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venerdì 18 settembre 2015

Da Raffaele Carrieri a Cosimo Fornaro, da Spagnoletti a Pierri: il nostro Mediterraneo nella Magna Grecia


di Marilena Cavallo

Martedì al Padiglione della Rai della Fiera del Levante di Bari, ore 15.30, si svolto un Convegno di Studi dedicato al Mediterraneo. La sinergia tra il Liceo Moscati di Grottaglie, l’Istituto Casalino e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è un incontro culturale e istituzionale significativo. Si parlerà di lingua, di comunicazione, di poesia con Montale, di gastronomia, di mondo arabo, di territorio, di etnie. In Puglia e a Taranto, in particolare, insiste, nel Novecento, una letteratura che ha caratteristiche mediterranee, di quella mediterraneità che è radicamento nella Magna Grecia grazie ad alcuni poeti che andrebbero riproposti, riletti e contestualizzati. Infatti la storia del Mediterraneo si intreccia con le culture della Magna Grecia.

La Puglia è realtà frontaliera dal punto di vista geopolitico ma è soprattutto percorso nella visione di una metafisica mediterranea della parola. La poesia del Novecento nata sulle rive della Magna Grecia è il respiro di un lungo paesaggio mediterraneo. Ci sono sviluppi tematici e profili letterari importanti sia dal punto di vista geografico - poetico che umano. Taranto è dentro i profili della poesia italiana del Novecento. C’è da dire che la poesia contemporanea trova nella dimensione dei luoghi una tensione lirica che diventa fondamentale per una contestualizzazione di una geografia che non è soltanto una visione del sentimento dell'anima e dell'essere ma di un sentimento dell'appartenenza.

Il luogo come territorio, il paese o la città come rapporto fisico con l'esistente, le strade come metafora di un tracciato che indica un viaggio. Il tutto in un intreccio in cui il suono della memoria incontra il presente. Gli echi del tempo sono filtrati dalla realtà e la parola diventa un linguaggio ovattato da simboli che recitano il quotidiano che è custodito nel sempre. Poeti solari, nella affermazione dei luoghi.
Michele Pierri (Napoli 1899 - Taranto 1988), Raffaele Carrieri (Taranto 1905 - Milano 1982), Giacinto Spagnoletti (Taranto 1920 - Roma 2003), Cosimo Fornaro (Taranto 1928 - 1992), sono un percorso in una poesia che ha tratteggiato quei luoghi della Magna Grecia che ha trovato in una città come Taranto l'incantesimo della magia delle radici. Il cuore del Mediterraneo che pulsa tra il mare e la ricerca delle radici.
Quattro poeti che segnano, nella temperie contemporanea, pur in una diversità generazionale, una ridefinizione di un rapporto tra luogo dell'essere, luogo dell'esistere, luogo delle radici, luogo della partenza. Il territorio per questi poeti è una dimensione della spiritualità e il linguaggio della poesia costituisce l'ancoraggio a delle metafore che superano il tempo quotidiano. Un tempo fatto di allegorie.
C'è un legame costante tra tempo e territorio e il tempo resta un sillabario che proviene da una straordinaria impaginazione dell'infanzia. Un'infanzia vissuta nel luogo e il dialogo tra luogo e poesia diventa un raccordo dell'immaginazione che trova nel ricordo una chiave di espressione esistenziale. Immaginazione su un tempo e su un luogo e non finzione e non mascheramento. Il senso del ritorno è un sentimento.
Pierri pur non essendo nato a Taranto in questa città si ritrova e rilegge i segmenti di una civiltà che lo portano a determinare una scelta che ha rimembranze remote, dipinte in un quotidiano vivere perché del luogo, di questo luogo, conosce gli intagli e i nascosti anditi della sua storia. Un poeta del sublime che ben ha saputo raccogliersi in una geografia dell'essere. Una geografia che si incastra nella memoria.
Carrieri ha recitato il mare nell'infinito destino dei viaggiatori che cercano un approdo. Il mare della sua infanzia è nell'indefinibile desiderio di raccogliere i cocci di una stagione di tempo che vive dentro l'anima. "L'infanzia/Del mare/Mescolai/Alla mia". L'intercalare espressivo è un salto rievocativo che non smarrisce, comunque, le tracce del mito che danno un senso indelebile alla storia stessa di un luogo.
Giacinto Spagnoletti ha decodificato atmosfere e stagioni, paesaggi e passaggi di una città troppo legata ai suoi antichi radicamenti. Così. "Mi parevano così lunghi quei tramonti/soffocati dal gorgo delle rondini/e dagli addii delle campane./Tardi s'accendevano i fanali,/le acetilene scoprivano i meloni e le cozze/all'occhio dei passanti". La luce e le stagioni in un Mediterraneo che è ricordo d'infanzia.
Nella ragnatela poetica di Cosimo Fornaro ci sono lampi in cui il tremore dell'infanzia è una sottolineatura lirico - esistenziale di estremo appagamento. "Nella città il sole si coglie a spigoli o a strisce tra le file dei palazzi o gli angoli delle strade. Nei paesi no. Non lo si vede perché splende uniforme con una violenza che ossessiona, specie in estate".
Il territorio è un'espressione del tempo - memoria che si articola in un intreccio parossistico alla cui base c'è l'incontro reale e metaforico con la dimensione dell'appartenenza. Il territorio è appartenenza e nella poesia si legge come un modello rappresentativo singolare. Ma è sul territorio che i poeti si ritrovano. Territorio dell'anima e della storia.
Poeti che hanno delineato non dei messaggi ma hanno definito, appunto, delle immagini. Immagini che durano proprio perché sono state trattate attraverso il linguaggio che trasmette. Un altro autore che entra come riferimento tra i destini delle metafore che raccontano un territorio come sistema di appartenenza ad un luogo della geografia e dell'essere (per restare chiaramente all'identità di Taranto come testimonianza del presente e spiritualità della grecità) è senza alcun dubbio Giulio Cesare Viola (Taranto 1886 - Positano 1958). Uno scavo nella coscienza di un luogo ma anche una riaffermazione di una identità che ci porta a quel mondo classico che è presente in tutto gli altri poeti citati.
Il luogo è appartenenza perché è radicamento. Una esperienza che non è sociologica ma letteraria. Il luogo per un poeta non giunge ad altre affermazioni se non attraverso ragioni che non siano poetiche. Perché è nella poesia che la geografia del territorio si fa essenza lirica. Cogliere nella parola questa essenza lirica è dare un significato ai valori di una identità. E' il luogo che manifesta i codici identitari. Luoghi che si intrecciano e che si parlano nella meraviglia di una consapevolezza.
I poeti si portano dentro le allegorie dei luoghi, i quali non vengono mai sepolti ma recitati sulle onde di un vento che raccoglie nostalgie. Pierri per una sua esperienza tra testimonianze di città: Napoli e Taranto. Carrieri tra Taranto e Milano. Spagnoletti tra Taranto e Roma. Fornaro ha viaggiato nella sua Taranto recuperando il lirismo di quei luoghi che sono metafora dell'indefinibile. Poeti della nostalgia.
I poeti sono, in fondo, i trasmettitori di relazioni simboliche che resistono all'urto della storia. Non una operazione educativa ma di scavo e conoscenza. D'altronde un grande poeta contemporaneo ha saputo recitare il passo e le voci di Leonida:
"Molto lontano dormo dalla terra
d'Italia e dalla mia patria, Taranto.
Questo è per me più amaro della morte.
Tale è la vana vita d'ogni nomade.
Ma le muse mi amarono, e per tutte
le mie sventure mi diedero in cambio
a dolcezza del miele.
l nome di Leonida non è morto.
I doni delle Muse lo tramandano
per ogni tempo".
Per questi poeti le partenze non sono state delle fughe e neppure dei tradimenti. Forse degli abbandoni. E ritornare è riappropriarsi di un tempo. Un tempo e un luogo. Tempo e luogo sono mediazione in una poesia che è dimensione del sacro. In fondo i luoghi nel tempo sono disegni in una memoria che è sacralità. La cultura del territorio è un luogo del mito che chiede al sacro di esprimersi. Dentro questa visione il Mediterraneo si fa dimensione onirica, metafora e simbolo.



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