di Pierfranco Bruni
Le aste vanno
abolite. Cristo non è folclore. Devoto in Cristo e non nei limiti
dell’antropologia. Concordo con Monsignor Santoro
La Pasqua come coscienza Rivelante. Allora.
Riti, gare - aste e settima Santa a Taranto. Il
problema si pone e si pone seriamente sia sul piano etico sia su quello
religioso sia su quello “carismatico”. Chiedo scusa se usa, quasi
impropriamente, questo concetto a me molto caro, ovvero “carisma”.
Monsignor Filippo Santoro entra in questo processo di
riflessioni, a giusta ragione, attraverso due percorsi che hanno un loro
senso, soprattutto in questo particolare momento in cui la Chiesa è
attraversata da una discussione molto vivace e mi auguro che sia annunciatrice
di nuovi percorsi (lo dico con molta chiarezza: io che da anni mi considero
silonianamente un cristiano in Cristo, che vive la Croce e non la liturgia o
il rito, senza Chiesa, anzi senza “questa” chiesa e i miei articoli recenti,
come il libro su Giovanni Paolo II e il mio saggio su San Giuseppe Moscati o
su San Francesco di Paola lo testimoniano, condivisibili o meno).
Il primo percorso è quello prettamente religioso e
quindi cristiano. Bisogna rinnovare. Si rinnova non accettando ma
rivoluzionando. Il cristianesimo in Cristo è la vera rivoluzione
che si agita tra il dubbio e la verità e rivoluzionare significa
testimoniare e dare esempi.
Mons. Santoro offre testimonianza e ci “dona”
l’esempio non solo con la parola ma con un gesto. Bene. Concordo pienamente
con questa azione che ha il senso di una nuova trasmissione
di evangelizzazione. Il Cristo in Croce, la Passione e la Settima Santa sono
cristianità e non antropologia della religiosità. Già il concetto di “gara” mi
turba, senza voler entrare in altri ambiti che non toccano la mia sfera di
studio, proprio sul versante della cristianità, anzi del mio vivere Cristo
nelle eresie che mi inquietano. Gara è competizione. Cristo, metaforizzando il
tutto, può accettare il “rito” di una competizione anche in una
interpretazione antropologica?
Se questo gesto di Mons. Santoro ha una sua funzione
questa funzione è anche quella di portare la Chiesa Vangelo al centro della
comunità. Usciamo dalla Chiesa antropologia per appropriarci di una nuova
evangelizzazione. Puntiamo lo sguardo sul dono della cristianità e non sulle
“gare - aste”.
Ho scritto, di recente, che la Chiesa deve essere
processata e deve avere l’umiltà di chiedere perdono, dopo i recenti episodi
pre e post Benedetto XVI.
L’atto di Mons. Filippo è un grande gesto di
umanizzazione della cristocentricità ma anche definire una distinzione tra il
sacro che deve restare nella Chiesa Vangelo e il profano che è materialità
attraversata da una antropologia del quotidiano.
Proprio questo elemento tocca il secondo percorso, da
me menzionato, condividendo la posizione del Vescovo. Sulla base di che cosa
si giunge all’asta? Sulla base di un “terreno” religioso? Quindi si “usa” la
religiosità per mettere all’asta un processo che produrrà una tipologia
di processione e la Settimana dei riti.
C’è una differenza di fondo tra la Settimana Santa e
la Settimana dei Riti. Una differenza proprio sul merito antropologico e
sull’umanesimo della religiosità cristiana. La Settimana Santa è dentro il
vissuto di una nostalgia di Cristo nella comunità ed è il dato prioritario. Si
riporta nello sguardo della comunità il volto della santità
cristiana ed è una riflessione di fondo che si distacca completamente dal rito
che si intreccia in un vocabolario che è quello mitico, archetipico,
simbolico.
La Chiesa si spiega anche attraverso i simboli.
Certamente sì. Ma la distinzione è fondamentale. Io credo che è giusto vivere
i due momenti separati ma articolati in un humus
umanizzante. Ma la Chiesa ha la sua storia che è dentro la sacralità
dell’Evento.
Ogni festa ha i suoi riti e le sue gare - aste. Si
pensi alle culture primitive. Si pensi ai racconti pavesiani e demartiniani.
Ma il sacro non ha aste collegabili alla santità. Paolo parlava le lingue del
mondo e in ogni agorà trovava il giusto scavo per comprendere le comunità nel
segno di Cristo nella fede. Il sacro deve ritornare alla sacralità. Il profano
che si lega al sacro è altra cosa.
Questa Chiesa deve rinnovarsi e deve avere il coraggio
di fare delle scelte rigorose. Mi auguro che Mons. Filippo sia fortemente
autorevole perché soltanto nella fede in Cristo si potrà capire la differenza
tra la sacralità cristiana e il relativismo nel sacro. Sembrerebbe ambiguo
questo mio dire. Ma non è così. E lo dico da studioso che si scontra
costantemente con la teologia ma abbraccia quotidianamente la preghiera ai
piedi del Cristo morente.
Qualche giorno fa in una intervista Monsignor Rino
Fisichella (“Avvenire” 3 marzo 213) ha sottolineato con molto coraggio e
singolarità questo concetto: “… la Chiesa è anche popolo in cammino che ha ben
presente la sua missione e la sua meta. Sa quindi di avere alle spalle una
storia di santità e di amore, nonostante le infedeltà di alcuni cristiani, e
sa che in questo cammino deve coinvolgere gli uomini, le donne del nostro
tempo”. E poi ha aggiunto: “Io credo che realmente l’immediato della Chiesa
lasciatoci da Benedetto XVI sia la nuova evangelizzazione, da intraprendere
con fedeltà, entusiasmo e intelligenza.…”.
Un messaggio forte ma necessario soprattutto per
sconfiggere il relativismo di una cultura che sradica le eredità e
modella le secolarizzazioni. Nulla deve prescindere da Dio – Cristo.
E
in una città come Taranto bisogna che ci sia una motivazione profondamente
cristiana che rompa con realtà acquisite che sono sì dentro la storia di una
città stessa e forse anche dentro modelli di tradizioni ma sono distanti,
queste motivazioni cristiane, da una Fede – Carisma. Ritorno, dunque, sul
concetto della bellezza del Carisma.
Gare - Aste per la settimana Santa e cristianità! Sono
due mondi che si rivolgono a culture articolate. La Chiesa in Cristo può fare
a meno delle aste. La comunità ha sempre più bisogno del Cristo – Tradizione –
Vangelo. Forse solo così la Chiesa può trovare una nuova “devozione” senza il
rischio delle infedeltà.
Cristo non è cultura. È Fede, Mistero, è Grazia. Il
discorso sulle “gare” o aste non tocca questi aspetti. La Settimana Santa
deve essere una settimana di preghiera, di riflessione, di rinnovata
evangelizzazione. Le aste vanno abolite. Il turismo religioso è altra cosa
rispetto all'Attesa e alla Pietas.
La Chiesa di Mons. Filippo Santoro faccia delle
scelte, faccia capire le distinzioni, e con chiarezza dia il senso della
speranza cristiana in un’opera di evangelizzazione fuori da qualsiasi modello
antropologico. La Chiesa Cristo è una azione di fede. La Settimana Santa è una
preghiera dentro le culture, le Gare sono altra cosa. Lo dico con una profonda
consapevolezza. Da Cristiano. Da eretico alla Ernesto Buonaiuti. Da
missionario con le sue “ambiguità cristiane” alla Diego Fabbri ma senza
commettere “delitti” e accettare “castighi”. Il discorso resta complesso. Il
Concilio Vaticano II avrebbe bisogno di un ulteriore Concilio all'insegna
della Tradizione.
Sono con Lei Monsignor Santoro, senza alcun
smarrimento ma con la certezza che Cristo è fede e le gare sono elementi di
una antropologia altra. I Cristiani veri devono stringersi intorno alla Sua
parola e alle Sue Azioni! La Tradizione non è folclore. è riportare la Croce
nella Luce della
speranza.
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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis