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martedì 24 gennaio 2012

Nazariantz: il poeta tra Oriente ed Occidente

Cinquanta anni fa moriva Hrand Nazariantz l'autore di questa bellissima poesia.
"O mia piccola Madonna, o mia Signora di Grazie, accordami la felicità di amare, la nostalgica felicità di amar gli uomini, e, se ancora possibile, di credere in essi... tu sorriso infallibile, tu silenziosa Speranza insegnami l'Amore in mezzo alle innumerevoli onte, l'arcano Amore rassegnato al cospetto delle vili calunnie, l'Amor che troneggia supremo sugli altari dei tempi secolari dove agonizza ancora il Figliuol di Maria... O mia piccola Madonna, o mia Signora di Grazie, accordami la felicità di amare, gli uomini, che si torturan di orgogli e si uccidono in nome della Vita e s'incatenano in nome della Libertà, - qual mai la dura legge che può voler tanti morti? ... - accordami, o mia Signora di Grazie, la felicità di amare e la meravigliosa gioia di Vivere, in mezzo a tante uggiose perversità!"
Consapevole della mia grande ammirazione per il poeta armeno, un mio amico che abita a Conversano, Domenico Roscino e che ha conosciuto personalmente il grande Hrand, mi ha inviato questo suo intervento fatto presso il Centro Conversanese Ricerche, per ricordare la permanenza in quel territorio del grande poeta. Lo condivido con voi.
                 In ricordo di Hrand Nazariantz tra Oriente ed Occidente.
                             (di Domenico Roscino)
Finalmente, a 50 anni dalla sua scomparsa,si torna a parlare del grande poeta armeno Hrand Nazariantz, indimenticato amico di Conversano, ove ha vissuto da esule negli anni 1959-60-61, ammirato soprattutto da noi giovani universitari dell’epoca, ospitandolo con filiale affettuosa gioiosità, da lui ben contraccambiata con altrettanto sincero amore verso l’intera città che da subito considerava «sua amata terra d’esilio, dove desiderava morire ed essere sepolto». Ciò prima di trasferirsi nella vicina Casamassima, cittadina residenziale della sua inseparabile affezionata compagna Maria Lucarelli, dopo averla sposata con rito cattolico,per lasciarsi poi morire in un’anonima stanza del Policlinico di Bari il 25 gennaio 1962. Nazariantz era arrivato a Conversano nel gennaio 1959, vecchio e malato, ospitato nell’ospedale Jaia presso il «ricovero di mendicità», a carico dell’ECA (ente comunale assistenza) di Bari «per respirare aria salubre per i suoi bronchi ormai consunti dalla lunga vita di esilio, dalla fatica e dalle sigarette». Era isolato, dimenticato un po’ da tutti, Finché un gruppo di universitari, fra cui il giovane Giulio Gigante, presidente dell’Università Popolare di Conversano, ebbe casualmente sue notizie da alcuni professori dell’Ateneo barese che resero possibile il primo incontro con il grande vecchio, da cui scaturì una immediata reciproca simpatia e un’amicizia ormai indelebile, non disgiunte da genuino orgoglio di intrattenere rapporti, in un piccolo centro di provincia, con un illustre personaggio, considerato Padre della Poesia Cosmica e insigne scrittore della Letteratura Europea. E oggi questa ripresa delle memorie è senz’altro un buon segno. Sotto l’aspetto umano, storico-politico e, soprattutto,poetico-letterario. Che consente un recupero integrale dell’uomo e del letterato, collocabile nei primi decenni del secolo scorso e rimasto sepolto dalle complesse vicende del poeta legate all’appassionata sua partecipazione ai movimenti politici e filosofici del primo Novecento. Perché l’inconfondibile figura del vecchio ieratico poeta, ultrasettantenne, con i lunghi capelli bianchi fluenti sulle spalle ricurve, grande fumatore, solenne ma con un perenne sorriso denso di candore e di bontà, divenuto durante il suo breve ma intenso soggiorno conversanese presidente onorario dell’Università Popolare, non poteva sfuggire all’attenzione della gente comune. Ma «non tutti – come acutamente sottolineava il cattedratico prof. Franco Tateo, presidente del Comitato Scientifico del primo Convegno Internazionale di Studi su Hrand Nazariantz fra Oriente ed Occidente, organizzato nel novembre 1987 proprio a Conversano dal locale Centro Ricerche di Storia ed Arte che nel frattempo si era assicurato la conservazione e la tutela del ricco archivio del poeta – «immaginavano che si sarebbe trovato tanta materia, e così stimolante, da consentire una serie articolata di studi arricchita da partecipazioni straniere, una mostra, un volume-catalogo con una preziosa testimonianza della cultura novecentesca. A molti, che pur lo conoscevano, senza dubbio sfuggiva la molteplicità della presenza intellettuale di Hrand Nazariantz, il quale partecipava alla vita locale ma veniva da lontano, ed era proiettato verso un orizzonte lontano, inconsueto alla gente di questa estrema regione d’Italia che in parte risentiva, in quegli anni fra primo e secondo dopoguerra, del suo atavico isolamento culturale». Intanto, a Conversano di lui non è rimasto solo un grande ricordo. La civica Amministrazione, infatti, dopo la sua morte ha voluto tramandare ai posteri il suo prestigioso nome, intitolandogli una moderna strada cittadina e soprattutto dedicandogli un Centro Studi presso il Centro Conversanese Ricerche, a seguito della donazione del famoso «fondo librario e di reperti storici e letterari» compreso l’inedito epistolario tra Lucini e altre personalità, come il presidente dell’URSS Micoyan e il cardinale Agagianian, e l’esule armeno. Purtroppo non è stato possibile, invece, innalzare quella tomba che egli avrebbe voluto a Conversano, perché – come accadde per il nostro Parini (i cui resti mortali furono dispersi in ottemperanza alle disposizioni della legge napoleonica del 1821) le sue ossa furono gettate,nel 1970, nell’ossario comune del Cimitero di Bari. Si deve, dopo oltre 25 anni della morte, all’affettuosa amicizia e al solerte interessamento della Famiglia armena Timurian, anch’essa esiliata in Puglia e residente a Bari, se i suoi poveri resti mortali sono stati ricercati e raccolti in un’urna e depositati in un loculo della propria Cappella cimiteriale a Bari, ove ancora oggi riposano in pace. Triste destino di un eterno perseguitato, Nazariantz, discendente da illustre famiglia, principe di Monte Ararat, nato l’8 gennaio 1886 in un sobborgo (Iskudan) di Costantinopoli, condannato a morte dal Governo Turco per le sue idee politiche in difesa degli armeni, ed esiliato della martoriata Armenia, da dove fuggì per sbarcare a Bari nel 1913 dimorandovi e fondando in via Amendola il Villaggio «Nor Arax» ( La nuova Patria),voluto per accogliere i numerosi suoi compatrioti sfuggiti alle persecuzioni e ai massacri dei Turchi. Divenuto il capo spirituale degli Armeni, girò in lungo e in largo l’Italia e l’Europa, cantando ed esaltando con le parole e gli iscritti la tragedia del suo popolo fino ad essere candidato nel 1953 al Premio Nobel per la Letteratura, assegnato poi per comprensibili motivi politici a Winston Churchill. È augurabile che l’imminente ricorrenza del 50.mo anniversario della sua scomparsa, per la cui celebrazione è stato promosso un Convegno con mostra fotografica, preannunciato nell’incontro culturale svoltosi lo scorso 5 dicembre a Conversano nell’auditorium dell’ex chiesa di S. Giuseppe, e che sarà organizzato il 25 gennaio prossimo presso la sede della Biblioteca Provinciale di Bari, con il Centro Studi Barese « Hrand Nazariantz », presieduto dal prof. Cosma Cafueri, in collaborazione con il Centro Conversanese Ricerche e il Consiglio per la Comunità Armena di Roma, possa avere l’effetto di stimolare un ulteriore approfondimento culturale capace di risvegliare maggiore conoscenza e generale interesse verso una grande figura di patriota e di poeta, che pur soleva «cantare»: «Io, di mio, non ho che la mia lunga miseria…di mio, io non posseggo che la speranza di un dolce morire».

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