"Questo blog, nasce a Grottaglie e per Grottaglie, è e sarà rispettoso delle manifestazioni dell'altrui pensiero, da qualunque parte provengano,
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Che ora è ?
mercoledì 22 agosto 2012
Dardi e strali
Tra le cose "strane " fatte da alcuni miei amici
in questa caldissima estate del 2012, una particolarmente mi ha fatto
sorridere: Carlo Caprino che costruisce dei " bo shuriken ", ossia dei dardi di ferro che vengono lanciati
con le mani . Dardi e strali, reali e virtuali, durante questa caldissima estate ne sono stati creati e
lanciati tantissimi. Un altro amico per esempio ha rispolverato e pubblicato alcuni
numeri di un autorevole quotidiano politico" L'Unità",che sin dalla sua fondazione, avvenuta ad opera di Antonio Gramsci nel 1924,
ha lanciato strali e provocazioni, avendo
potuto annoverare tra i suoi collaboratori
grandissimi scrittori. Uno di questi è Cesare Pavese...
...che pubblicherà i suoi interventi inizialmente sulla edizione torinese
dell'Unità che vedeva come responsabili Ludovico Geymonat ed Amedeo Ugolini.
L'articolo di Pavese che mi ha colpito, data anche l'attualità,
è tratto da "L'Unità" di Torino del 20 maggio 1945 ed è titolato:
Ritorno all'uomo.
[...]È vero che non
bisogna stancarsi di richiamare gli scrittori alla chiarezza,alla semplicità,
alla sollecitudine verso le masse che non scrivono, ma qualche volta viene pure
il dubbio che non tutti sappiano leggere. Leggere è così facile, dicono quelli
a cui la lunga consuetudine con i libri ha tolto ogni rispetto per la parola
scritta; ma chi invece più che libri tratta uomini o cose e gli tocca uscir
fuori al mattino e rientrare la sera indurito, quando per caso si raccolga su
una pagina s’accorge d’aver sott’occhio qualcosa d’ostico e bizzarro, di
svanito e insieme di forte, che l’aggredisce e lo scoraggia. Inutili dire che
quest’ultimo è più vicino alla vera lettura che non l’altro.
Accade coi libri come con le persone. Vanno presi sul serio. Ma
appunto per ciò dobbiamo guardarci dal farcene idoli, cioè strumenti della
nostra pigrizia. In questo l’uomo che tra i libri non vive, e per aprirli deve
fare uno sforzo,ha un capitale di umiltà, d’inconsapevole forza – la sola che
valga – che gli permette di accostarsi alle parole col rispetto e con l’ansia
con cui si accosta a una persona prediletta. E questo vale molto più che la
“cultura”, è anzi la vera cultura. Bisogno di comprendere gli altri, carità
verso gli altri, ch’è poi l’unico modo di comprendere e amare se stessi: la
cultura comincia di qui. I libri non sono gli uomini, sono mezzi per giungere a
loro; chi li ama e non ama gli uomini, è un fatuo o un dannato.[...]
È così facile accettare la prospettiva più banale, e
mantenercisi, sicuri del consenso del maggior numero. È così comodo supporre
che ogni sforzo è finito e si conosce la bellezza, la verità e la giustizia. È
comodo è vile. È come credere che si è assolto al nostro eterno e pauroso
dovere di carità verso l’uomo, regalando una lira al pezzente ogni tanto. Nulla
faremo neanche qui senza il rispetto e l’umiltà: l’umiltà che ci schiude
spiragli attraverso la nostra sostanza d’orgoglio e pigrizia, il rispetto che
ci persuade alla dignità dell’altro, del diverso, del prossimo come tale.
Si parla di libri. Ed è noto che i libri, quanto più schietta e
piana la loro voce, tanto più hanno costato dolore, tensione a chi li ha
scritti. Inutile quindi sperare di scandagliarli senza pagare di persona.
Leggere non è facile. E succede che chi ha, come si dice, sudato, chi si muove
agilmente nel mondo della conoscenza e del gusto, chi ha il tempo e i mezzi per
leggere, troppo spesso è senza anima, è morto all’amore per l’uomo, è
incrostato e indurito nell’egoismo di casta. Mentre chi anelerebbe, come anela
alla vita, a questo mondo della fantasia e del pensiero, quasi sempre è ancor
privo dei primi elementi: gli manca l’alfabeto di qualunque linguaggio, non gli
avanzano tempo né forze o, peggio,è traviato da una falsa preparazione, quasi
una propaganda, che gli preclude e sfigura i valori. Chiunque affronti un
trattato di fisica, un testo di computisteria, la grammatica di una lingua, sa
che esiste una preparazione specifica, un minimo di nozioni indispensabili per
trarre profitto dalla nuova lettura.
[...] Certo,tutto è linguaggio in uno scrittore che sia tale, ma
basta appunto aver capito questo per trovarsi in un mondo dei più vivi e
complessi, dove la questione di una parola, di un’inflessione, di una cadenza,
diventa subito un problema di costume, di moralità. O, addirittura, di
politica. Tanto basti dunque. L’arte, come si dice, è una cosa seria. È almeno
tanto seria quanto la morale o la politica. Ma se abbiamo il dovere di
accostarci a queste ultime con quella modestia che è ricerca di chiarezza –
carità verso gli altri e durezza per noi – non si vede con che diritto, davanti
ad una pagina scritta, dimentichiamo di essere uomini e che un uomo ci parla.
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"Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero". Pierpaolo Pasolini scrittore ammazzato nel novembre del 1975
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EINSTEIN DICEVA SPESSO
“Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare”.
Ho le mie incrostazioni ideologiche, lo ammetto, ma, obiettivamente spesso l'Unità è stata spesso la versione italiana della Pradva...
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