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sabato 1 settembre 2012

L’ORGANO RINASCIMENTALE DELLA COLLEGIATA DI GROTTAGLIE IL FASCINO E LE PROSPETTIVE DI UN PREZIOSO STRUMENTO


M° Graziano Semeraro
  INTERVISTA AL MAESTRO GRAZIANO SEMERARO A MARGINE DEL CONCERTO TENUTO NELL’AMBITO DEI FESTEGGIAMENTI DI SAN FRANCESCO DE GERONIMO
di Rosario Quaranta

Il concerto tenuto dal maestro Graziano Semeraro all’organo rinascimentale il 26 agosto scorso nell’ambito dei festeggiamenti che Grottaglie vive in questi giorni per il suo patrono principale e concittadino San Francesco De Geronimo, è stato certamente un momento di elevato spessore culturale e artistico grazie alla oculata scelta dei pezzi e alla risaputa sensibilità e perizia del concertista. 
Organo rinascimentale
Ma è stato pure una buona occasione per fare qualche considerazione sul valore della musica d’organo in genere e sulle qualità e importanza dello strumento principe ossia dell’organo a canne di cui il nostro territorio può vantare un esemplare di tutto rispetto per antichità e per caratteristiche tecniche, foniche ed artistiche. Ci riferiamo ovviamente all’organo rinascimentale che, dopo oltre 60 anni e dopo un accuratissimo restauro, è tornato a risuonare nella storica collegiata grottagliese.
Al maestro Semeraro abbiamo così chiesto qualche considerazione sull’esperienza da lui stesso vissuta in rapporto allo strumento utilizzato per lo splendido programma svolto.
Ricordiamo che egli, oltre all’attività didattica che svolge nel Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli e oltre all’apprezzata attività concertistica, è uno dei massimi esperti di storia organaria pugliese e che, quindi, meglio di tanti altri può intervenire anche sull’organo di Grottaglie che conosce perfettamente.
M° Nunzio Dello Jacovo - M° Graziano Semeraro - Don Eligio Grimaldi
Intanto noi ricordiamo che si tratta del più antico di Puglia e uno dei più antichi d’Italia, come è stato possibile appurare grazie alle osservazioni e alle analisi tecniche che sullo strumento ha svolto Francesco Ruffatti di Padova, e grazie anche alla precisa e consistente documen­tazione d’archivio rintracciata da chi scrive, che apre un interessante spiraglio per un approfondimento e una riconsiderazione delle origini del­l’arte organaria nella nostra regione. L’inedita ricognizione documen­tale da una parte, e le interessanti novità emerse sul piano tecnico, hanno contribuito a diradare non poche incertezze, specie in ordine alla sua anti­chità e alle vicende di questo strumento della prima metà del Cinque­cento che ha accolto elementi di un organo precedente e che è stato “risistemato” dall’organaro Orfeo de Torres nel 1587, così come possiamo ancora ammirarlo nell’artistica cantoria che campeggia sull’abside.
 “Indubbiamente si tratta di un organo molto bello, sia sotto l’aspetto del suo pregio strumentale in senso stretto (nel senso che è uno strumento di qualità e storicamente importante), sia sotto l’aspetto estetico in quanto è anche bello da vedere. Il restauro – osserva Semeraro -  è stato eseguito molto bene: molto difficile ma eccellente il lavoro di ricostruzione delle canne deturpate, ed altrettanto eccellente sia il recupero delle sonorità originarie quanto la funzionalità meccanica, che ha ridato allo strumento quella fluidità che non è facile restituire ad un organo antico e che spesso non ho trovato nei tanti strumenti antichi restaurati che ho avuto occasione di suonare”
Riguardo alla sua esperienza particolare vissuta nella serata grottagliese e alla scelta dei brani, egli così continua: “Il programma che ho eseguito ha previsto vari pezzi di bravura e di grande agilità tecnica che ho potuto facilmente eseguire grazie alla risposta pronta e precisa della meccanica dell’organo. Durante la mia ultraventennale attività mi sono confrontato con organi delle epoche e caratteristiche più disparate, rendendomi conto di quanto fosse ogni volta difficile la scelta del programma, la quale doveva:
 - tener conto delle caratteristiche dello strumento;
 - essere coerente sotto gli aspetti artistici, storici e filologici;
 - (non ultimo aspetto) essere non lungo e nel contempo gradevole per il pubblico.
L’esperienza di tanti anni mi ha infatti insegnato ad avere grande rispetto del pubblico,  offrendogli la mia interpretazione con la massima umiltà e professionalità, non abusando troppo della sua attenzione e pazienza.
Ritengo, infatti, che il musicista interprete non debba ritenersi un “essere superiore” che si porge al pubblico con distacco e spesso in modo sprezzante, ma semplicemente un intermediario del pensiero artistico-estetico del compositore, che grazie ai suoi studi, alle sue ricerche ed alla sua competenza tecnica dello strumento musicale, fa rivivere un opera del passato proponendola al pubblico assieme al quale rivive e condivide i contenuti e le vibrazioni di un messaggio artistico sublime. La scelta del programma diventa ancora più delicata quando si deve eseguire un recital su un organo antico, in quanto il repertorio scritto per questo tipo di strumenti è concettualmente molto complesso, perché influenzato sia dal pensiero rinascimentale (periodo intenso di epocali scoperte sia nel campo della scienza, della medicina, della politica, della filosofia, del diritto, e soprattutto in ambito religioso – Riforma Protestante e Controriforma Cattolica – che inevitabilmente influenzarono la musica sacra, visto che l’organo era già lo strumento chiesastico per eccellenza), e sia dalla nascente estetica Barocca e dal pensiero Cartesiano”.                   Indubbiamente le considerazioni di Semeraro non solo risultano molto opportune e scientificamente motivate, ma rivelano pure una grande onestà intellettuale unita ad una perfetta cognizione del ruolo di una figura (quella del concertista) che non di rado tende ad isolarsi nella propria compiacente  sopravalutazione o autoesaltazione.
Consonanti ai criteri espressi sono stati pertanto la scelta e l’esecuzione magistralmente fatta dei brani circoscritti ad autori dei secoli XVI e XVII, da Claudio Merulo (1533-1604) a Girolamo Cavazzoni (1500/10-1565), a Tarquinio Merula (1590/5?-1665), Gregorio Strozzi (1600?-1687), a Giovanni Gabrieli (1557-1612), a Andrés de Sola (1634-1696), a Costanzo Antegnati (1549-1624), ad Andrea Cima (1580-1627), a Giovan Maria Trabaci (1575-1647) e infine a Dietrich Buxtehude (1637-1707).
La logica conclusione non può non evidenziare l’importanza che allo scopo riveste uno strumento così antico, assolutamente originale e perfettamente funzionante non solo ai fini di una fruizione artistica ed estetica, ma anche di una valorizzazione didattica e scientifica, al punto che occorre intravvedere nell’organo di Grottaglie una opportunità straordinaria per il nostro territorio regionale e nazionale.
In tal senso appare interessante l’attenzione che il conservatorio di Monopoli sta dimostrando (ricordiamo che lo scorso anno una altro docente e concertista del medesimo conservatorio, cioè il maestro Domenico Tagliente, ha tenuto parimenti un apprezzato concerto); ragion per cui – conclude Semeraro – “riguardo a collaborazioni con il Conservatorio di Monopoli, certamente considererò l’organo di Grottaglie come un irrinunciabile punto di riferimento, sia per l’inserimento nella “Rassegna dei Fiori Musicali”, sia anche per     eventuali “master-classes” sulla musica italiana del periodo che sarò interessato a condurre”.
Insomma, un’intelligente apertura per altre iniziative volte alla riscoperta, utilizzazione e fruizione del prezioso strumento che potrebbe così diventare punto eccellente di riferimento per specifiche rassegne ed appuntamenti di musica antica d’organo anche per per altre importanti istituzioni artistiche e culturali, tra le quali ci permettiamo di richiamare (perché no?) lo stesso “Festival della Valle d’Itria” di Martina Franca o per altri circuiti di vasto raggio.
Ecco come, da quel silenzio forzato e dal relativo ab­bandono, grazie all’attenzione, all’interessamento e all’opera meritoria di tante persone, il “Decano di Puglia” non solo è tornato a risplendere e a far sentire nuovamente la sua voce, ma potrà contribuire col suono autentico e affascinante di tanti secoli fa, a svolgere un’azione culturale, educativa e quasi pedagogica ancor più incisiva che consenta  una vera e propria formazione all’ascolto di una musica certamente non facile, ma pur sempre affascinante per quei suoni, quelle atmosfere e quelle suggestioni che superano i confini del tempo e dello spazio.
 

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