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martedì 11 giugno 2013

Ricordo in una estate bergamasca




Ho avuto il privilegio di conoscere Mons.Loris Capovilla, ex segretario particolare di Papa Giovanni  XXIII , a Sotto il Monte (Bg), nell'estate del 2009. Nel breve colloquio di una ventina  di minuti  "carpito" con uno "stratagemma", mi hanno colpito due cose: la profonda dolcezza e compostezza che emanava dalla figura di questo minuto uomo  e l’immensa venerazione per quella del “Papa Buono”.La frase  che e’ scolpita nella mia mente e che mi disse  al momento di accomiatarmi, fu: ”Egli (il Papa) aveva il passo della gamba ben piu’ lungo del mio”.Cosa,quindi, dire di questo Pontefice capace di “fare” a braccio quel discorso meraviglioso,sia per immagini che per sostanza, passato alla Storia come “Discorso della luna”? Cosa aggiungere ad una figura simile, che ha operato una tale rivoluzione nella struttura  ecclesiale da essere paragonata allo sconvolgimento francescano del secolo XIII,  tesa al dialogo ecumenico con i "lontani" e i "separati" e al confronto con un mondo aperto a moderne prospettive politiche?
Queste poche righe sono, anche,  il frutto di quei ricordi in quell’incontro, speciale per  me a causa del personaggio che avevo di fronte e del Gigante di cui si stava parlando.“Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questospettacolo. Gli è che noi chiudiamo una grande giornata di pace; sì, di pace. Gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà.. Occorre ripetere questo augurio. Soprattutto quando possiamo notare che il raggio e la dolcezza del Signore ci uniscono e ci prendono, noi diciamo:Ecco, qui, un pregustamento di quella che dovrebb’essere la vita di sempre, di tutti i secoli, e della vita che ci attende per l’eternità»1. È questo uno squarcio della improvvisata allocuzione di Giovanni XXIII al popolo romano: la sera dell’inaugurazione del Concilio Vaticano II. L’enciclica Pacem in terris è nata allora; palpitava nelle migliaia di fiaccole sollevate da Piazza San Pietro verso la dimora del Padre”,cosi scrisse successivamente Mons.Capovilla,la memoria vivente del Papa.
“Come meravigliarsi che Giovanni XXIII, sollecitato dalla parola rivelata, assumesse in proprio,e per la sua chiesa, il compito profetico di predicare la pace «nel presente momento storico, in cui la Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini, e per lo più al di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento di disegni superiori ed inattesi?» La pace si indentificava con la sua fede, la sua speranza inespugnabile, la sua carità misericordiosa. Uomini di stato e diplomatici, non meno della gente da cui proveniva, rimanevano affascinati dalla sua affabilità e semplicità. All’istante capivano di trovarsi al cospetto di un «operatore di pace» . Su di lui i massimi responsabili dei due blocchi e dei paesi non allineati trovavano convergenza di giudizio.Egli non si arrogava titoli di maestro, di riformatore, di magico risolutore dei problemisollevati dalle drammatiche situazioni moderne. Contentandosi di assolvere il suo primo dovere dicatechizzare con amore, e poi l’altro di collocarsi accanto a tutti i suoi fratelli, che ascoltava edinterrogava, egli promuoveva senza dubbio un’azione comunitaria per sostenere, contro la psicosi della guerra, la inevitabilità della pace, ed invitava tutti, primieramente i cristiani e i credenti, a gettare su questo problema un sguardo nuovo. Mentre uomini, anche battezzati, erano come bloccati dalle disquisizioni circa la possibilità, la legittimità. l’eventualità, e la moralità della guerra moderna, il Papa mirava a convincerli ad avviarsi, liberi e consapevoli, alla conquista e dilatazione della giustizia sociale e della integrale promozione dell’uomo”.Il concilio ecumenico Vaticano II, opus maximum, paragonabile solo al Concilio Tridentino del 1545, fu un grande evento nella storia della Chiesa, e si svolse in nove sessioni e quattro periodi dal 1962 al 1965. Fu indetto da Giovanni XXIII, per cercare un nuovo linguaggio con cui diffondere il messaggio cristiano nel mondo, ma egli morì nel 1963 e il concilio fu concluso da Paolo VI. Si promulgarono quattro costituzioni, tre Dichiarazioni e nove Decreti, nei quali argomenti principali furono la missione salvifica della Chiesa nel mondo, la sua natura e la sua vocazione. Possiamo definirlo ecumenico a tutti gli effetti, perché parteciparono cardinali, patriarchi e vescovi cattolici provenienti da tutto il mondo, in modo che si potessero conoscere le esigenze delle chiese non solo di rito orientale, ma anche di quelle latino-americane e africane, e si cercasse di instaurare rapporti più stretti. Inoltre parteciparono, come osservatori, anche gli esponenti delle chiese ortodosse e protestanti. Gli obiettivi che si propose di raggiungere furono la definizione più precisa del concetto di Chiesa e il suo rinnovamento, l’unione di tutti i cristiani e il dialogo col mondo moderno.Nella costituzione Dei Verbum si conferì un ruolo primario alla Bibbia sia nella vita della Chiesa che in quella dei singoli fedeli, dunque si incoraggiarono la ricerca scientifica sui testi originali e le traduzioni nelle lingue moderne. Importante è la costituzione Lumen Gentium, dalla quale emerge la nozione di “popolo di Dio” e la definizione della Chiesa come sacramento di Cristo. Il popolo di Dio, che acquisisce più importanza, è guidato dal successore di Pietro, il papa, e dai successori degli Apostoli, i vescovi. Tra le principali riforme del concilio, quella della liturgia è la più evidente. Si abbandonò il latino e si eliminarono alcune parti del rito. Allora, ripercorrendo a ritroso alcuni decenni, mi immagino di incontrare uno studente di teologia chino sui rozzi banchi di un’improvvisata aula di caserma, mentre svolge il suo componimento d’italiano agli esami per la promozione a sergente: “La presa di Spoleto da parte delle truppe italiane (1860)”. E risento la voce melodiosa che a distanza di oltre sessant’anni commentava quell’episodio non senza una vena di humour: «Allo scritto me la cavai discretamente con i fatti d’arme di Spoleto. Ma nella esercitazione pratica, dovendo comandare l’attacco del mio plotone all’assalto, poco mancò che i soldati, se avessero fatto sul serio, si infilzassero l’uno l’altro… Decisamente il comando militare non mi era congeniale». Caro papa Giovanni! Sorridevate compiaciuto ai ricordi della vostra innocente giovinezza, e di questo vostro esame di sergente”.
Gli altari furono staccati dalle pareti e di conseguenza anche il sacerdote si spostò, e si rivolse verso i fedeli, mentre prima volgeva loro le spalle ed era voltato verso il crocifisso. Vi sembra poco? E’,semplicemente, “rivoluzione”!.A partire da Giovanni XXIII, la Chiesa subisce una sorta di evoluzione, aprendosi lentamente verso il mondo, soffermandosi sui problemi dell’umanità e cercando di portare il messaggio del Vangelo tra tutti i popoli, tentando di proporre soluzioni. La religione cattolica assume un carattere universale, misto a tolleranza, solidarietà, difesa dei diritti umani.Termino con l’ultimo ricordo di Mons.Capovilla:”
 N.B. Pensate un po’: Eletto come “ semplice figura di transizione” nella Chiesa,Giovanni XXIII e’ assurto alla medesima altezza  dei grandi Papi della Storia:Leone Magno, Gregorio Magno,Gregorio VII, Innocenzo III,  Pio V,Benedetto XIV,Pio IX,Leone XIII,Pio XII,Giovanni Paolo II.(Scusate se ne ho dimenticato qualcuno).


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