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domenica 27 novembre 2016

Io e Vittorio Sermonti pensando alla serietà della Cultura

di Pierfranco BRUNI

Vittorio Sermonti ha preso il volo. Sono stato amico di Sermonti. Ho seguito le sue letture sul Dante vero e non straziato da  Benigni.   Ci sono diversi modi di leggere Dante Virgilio Ovidio.  Diverse strategie per proporre una letteratura che ci è stata imposta nelle stagioni scolastiche. Vittorio Sermonti è stato un interprete forte della letteratura.  Pesante.  Perché soltanto la pesantezza potrà salvarci dalla debolezza del nostro tempo leggere e fragile.
La leggerezza calviniana trasmessa tuttora è il nulla. Conoscere il nulla è non esserci. Come la comicità di un Benigni pagato per far ridere e per non pensare e il giullaresco Fo che nella storia della civiltà  sono il vuoto e l'estremo ancoraggio al porto del niente del nostro tempo. Vittorio Sermonti è la pesantezza perché è la Cultura. Non si può fare distinzione tra due modelli di cultura. Sermonti e le interpretazioni su Dante e Virgilio e Ovidio sono cultura.  Il resto è il nulla.  Certo so che il nulla porta al piacere della leggerezza. Anche nelle scuole. Il pesante secondo la visione dello scoiattolo della penna,  come era definito Calvino dal maestro Cesare Pavese,  portava alla noia.  Il leggero non fa pensare. Abbiamo creato una generazione di non pensiero. Il pesante fa pensare.  Ma Calvino ha ripreso il concetto di leggerezza da una cultura che non ha pensiero è per questo è  stato chiamato da una Nazione senza filosofia a fare lezioni su come educare alla leggerezza. Uno dei miei prossimi libri sarà dedicato al vuoto e al pensiero. Ovvero il vuoto che porta l'invisibile Calvino e il pensieto che porta il tragico Pavese. Il razionale e l'anima. Il relativo e il destino. L'ideologia è la filosofia. Il reale e il mito. Insomma concetti che devono sgombrare il cosa è letteratura e cosa è surrogato. Tutto questo per dire che Vittorio Sermonti è l'unico interprete vero contemporaneo fu Dante letto nella profondità zambraniana e guenoniana. E mai nella battuta colta per far ridere gli sciocchi. Pirandello oggi sarebbe stato ancora più duro sul sorriso applicato a Dante.  Un dentista forte come Pascoli.  Ma la durezza appartiene agli uomini colti e saggi. Il resto è viagra. Scusatemi.  Manon se ne può più di questo relativismo leggerezza che invade le educazione. Leggete ascoltare assorbite Vittorio Sermonti per dare un senso vero alla cultura. Pirandello non amava Cecco. Aveva ragione.  Poi Dino giunti ho Ariosto e i Cervantes. In tempi di inquietudine non serve il riso alla Benigni o la leggerezza alla Calvino. Ma lo sguardo di Pirandello Pavese e la voce di Sermonti. Addio mia bella addio l'armata se ne va e se non venissi anche io sarebbe una viltà. Metafora. Noi che codardi non siamo e apparteniamo al destino dei nostri padri restiamo coerenti e pesanti ma nulla da farci perdonare se non di essere stati figli devoti. Perdonare.  Io sono orgoglioso. Ma per molti non è così. La cultura alla quale apparteniamo è  quella forte e mai quella del riso. E ora punto. Devo pensare al mistero degli sciamani e non hai giullarre

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Pierpaolo Pasolini
scrittore
ammazzato nel novembre del 1975

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