrale nella modernità dei processi letterari proprio sulla base di una ricontestualizzazione di un Barocco che abbia la capacità di andare oltre il Regno di Napoli. Il Barocco cosiddetto coloniale sudamericano è una testimonianza significativa alla quale Napoli ha guardato con molta particolarità”.
“Ma bisogna partire dai percorsi poetici, ha concluso Bruni, e dai poeti. Battista è dentro questa sperimentazione come tutta la ‘cordata’ spagnola. Con Battista parlo di avanguardia smarrita perché è il concetto di avanguardia che occorre recuperare sia nella sua logica stilistica sia in una estetica a mosaico tra i versi e la poesia in prosa”.
Anche io mi chiedo perché? Perché e ancora perché? Ma io penso ci si debba chiedere anche perché non accostare, in un intreccio assolutamente dovuto, anche la poesia barocca irlandese? E in questo contesto, perché non chiedersi qual è (e non semplicemente e con l'incerto "quale sia") il legame del futurismo poetico danese rispetto al barocco italiano (anzi, attenzione, napoletano) impersonato dal Battista? Perché nessuno si chiede tutto questo!!!??? Gli intellettuali tedeschi lo hanno fatto! Coraggio, interroghiamoci anche noi!
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