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martedì 21 gennaio 2014

Un "signore " in un paese di "cafoni".

Ciro Fanigliulo è stato certamente tra i personaggi più noti e rappresentativi della Grottaglie del XX secolo.Tale popolarità non fu semplice notorietà: Fanigliulo incarnò in se’ tanti tratti peculiari della civiltà e della tradizione locale, per cui i grottagliesi  si rispecchiarono in lui e, in maniera graduale ma continua,lo riconobbero come il proprio pittore, il pittore per antonomasia.Il nomignolo "milordo" lo aveva ereditato dal padre Cosimo, che veniva chiamato così, per la distinzione nel comportamento  e negli abiti indossati,nonostante fosse un contadino. E il pittore non venne mai meno a questa aristocratica distinzione, con un’accurata scelta del vestiario, con la predilezione per le giacche di velluto e cappelli a larghe falde,papillon al collo e pipa o sigaro in bocca,mantenendo un atteggiamento silenzioso e distaccato.
Nato nel 1881, quello di Fanigliulo fu un talento precoce che si manifestò già dagli anni dell’infanzia e della adolescenza,anche se i famigliari opposero una iniziale resistenza a queste inclinazioni artistiche. L’inizio del suo apprendistato artistico è  da collegarsi alla locale Scuola d’Arte dove era stato docente di disegno il pittore francavillese Nicola Sardiello. 
E proprio a lui il nostro si rivolse per ricevere i primi artistici insegnamenti.Sul retro di un acquerello realizzato in quel periodo Fanigliulo annotava: "fascicoli di disegno fatti il 1900 in Francavilla Fontana,sotto il prof. Sardiello, andando appiedi ogni giorno.Tempi tristi erano quelli”. Dichiarato abile alla visita di leva, il 23 marzo 1902 fu chiamato alle armi nel Regio Esercito e fu arruolato nella specialità del  genio di stanza a Torino. Rientrato a Grottaglie nel 1904, iniziò un sodalizio con Agesilao Flora, suo secondo maestro fino al 1915 e con il quale apprese l’arte della decorazione pittorica.Tra gli affreschi realizzai nei primi anni del 1900, vanno ricordati quelli della farmacia Cometa in piazza Risorgimento.
Nel 1908 sposò Giovanna D’Abramo nella chiesa Matrice  e il rito fu officiato dall’arciprete Petraroli, altro personaggio culturale della Grottaglie del tempo, casalinga e di sei anni più giovane. Fanigliulo visse esclusivamente di pittura in un paese che a quell’epoca vedeva le pareti domestiche adornate da grandi fotografie e da immagini sacre piuttosto che da dipinti e nel quale erano ancora pochissime le persone interessate,per censo e cultura, all’acquisto di quadri. Il 25 maggio veniva  richiamato alle armi e operò come soldato telegrafista in Trentino e poi in Alto Adige.
Finita la guerra e rientrato al paese natio, Fanigliulo riprese la vita ordinaria di pittore e impiantò  lo studio prima in via Ricciuti poi nella chiesa sconsacrata di San Giacomo Maggiore in via Quaranta nei pressi del Santuario di San Francesco de G.Quello studio fu un’autentica fucina di quadri e Fanigliulo vi lavorava anche 20 ore al giorno,con la fissa compagnia del suo cane e con quella più sporadica di qualche allievo.  I ritmi della sua produzione erano impressionanti e uscirono in quegli anni varie migliaia di dipinti.
Nella trama dei rapporti che il Milordo intesseva per la diffusione delle proprie opere,una figura di rilievo fu il ceramista grottagliese Ciro Ragusa, grazie al quale negli anni 30,non pochi dipinti del Fanigliulo  furono esposti e venduti in Giappone, nelle Filippine e in Albania.
Finita la II guerra mondiale, nel 1949 si trasferì con la famiglia nei pressi di largo Immacolata, in una casa di via Castello, alla confluenza con via Battista e via balestra,dove visse gli ultimi decenni della sua vita.Nelle vicinanze, precisamente in via Balestra,prese in fitto anche un altro locale ove negli ultimi tempi attrezzò  il suo studio.
Nel giugno del 1967 gli eventi precipitarono: Fanigliulo fu colpito da due ictus che gli provocarono un’emiplegia destra permanente e la perdita definitiva della parola.Tuttavia, non si arrese ed imparò  a dipingere con la mano sinistra: un modo per sentirsi ancora vivo e continuare a vivere.
La situazione durò  così per due anni e si avvio’ all’epilogo nella primavera del 1969 ,quando il nostro decise di non dormire più a letto ma di stare seduto su una poltrona di vimini dietro alla finestra per vedere la luce, quella luce che era stata un elemento fondamentale nei suoi dipinti.Trascorse così  gli ultimi 40 giorni della sua vita che si concluse il mattino del 20 maggio del 1969. Una folla enorme e commossa partecipò ai suoi funerali celebrati nella Chiesa Matrice: fu l’ultimo saluto della comunità  grottagliese al suo pittore più popolare.

NB: E’ chiaro che non ho “ parlato” della sua produzione perché, data la vastità, ci sarebbe voluto un trattato!

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