Proprio con quest’ultima abbiamo avuto un incontro nel corso del quale abbiamo potuto apprezzare la bellezza di alcune sue opere. Una esperienza che ci ha consentito di comprendere quanto ai fini della piena consapevolezza di un’opera sia fondamentale che la sensibilità di un’artista vada di pari passo con quella del suo pubblico.
Lucy Carlucci, artista grottagliese doc (come ama definirsi) è specializzata nella realizzazione di arazzi astratti e coloratissimi (tecnica etnico-moderno) per la cui composizione si avvale dell’uso di pietre e materiali diversissimi (dal corallo al sughero, dall’oro alle pietre dure, dai lapislazzuli alla madreperla) ed ha già un prestigioso palmares di mostre di proprie opere tenutesi in tutta Italia. Con il desiderio ed auspicio possa tenere la prossima presso il Castello Aragonese di Taranto.
“Attraverso la mia opera – ci confida Carlucci - voglio dare sempre un messaggio di positività alla casa che la accoglie” Ci soffermiamo su una delle sue opere più amate che ha intitolato “Lucy senza sorriso”. “È un’opera particolare che ho composto l’anno scorso di questo periodo quando mi trovavo in uno stato d’animo particolare. Avevo un magone interno, un qualcosa che non riuscivo ad esprimere più di tanto. Mentre dipingevo sentivo questa forza dentro, volevo esprimere ciò che stavo provando, ma non ci riuscivo. Internamente ero felicissima, perché stavo componendo mettendo su colore su colore. Ma non riuscivo a sorridere. Sorridere per me non è il raggiungimento di in successo ma l’essere riconosciuta per quello che faccio. Il senza sorriso di Lucy è dato dal non venir riconosciuti per ciò che si fa anche per la propria città. Anche se devo dire ciò che è successo ieri nel corso della inaugurazione della mostra mi ha fatto ricredere, l’affetto e l’interesse del pubblico mi ha regalato un momento di felicità.”
Spiccata la peculiarità di Lucy Carlucci nel rivisitare oggetti e simboli della nostra tradizione artistica e culturale attraverso un taglio etnico.
“Ad esempio i pumi (le pigne, soggetto tipico nelle rappresentazioni della trazione ceramica grottagliese). Quelli che realizzo io sono per un designer da interno caso che non potrebbero mai esser esposti fuori per il tipo di materiale utilizzato anche per il suo significato di buon augurio per procreare oppure rivisitazioni del vumile” (bottiglia in ceramica che conteneva acqua o vino che i vecchi contadini di un tempo portavano con loro in campagna)
Insomma non si può che rimanere ammirati per la bellezza di queste variopinte e coloratissime opere.
Ed anche un po’ imbarazzati per non essere spesso in grado di coglierne il reale significato. L’opera di Lucy Carlucci, infatti, si compone di tematiche astratte o, nella migliore delle ipotesi (per la comprensione del pubblico) metaforiche. Cosicché quello che apparentemente può sembrare un acquario è la rappresentazione della famiglia della Carlucci, con ognuno dei pesci a simboleggiare un sue singolo componente. Oppure quella che sembra una figura astratta è la silhouette di una donna in dolce attesa o una medusa ed una stella marina a rappresentare la parte di noi girovaga, che ricerca, spazia e vuole arricchirsi e quella che rimane legata alla tradizione ed alla propria terra e così via.
“Ma mi sta bene” commenta Lucy Carlucci “che ognuno veda ciò che vuole anche se non coincide con il senso reale dell’opera. Io stessa non scrivo mai il nome delle mie tele nemmeno quando le espongo perché voglio vedere cosa la gente coglie”.
Per tutti coloro che vogliono mettersi alla prova o più semplicemente ammirare la bellezza di queste stupende opere Creatività Donna rimarrà aperta sino al 24 marzo dalle ore 10,00 alle 12,30 e dalle 18,00 alle ore 21,00 presso i locali dell’Acchiatura in via Vittorio Emanuele III n. 29 a Grottaglie
Francesco Piccinni
Quanti paroloni,,ma le parole le misurate? Se ve le facessero pagare, vi calmereste...
RispondiEliminala poetessa anna marinelli...le artiste Antonella Caroli, Maria Piccirillo, Maria Rosaria Quaranta, Jasmine Stani e Lucy Carlucci..... Quali artiste? Sapete cosa significa la parola artista?
Dice un vechio proverbio: nei momenti bui i culi di bottiglia diventano cristalli...vero?
L’opera di Lucy Carlucci, infatti, si compone di tematiche astratte o, nella migliore delle ipotesi (per la comprensione del pubblico) metaforiche.
Metaforiche? Ma sapete almeno cosa significa? da dove l'avete scopiazzato? col copia incolla?
Opere stupende? e chi lo ha sentenziato? la fata morgana?
Ma fatemi il piacere ,direbbe il saggio e buon Toto'.....
Fatemi il piacere..........
Purtroppo l'invidia è una brutta bestia, poi se la si assomma anche all'acredine e il disfattismo, la bestialità è grande.
RispondiEliminaCaro anonimo se avessi più coraggio nel tuo dire ti saresti firmato e quello scritto avrebbe avuto più senso.
Invece in anonimato viene archiviato nell'esercizio comune della delazione.
Forse non si saprà a pieno il significato della parola artista ma capiamo bene quella di disfattista.
ho i miei dubbi..e la risposta me lo conferma.
RispondiElimina"Questo blog è e sarà rispettoso delle manifestazioni dell'altrui pensiero,
RispondiEliminada qualunque parte provengano,
purché espresse onestamente e chiaramente."
scusate se mi intrometto, forse l'anonimo delle 13.21 non ha parlato chiaramente e onestamente.
A casa mia ognuno esprime il proprio pensiero,se e' educato e non offende nessuno.
O.P.
Anch'io ho dei dubbi, infatti non credo che ella abbia compreso il senso della mia risposta.
RispondiEliminaTirammo n'anzi!!!
Bella mostra, checchè se ne dica.
RispondiEliminaForse meriterebbe la presenza di qualcuno un p' più spigliato nel rapportarsi con i visitatori... ma comunque opere varie e interessanti.
carlo
scusa nishinkan
RispondiEliminacosa hai capito? la mostra e' bella? mi spieghi le ipotesi metaforiche della grande artista Carlucci?
Io ci sono stata, ma non mi sono piaciute e noin ho capito niente delle ipotesi metaforiche.
Riprendo il pezzo incriminato "L’opera di Lucy Carlucci, infatti, si compone di tematiche astratte o, nella migliore delle ipotesi (per la comprensione del pubblico) metaforiche."
RispondiEliminaSono le tematiche che, nella migliore delle ipotesi, sono metaforiche. Cioè, le opere quando non sono astratte, e quindi di più difficile comprensione, nella migliore delle ipotesi, sono metaforiche. Rappresentano visivamente qualcosa che è chiaro, ma simboleggiano qualche altro significato. Tematiche metaforiche, non ipotesi. Mi sembra sia questo il senso della frase, che c'entarono e sopratutto cosa sarebbero le "ipotesi metaforiche"?
ieri sera ho visitata la mostra:sono rimasto estasiato!
RispondiEliminaLe veloci pennellate creano una struttura d'immagini perennemente in movimento ascensionale o discensionale. La tensione carica di un'energia ribelle deforma corpi e figure, che come sospese su vuoto abissale, sembrano sfuggire alla gravitazione universale che vuole annientarle.
Rappresentazioni che volteggiano, si aggrovigliano come sospese nel nulla. Si concatenano in un etere strutturato da cromatismi caldi e contrastati nelle immagini piu' drammatiche, o tenui nel richiamo di una dimensione onirica e sognante.
Lo spettatore segue, con il fiato sospeso, l'avvicendarsi continuo delle figure nel loro moto irrequieto. E mai e' assente, anche nei momenti di piu' alta tensione, la carica ironica che assembla e caratterizza le diverse raffigurazioni.
Le fantasmagorie movimentate degli acrilici, si placano, nell'opera celestiale di questa massima artista contemporanea, nelle rappresentazioni piu' statiche e meditanti delle grandi tele ad olio. Le tematiche intrecciano la ricerca mistica ad una riflessione politica e storica delle vicende del nostro tempo.
Ogni verita' interpretativa della realta' storica e' tradotta in immagini metaforiche che parlano un linguaggio lontano da mistificazioni.
Un'attenzione ossessiva e' rivolta alla descrizione di un mondo onirico e misterioso. Immagini che vagano, senza tregua, su fogli e tele aprendo crepe verso l'Oltre, lasciando uno strascico d'energia che fa rimanere in uno stato di angoscia irrisolta. In questo senso si possono leggere le rappresentazioni degli esseri martoriati dalla loro stessa oscillazione nel nulla, che fuoriescono da antiche architetture, da vetuste composizioni, da antiche immagini come da luoghi metafisici senza confini. Il tempo si fa immagine, spazio e silenzio.Il silenzio si annulla!
Dolore, sofferenza, morte, scoperta del nulla, eterno pellegrinare, discesa nella lunga notte dell'anima, dimensione ctonia, gioia, misticismo, ironia sognante che accetta il mistero, tensione verso un assoluto irraggiungibile - come ascesa verso il centro cupo dell'Essere - sono le tematiche principali di questi visionari lavori.
Lontana da correnti pittoriche e da accostamenti stilistici, la nostra artista percorre la sua strada nella continua scoperta dell'uomo dopo un perché. Attraverso l'introspezione e l'introiezione scopre quanto gli altri, prima estranei, sono in lui e viceversa.
Quindi, pittura, scrittura, performance, dialogo e monologo dell'IO sono un tutt'uno tra se stesso inconscio e l'infinito dove l'uomo cerca di dare dei significati consci per il suo equilibrio.
Caro anonimo delle 8.56,
per la nostra artista Carlucci piu' che di metafora io parlerei di metafisicita', Un orientamento iconografico al quale si associa di frequente il gusto per le ambientazioni inanimate e solitarie, sì da determinare esiti di straniamento metafisico che bloccano le narrazioni in stasi cristalline, ove l’unica e appena percettibile cinetica – sia fisica che interiore – è data da uno svolazzar di tende o da una teoria di bolle d’aria. Ne deriva, che degli interni desolati (nei quali la sequenza delle stanze rievoca certa pittura olandese del seicento) o delle sconfinate azzurrità marine divengano i silenti palcoscenici di misteriosi psicodrammi, ai quali i riguardanti sono chiamati a dare un personale contributo attraverso il gioco delle immedesimazioni o delle libere associazioni.
Una struttura formale – questa prediletta da Carlucci – che però, talora, appare viziata da un grafismo assai incisivo, seppur di grande qualità, e da una tavolozza dalle tonalità un po’ troppo fredde, benché di nitore adamantino; il che finisce col conferire ad alcuni dei suoi dipinti un senso di sospensione estremamente rigoroso, che ne stempera i contenuti emotivi nei meandri d’un impianto iconologico (quello di Freud per l’appunto) applicato con eccessivo zelo di filologo.
Laddove, invece, l’artista lascia filtrare liberamente la sua ironia connaturata (continuando comunque ad appellarsi con rigore al dettato freudiano, però declinato nei termini più gioviali del “motto di spirito”), la trama narrativa appare ben più fluida e coinvolgente, nonché in grado di guidare l’osservatore con maggiore levità nel dedalo delle metafore e dei riferimenti di psicoanalitico sapore. Così, non è infrequente imbattersi in giochi di rimandi ed autocitazioni, come nel caso della serie di tele architettate a mo’ di buste colorate, la cui affrancatura è la fedele riproposizione di qualche quadro autografo. Ed è proprio in questi dipinti pervasi di un profondo senso del paradosso, che Carlucci rivela la sua felice inclinazione per lo spiazzamento divertente e divertito, sottraendo ai fruitori gli abituali punti di riferimento (o per meglio dire sovvertendoli) e finendo col descrivere un mondo irriverentemente ed intelligentemente stravolto, in una riuscita e non forzata adesione allo spirito del migliore surrealismo magrittiano.
Del resto, è possibile riscontrare una intensa e penetrante verve espressiva, un dinamismo compositivo ed una predilezione per immagini forti ed inquietanti che disvelano tutto un ribollire di giovanili ed irrisolti tumulti della psiche.
In questo senso la pittura di Carlucci si qualifica come un interessante ed esemplare strumento di autoanalisi, confermando la valenza autoconoscitiva del fare artistico, nonché il suo enorme potenziale terapeutico di liberazione da complessi e inibizioni.
Ne risulta una personale poetica della pittura, in cui pennello e tavolozza appaiono docili strumenti al servizio dell'io. L'artista scruta con attenzione il suo mondo interiore e quello esterno, pronta a coglierne vibrazioni e risonanze.
E queste, dall'immaterialità ed a-spazialità del momento sorgivo, assumono forme di elevato spessore estetico che travalica la rudimentale materialità e finitezza degli strumenti espressivi: traspare così dalle sue opere l'intima forte energia creativa si fa materia che la riflette (e fa riflettere).
Un'artista dal volo ampio, dall'apertura d'ala considerevole.
In lei il colore ( ora biancoazzurrino, ora rosato, ora ancora verde pallido) ha la priorità sul disegno e crea e ricrea le forme, nasce così quello slancio verso " qualcosa d'altro " che sembra esprimere il messaggio dell'artista.
Tutto vibra, che siano donne o fiori, e si recupera in un'alternativa di apparire ed essere.
Perciò il mondo di Alessandra Nucci ci fa capire la priorità dei " concetti" più ampi e vibranti sulle descrizioni troppo minute.
E' la liberazione del determinato che era prigioniero della nostra pigrizia mentale.
Pittura che sta fra l'informale rappresentativo surreale e la visione della realtà al filtro del sogno che porge all'osservatore momenti poetici caratterizzati dall'esperienza in " sospensione fra cielo e terra ".
Fiori e marine si riavvicinano al figurativo tradizionale, sempre, però, compresi in uno slancio del sentimento completamente edificante, nel compito non facile di superare il "transeunte " e di cogliere i significati nascosti delle apparenze.
Quadri di evasione, ma una evasione lodevole come allontanamento dal lato decadente dell'avventura umana, affinchè tutto concorra all'elevazione dell'Arte.
.................. l'infinito registro dei sentimenti si codifica come facente parte di un'unica sinfonia della realtà-favola e della favola-realtà.
Una felice, istintiva ispirazione unita ad una particolare modernità d'espressione sottolineano costantemente le capacità pittoriche di Gabriella, un'artista da sempre in simbiosi con lo straordinario fremito creativo dell'arte comtemporanea.
Pittrice molto attenta ai numerosi stimoli del suo mondo interiore, risolve sulla tela, in una calda interpretazione cromatica, questa sua intima ricchezza di significati e ricordi, custoditi nel segreto di intensità emozionali e rivissuti nell'esaltazione del colore.
Immagini, le sue, come rapite ai sogni. Forme impaginate a volte in una drammatica dimensione esistenziale e narrate secondo una personale costruzione di atmosfere che si avvalorano o trascolorano nei ritmi tonali, attraverso il contrasto di inquietudini e serenità spirituali.
Confronti stilistici che si determinano in una sorta di illusioni prospettiche, in suggestive spazialità dove il salmastro divenire del mare si distilla nella metaforica quiete di un lago, o la passionale articolazione dei rossi scandisce il magico potere di simboliche figurazioni dipinte al massimo dell'effetto interpretativo.
E le sue vitali creazioni ci appaiono così nel profondo studio dell'umanità, inteso soprattutto come quotidiano racconto dell'evoluzione femminile, un'evoluzione fatta di grandi entusiasmi e di forti delusioni, di passioni e sofferenze, di generorisità e continue attese.
E' una pittura che diventa un puntuale dialogo con la voce dell'io e della memoria, che diventa storia delle proprie radici, della forza dei colori, della scoperta di un moderno linguaggio come diario dell'anima.
Anonimo delle 18.56, spero che sarai daccordo su questa analisi,,,fammi sapere....
scusa nishinkan,
RispondiEliminacosa hai capito? la mostra e' bella?
Caro anonimo/a, perdonami ma ho rinunciato da tempo alla pretesa di "capire" un'opera d'arte. Posso capire un postulato matematico, una indicazione stradale ma non un dipinto, una poesia, una scultura o una sinfonia musicale.
Scopo di un'opera d'arte è IMHO emozionare (anche negativamente, magari) e a "L'acchiatura" ci sono, secondo il mio parere, opere che certamente non passano inosservate. Ho avuto inoltre il piacere di scmbiare quattro parole con una delle artiste, giovanissima, e nonostante la sua scarsa predisposizione alla "esposizione mediatica" ed uno stile pittorico che non è tra i miei preferiti, le ho fatto i miei sinceri complimenti per la sua tecnica. Ragazzi, la mostra è gratis e a meno di non essere dei personaggioni superimpegnati, credo che qualche minuto lo si trovi per farci un salto e giudicare con i propri occhi e il proprio cuore; viceversa, poi non lamentiamoci che "a Grottaglie non si organizza mai niente"...
carlo
non c'è nulla da capire ragazzi, la lucy è parente di lilli, cosa volevate che scrivevano che fosse una cagata? alla faccia dell'informazione "pulita"...
RispondiEliminaIl solito o la solita che fa il bisognino fuori dal vaso..!
RispondiEliminaMai influenzato i colleghi nelle loro esposizioni giornalistiche, pensate nemmeno quando scrivevano per il mio giornale ZOOM, figuriamoci adesso...
la lucy è parente di lilli,......
RispondiEliminaho capito tutto
la lucy è parente di lilli,......
RispondiEliminaSiamo tutti pronipoti di Eva ed Adamo...
carlo
l'hai pensata tutta la notte questa frase cosi...intelligente?
RispondiEliminasei messo proprio male,,,cerca di provvedere Nishinkan
Sono quello che fà i bisognini "fuori" sigra d'amicis ho detto un'eresia che lei è imparentata con Lucy Carlucci, o me lo sono sognato stanotte? Se così non fosse, dobbiamo metterci a fare i "critici" con chi ci appartiene??
RispondiEliminaAnonimo ha detto...
RispondiEliminal'hai pensata tutta la notte questa frase cosi...intelligente?
sei messo proprio male,,,cerca di provvedere Nishinkan
Orsù anonimo, io mi firmo col nome, puoi anche usare quello al posto del mio nickname. Per quanto riguarda la frase che tanti ti fa sobbollire, affè mia, è sortita di getto; ma mi rendo conto che a certi minus habens cerebrali deve sembrare il frutto di un lungo parto meditativo.... leggere che certi personaggi dicono che sei messo male è un po' come sentirsi dare del delinquente da Totò Riina, quasi un complimento...
Buona vita, caro anonimo, e non preoccuparti, intelligenza e tolleranza non sono tutto nella vita, magari il buon Dio ti avrà dotato di altre qualità...
carlo
caro Nishinkan
RispondiEliminale cosa che mi fa ridere e' lo sciorinio di tutte queste frasi ad effetto senza conoscerle o saperne il significato...minus habens..non so se ridere o piangere..ma la liberta' e' anche questa e la accetto!Fa parte del gioco.
Lei si e' sentito urticato da quanto io ho detto? Lasci stare,,,,forse il Buon Dio le ha dato la supponenza, non certo la pazienza.
Se poi hai rinunciato da tempo alla pretesa di capire una opera d'arte, non vedo come tu abbia la pretesa o l'incongruenza di dire che una mostra e' bella o no..
questa e'...l'opposto dell'intelligenza di cui ritieni di avere gran copia.
Ma forse tu appartieni alla categoria dei potenti, quei potenti cosi messi in evidenza dal vecchio adagio grottagliese:tre so li putienti, lu rre, lu papa e ci nu capiscie niente.
Vajas con Dios....Nishinkan
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RispondiEliminaCome al solito valanghe di acredine e insinuazioni da lavandaie.
RispondiEliminaNon è il dire che Lucy è mia parente che offende è l'insinuare su ciò che è stato scritto su di lei e le sue opere sia stato dovuto alla parentela e quindi ad un mio presunto potere di far scrivere ciò che mi aggrada qui è l'errore e la malafede.
Quindi caro anonimo dalla mira cionfa si spertichi in altre dissertazioni, in quanto è inutile fatica.
Non sprechi così la sua bella intelligenza.
la ringrAZIO... per l'intelligenza,... detto da LEI... è una sinfonia... x il mio apparato uditivo.....
RispondiEliminaDare a Cesare...
RispondiEliminaio non ho ancora capito, scusatemi se sono come voi intelligentoni,,,,
RispondiEliminavorrei sapere:
questa carlucci e' parente di damicis...si o no?
Un si o un no
secondo me non c'e' da capire molto,,
RispondiEliminal'articolo lha fatto fatto un certo piccinni che scrive sul sito della damicis,quindi che volevate che scrivesse se non cose buone per carlucci che e' parente di damicis?
dico bene?
A lavare la testa all'asino si perde tempo e sapone!
RispondiEliminaaccettazzione, lilli specialmente quando emergono le "parentele"
RispondiEliminaAnonimo delle 21,27 del 14 marzo, solitamente evito le polemiche, in specie se ospite di altrui spazi, ma poiché - come affermava un poeta - dal letame nascono spesso bei fiori, faccio una eccezione e mi permetto di riprendere il tuo discorso per scusarmi con te, dopo essermi reso conto che abbiamo metri di giudizio sostanzialmente opposti.
RispondiEliminaQuanto sopra trova conferma IMHo in questa tua affermazione:
Se poi hai rinunciato da tempo alla pretesa di capire una opera d'arte, non vedo come tu abbia la pretesa o l'incongruenza di dire che una mostra e' bella o no..
questa e'...l'opposto dell'intelligenza di cui ritieni di avere gran copia.
dalla quale si evince che secondo te solo chi "capisce" una opera d'arte può dire se una esposizione è bella o no.
Vivaddio vorrei capire (si, capire) come si possa "capire" l'affresco della Cappella Sistina, il "Trovatore" di Verdi o una statua del Canova... vorrei capire cosa c'entra l'intelligenza col gusto estetico e la sensibilità nel godere del bello ma, ahimè, dubito che qualcuno potrà spiegarmelo.
Grazie per avermi evidenziato il tuo illuminante punto di vista.
carlo, ne re ne papa
p.s. quanto aveva ragione Pippo Baudo...
caro sig. Nishinkan ,
RispondiEliminanon sono l'anonimo a cui ti riferisci ma un'altra persona che legge ed interviene ogni tanto su questo post e voglio intervenire sulla questione:
te lo spiego io il concetto, cercando di essere molto chiaro.
Solo capendo un'opera d'arte o una lirica o un poema, si puo' esprimere un parere sentito e critico sulla stessa, quindi motivato.
In caso contrario, non capendo ovvero non impossessandosi di cio' di cui stiamo parlando(capire significa proprioquesto, etimologicamente) nessun giudizio e' possibile.
E' chiaro che questo capire non e' di tutti e non e' per tutti:ci vuole competenza,cultura e sensibilita'.Doti molto rare di questi tempi!
A te e' piaciuta la mostra? Bene,,Nessuno te lo puo' contestare, tantomeno io:questo non significa,purtuttavia,che i quadri di cui trattasi siano belli o che le pittrici siano artiste.
C'e' una enorme differenza tra artista ed artigiano: forse una altra volta ti spieghero' la differenza.
Lascia stare il sig. Baudo: speculando sul nazional popolare ha fatto i miliardi!
un saluto dal sole
Se di fronte ad una immagine io provo piacere a guardarla in quanto mi genera emozioni, non c'è bisogno che io capisca di arte, so solo che mi piace quell'opera.
RispondiEliminaPoi se qualcuno scrive bene o male di un'opera non mi rinzelo o vado in brodo di giuggiole a secondo se il giudizio è positivo o negativo.
Non entro mai nel merito di ciò che gli altri scrivono, posso condividere o meno, ma resta lì.
Quindi al solone che insiste su sue teorie macinate forse da studi o da letture serie, dico solo va bene ciò che lui scrive e contesta, ma accetti anche che ci possa essere qualcuno che non condivida e che il fatto della parentela è una soggettività che si vuole tirare in ballo a tutti i costi, giusto per fare casino e dimostrazione della propria esistenza in vita quanto mai contento delle proprie e delle altrui azioni.
Su con la vita!!!
non credo che tu ti riferisca a me, ore 21.50, dal momento che non ho contestato NULLA ma solo cercato(dico cercato) di spiegare.
RispondiEliminaSpero che in Italia si possa ancora fare,in maniera civile,garbata,seria ed ...educativa.
Si puo ancora fare?
RispondiEliminasto aspettando di sapere se si puo' ancora fare
RispondiEliminaTutto si può fare in Italia.
RispondiEliminaanche dire cazzate
RispondiEliminaSolo capendo un'opera d'arte o una lirica o un poema, si puo' esprimere un parere sentito e critico sulla stessa, quindi motivato.
RispondiEliminaCome detto il 13 marzo, io più che "capire" un opera d'arte, vedo se mi da emozione.
Questo è quanto.
Legittimo ovviamente che qualcuno possa scegliere altre strade per apprezzare un artefatto, come si sule dire: dalle pendici di un monte partono molti sentieri, ma tutti conducono alla vetta.
Apprezzo comunque lo sforzo si spiegazione e doverosamente ringrazio.
A ciascuno il suo.
ho colto..... una gran cagata.... esxazio il termine....
RispondiEliminaecco,ore 0.01, mancava il deficiente..arrivato!
RispondiEliminacaro nishingan,
RispondiEliminae io apprezzo la sua risposta al mio scritto.
Al contrario non apprezzo l'intervento di avvocati(sic) difensori di questioni che non sono proprie.
l'imputato si sa difendere meglio.......
un saluto
e dello stronzo delle 10.24 meglio nn commentare....
RispondiEliminaAnonimo ha detto...
RispondiEliminacaro nishingan,
e io apprezzo la sua risposta al mio scritto.
.. cut...
17 marzo 2008 10.30
Visto che la discussione è interessante, almeno per me, proporrei di svilupparla.
Cosa intenti per "capire" una opera d'arte?
Collocarla nel suo contesto sociale e temporale? Esaminare la tecnica e l'eventuale innovazione o adesione ai canoni vigenti all'epoca della realizzazione? Il rapporto tra questa e l'artista?
Elenco per sommi capi alcune delle condizioni che reputo interessanti per valutare una opera d'arte e contestualizzarla. Questa valutazione è per me una condizione "accessoria" (non necessaria e non sufficiente) ma che in qualche modo arricchisce e valorizza il giudizio estetico, aggiungendo sfumature e sfaccettature.
Devo dire che solitamente trovo più giovamento nell'affidarmi prima ad una valutazione estetica "di pancia" (attendonsi battute...) per poi passare agli approfondimenti "tecnici". Quando la ratio ha avuto la precedenza, spesso mi sono soffermato più sui dettagli tecnico-pratici che sulla emozione (positiva o negativa che sia) causata dall'opera stessa.
carlo
caro nishingan, mi fa piacere che la discussione ti prenda e ti rispondo con gusto,dato che e' una rgomento che ha preso,per studio e tempo, una non indifferente parte della mia mortale esistenza.
RispondiEliminaInizio dalla "considerazione dinamica del processo artistico” e mi soffermo sull’annosa questione del rapporto che intercorre tra l’immagine artistica e la realtà – una problematica accantonata da Croce e riproposta con forza negli scritti critici piu' moderni. È proprio nel tentativo di sciogliere questo nodo teorico, che io ho tracciato le coordinate della “teoria della creazione artistica”, individuando le due fasi del processo artistico: la costituzione d’oggetto e la formulazione d’immagine.
La prima locuzione indica la selezione che l’artista opera sull’immagine dell’oggetto per approdare ad un’immagine che «non è affatto un duplicato dell’oggetto, ma in cui l’oggetto è sostanza conoscitiva e figuratività» . In sintonia con l’epoché di Husserl,/fenomenologia/ la “costituzione” sull'opera d'arte richiede all’artista lo sforzo di separare l’oggetto dalla realtà in cui esso è immerso, di mettere tra parentesi l’esistenza dell’oggetto, per determinare l’arte come realtà pura.
Tale distinzione si definisce nella produzione successiva mentale e razionale come dicotomia lapalissiana tra flagranza e astanza, laddove la seconda sta a indicare l’irriducibilità dello spazio dell’opera d’arte allo spazio esistenziale, il suo carattere sensibile e intransitivo.
Solo in seguito a questo primo momento (“la costituzione”) si perviene alla fase successiva della creazione artistica, ossia la “formulazione d’immagine”, che vede l’opera farsi esterna e tradursi nel suo aspetto fisico-materiale.
La rappresentazione è quindi caratterizzata dal rapporto tra un elemento di opacità e uno di trasparenza, o con il registro di Hegel(idealismo edonistico) tra differenza e presenza.
Il che equivale a dire che l’opera d’arte, nel darsi nel mondo come oggetto concreto (come esistente), rivela la possibilità del suo darsi (la differenza), e denuncia così la sua irriducibilità al mondo stesso (il suo essere). Secondo me sono proprio le due fasi della creazione artistica (costituzione d’oggetto e formulazione d’immagine) a costituire lo “stile”.
Esso non si esaurisce in un semplice ricettario desumibile dai caratteri dell’opera formulata, ma accompagna l’intero processo formativo dell’opera. Nell’individualità dell’opera d’arte, nella sua forma, cogliamo qualcosa che non si lascia ridurre ad essa, e che tuttavia si radica proprio nei suoi elementi materiali. In questo senso lo stile ha a che fare con la dimensione dell’opacità che innerva di sé ogni forma-opera d’arte determinata.
Sono questi i nodi teorici che emergono guardando un'opera d'arte, dedicati allo sviluppo dell’estetica critica, volti ad analizzare le radici fenomenologiche che sottendono questo pensiero.
Su questo stesso sfondo problematico si colloca l’estetica dell’architettura . A differenza della pittura e della scultura l’architettura (così come la poesia e la musica) non si richiama a un modello esterno, ma a un bisogno pratico (che, proprio per questo, è irriducibile alla realtà pura). Tale peculiarità, invece di configurarsi come un limite della mia teoria estetologica, viene anzi intesa come un ulteriore tassello da aggiungere alla questione dell’immagine artistica. Con il caso peculiare dell’architettura, la definizione in genere dell’arte si arricchisce così di uno spessore poietico e pratico.
A questo punto una precisazione si fa necessaria: se la teoria estetica di si configura come un’indagine sul mondo della creazione artistica che prende le mosse dalla peculiarità di ogni singola arte (poesia, pittura, poesia, scultura, architettura, musica, teatro), ciò avviene non per delimitare i confini del territorio in esame, ma, piuttosto, per tentare di risalire, sull’occasione di questa o quell’attività, alle condizioni di possibilità dell’arte in genere. È in gioco uno sforzo di risalimento da ogni contesto determinato all’orizzonte teorico generale. Inevitabile è qui il riferimento alla lezione di Emilio Garroni che insieme ad Umberto Eco, è stato il mio interlocutore costante .
Questi sono solo alcuni dei luoghi teorici essenziali alla comprensione di un'opera d'arte e ho cercato di essere il piu' semplice possibile e il piu' stringato possibile.
Si evince chiaramante,caro mio interlocutore, che nessun processo di apprezzamento di un'opera d'arte puo' prescindere dalla criticita' e comprensione della medesima opera d'arte.
Ergo,....cultura,sensibilita',gusto estetico,sono gli elementi cardinali su cui poggiasi tutto il giudizio, sia esso positivo che negativo.
Michelangelo puo' piacere e non piacere, ma l'oggettivita' e la centralita' del giudizio epistemiologico e cartesiano determina la definizione di Michelangelo come artista sommo.
Si evince chiaramante,caro mio interlocutore, che nessun processo di apprezzamento di un'opera d'arte puo' prescindere dalla criticita' e comprensione della medesima opera d'arte.
RispondiEliminaGrazie della ricca ed interessante spiegazione.
carlo
La prima locuzione indica la selezione che l’artista opera sull’immagine dell’oggetto per approdare ad un’immagine che «non è affatto un duplicato dell’oggetto, ma in cui l’oggetto è sostanza conoscitiva e figuratività» . In sintonia con l’epoché di Husserl,/fenomenologia/ la “costituzione” sull'opera d'arte richiede all’artista lo sforzo di separare l’oggetto dalla realtà in cui esso è immerso, di mettere tra parentesi l’esistenza dell’oggetto, per determinare l’arte come realtà pura.
RispondiEliminaColgo fior da fiore alcuni interessanti spunti di riflessione dal corposo commento precedente.
Direi che possiamo estendere un erto tipo di analisi non solo all'oggetto artistico ma allo "oggetto" tout court.
In effetti, se da una parte un oggetto trova comprensione e compimento nella realtà che lo "giustifica" (un aratro direbbe poco o nulla ad un popolo di pescatori) dall'altra occorre certamente delimitare il campo di osservazione per meglio delimitare l'analisi.
A tutto ciò credo si aggiunga inoltre l'influenza osservatore/osservato e la inevitabile difficoltà di coincidenza tra ciò che l'oggetto è, quello che l'oggetto sembra, ciò che l'artista voleva esprimere e ciò che lo spettatore percepisce.
Sicuramente la parte da me citata rivela la sua "necessità" nell'esaminare la cosiddetta "arte moderna", poichè se noi guardassimo un tela tagliata di Fontana o una "scatoletta" di Piero Manzoni senza informazioni "accessorie", poco comprenderemmo della opera.
Dato che quanto detto ora sembra andare in contraddizione con quanto da me affermato in precedenza, credo sia il caso di chiarire meglio: Nel mio personalissimo caso, se una opera mi è sconosciuta e mi colpisce, scatta la curiosità di comprenderla ed informarmi, quindi in questo caso il primo "contatto" è emotivo, e poi razionale.
Ovviamente il secondo passaggio arricchisce e completa la prima impressione. In altre parole, un capo d'abbigliamento ci piace quando lo vediamo in vetrina, ma solo dopo averlo provato e "toccato con mano" decidiamo se acquistarlo o no.
carlo, to be continued...
Salva la sua liberta' di gestire l'opera d'arte come vuole, anche dal suo intervento si deduce, prepotente, la considerazione oggettiva ed inattaccabile che il razionale e' legato al giudizio,ergo alla critica(non poteva essere altrimenti) di qualsiasi manufatto umano.
RispondiEliminaMi congratulo con l'ideatrice di questo sito per il clima culturale non da tutti
RispondiEliminaA questo punto una precisazione si fa necessaria: se la teoria estetica di si configura come un’indagine sul mondo della creazione artistica che prende le mosse dalla peculiarità di ogni singola arte (poesia, pittura, poesia, scultura, architettura, musica, teatro), ciò avviene non per delimitare i confini del territorio in esame, ma, piuttosto, per tentare di risalire, sull’occasione di questa o quell’attività, alle condizioni di possibilità dell’arte in genere.
RispondiEliminaSi potrebbe dettagliare meglio cosa si intende per: "risalire alle condizioni di possibilità dell’arte in genere"?
Grazie in anticipo
carlo
Dettaglio meglio:
RispondiEliminaLocalizzare esattamente il ruolo che le opere d’arte svolgono nella nostra vita cognitiva non è semplice. Tuttavia, le opere d’arte sono essenzialmente legate alla nostra vita cognitiva, come tutti gli artefatti. Uno studio dei rapporti tra arte e cognizione è quindi una tappa obbligata per una comprensione dei fenomeni e degli artefatti artistici. Ci sono vari esiti possibili dello studio di questa interazione.
1. Lo studio degli artefatti artistici in quanto prodotti cognitivi può permetterci di accedere a meccanismi della mente che passano inosservati nella cognizione normale.
2. Lo studio dei meccanismi cognitivi che fanno da sfondo alle pratiche artistiche può permetterci di mettere a fuoco alcuni problemi filosofici, per esempio la questione della “definizione” dell’opera d’arte e delle sue “condizioni di identità”.
In questo articolo esplorerò un ulteriore problema, diverso e per alcuni aspetti più ambizioso da quello posto dalle opere d’arte come oggetti di studio cognitivo e filosofico,ossia la questione che in un certo senso precede l’esame di punti come 1 e 2 :
3. Lo studio delle attività cognitive permette di mettere a fuoco ed eventualmente risolvere il problema dell’unità del genere opera d’arte.
Do per scontato che esista il problema dell’unità del genere. Ovvero, che esista un’unità del genere e inoltre che questa sia problematica. A parte la chiara indicazione linguistica (“opera d’arte”), i nostri atteggiamenti nei confronti di sinfonie, opere architettoniche, film, quadri e sculture tendono a essere più simili tra loro di quanto non possano esserlo, poniamo, il nostro atteggiamento nei confronti di un quadro di Picasso e quello nei confronti di una foto della nostra famiglia. Ma questo è per l’appunto anche il problema: che cosa hanno in comune entità tanto diverse come un quadro di Picasso e una sinfonia, da dominare le molteplici e indubbiamente maggiori somiglianze tra il quadro e la foto di famiglia?
Possiamo esaminare due tipi di soluzioni, radicalmente opposte, entrambe basate sullo studio dei meccanismi cognitivi. La prima, che non verrà discussa in questa sede, è una soluzione “circoscritta” e fa ricorso all’idea che esista una facoltà o una pseudo facoltà artistica che viene attivata ogni volta che abbiamo a che fare con oggetti considerati opere d’arte. Questo spiegherebbe perché tali oggetti, per quanto disparati, finiscono col ricadere in un’unica categoria. La teoria dello “pseudo-modulo” sembra avere una certa capacità esplicativa pur facendo un’ipotesi ristretta.. Non entro nel merito della sua correttezza, e mi limito a presentare un’altra teoria, completamente differente, e molto più ampia. Quest’ipotesi situa gli artefatti artistici in una dinamica sociale. È il diventare elementi di tale dinamica che attribuisce agli artefatti la proprietà del tutto estrinseca di essere artistici. Fin qui, la teoria “ampia” non differisce da uno studio sociologico dell’arte. Aggiunge però una domanda fondamentale: come mai non tutti gli artefatti entrano in una dinamica sociale che li rende artistici? La spiegazione è che questa dinamica è sottoposta a vincoli cognitivi, e lo studio di tali vincoli può permettere di fare una predizione sulle proprietà degli artefatti artistici.
Una teoria sbagliata ma moto diffusa dell’arte
Per caratterizzare la seconda teoria, ampia, facciamo un breve passaggio nella zona delle cose che sembrano ovvie e che generano razionalizzazioni dubbie. Quando si parla di teorie cognitive applicate all’arte spesso non si ha mente molto altro che dei diagrammi: in un riquadro compare la mente dell’artista, in un altro la mente del fruitore, collegati da una freccia che al centro si allarga per far posto a un riquadro dedicato all’opera. (Potrei disegnare il diagramma qui sotto ma mi rifiuto per evitare di propagarlo ulteriormente.) Questi diagrammi razionalizzano o forse mettono solo in bella copia alcune intuizioni del senso comune su come funziona la cognizione e sul fatto che l’arte sarebbe un tipo di espressione. Attraverso l’opera, l’artista si esprimerebbe, e manderebbe un “messaggio” allo spettatore o all’ascoltatore. Un artista ha qualcosa da “dire”. E lo spettatore o l’ascoltatore deve “ricostruire” quello che l’artista “voleva dire”: il suo compito cognitivo è quello di un interprete che a partire dall’osservazione o dall’ascolto dell’opera e sulla base di sue conoscenze personali e di altri fattori di sfondo è in grado di “leggere” il messaggio dell’artista.
La teoria del messaggio è sicuramente una teoria cognitiva. Ma si trova di fronte a una serie di problemi. Il problema principale, quello che ci interessa, è che non spiega l’unità del genere “opera d’arte” pur nella diversità delle sue manifestazioni, a meno di attribuire alle opere architettoniche e alla danza il compito di veicolare messaggi. In modo collegato al primo problema, non spiega perché le opere d’arte sono amate anche da persone con poca conoscenza della storia dell’arte, perché sopravvivono al test del tempo (come è possibile amare opere di culture inaccessibili, il cui messaggio non è ricostruibile?), non spiega perché gli artisti amano parlare delle loro opere e vi appiccicano delle etichette (a che cosa servirebbero, dato che l’opera esprime già quello che vogliono dire?). Inoltre, dato che il mittente poteva non aver in mente nessun destinatario, o non si sa più quale fosse, si finisce con il perdere di vista il destinatario stesso. Al tempo stesso le intenzioni della maggior parte dei mittenti sono inaccessibili: vuoi perché gli artisti sono oggi defunti, vuoi perché nessuno è trasparente a se stesso e non è detto che gli artisti sappiano veramente che cosa volessero dire. Questo fa sì che l’opera, più che trasmettere le intenzioni inafferrabili di un artista, finisce a volte con il trovarsi incaricata di esprimere lo “spirito di un’epoca”. La teoria del messaggio non spiega, infine, perché l’artista abbia scelto questo modo del tutto inverosimile di inviare “messaggi”. Perché nascondere i messaggi in un veicolo che richiede tanto e tale lavoro da parte del destinatario del messaggio?
È indubbio che un qualche lavoro cognitivo vi sia. Ma non sembra plausibile che sia quello richiesto dalla teoria del messaggio.
Quest’ipotesi situa gli artefatti artistici in una dinamica sociale. È il diventare elementi di tale dinamica che attribuisce agli artefatti la proprietà del tutto estrinseca di essere artistici.
RispondiEliminaIl che spiegherebbe perchè anche un orinatoio o una forcella di bicicletta possono diventare "opere d'arte"...
Questo fa sì che l’opera, più che trasmettere le intenzioni inafferrabili di un artista, finisce a volte con il trovarsi incaricata di esprimere lo “spirito di un’epoca”.
A ciò aggiungerei che, con le dovute "cautele", una opera d'arte opera anche come una sorta di "specchio" che riflette ciò che il fruitore, in maniera più o meno consapevole, vi proietta...
Grazie per la ricca spiegazione, caro anonimo.
carlo
di nulla
RispondiEliminaun'opera d'arte e' una proiezione del se stesso, della sua cultura,della sua sensibilita', del suo bagaglio nozionistico:
RispondiEliminaa me, per esempio e tra gli altri piace moltissimo De Chrico anche perche' io sono un,,classicologo e classicofilo. Anche de Chirico amava i classici....