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martedì 26 febbraio 2013

Capire ed amare la Storia

La filosofia, intesa come amore per la conoscenza, ci insegna che la Storia e’ patrimonio di tutta l’umanità e ci aiuta a capire che la vita individuale e collettiva trascorre attraverso il tempo. Questo significa amare la conoscenza che essa racchiude, conoscere i fenomeni che si sviluppano attraverso il tempo, in sintesi voler sapere cosa è successo all’umanità attraverso il tempo. Possiamo per questo definire la Storia come memoria  dell’umanità e per lo stesso motivo gli antichi romani la definivano Maestra di Vita, una serie di scenari differenti di cui spesso ci sfuggono le finalità, che però capiamo quando le azioni si compiono e danno vita a degli effetti. Il contatto con il tempo e con la storia fanno emergere la coscienza. La storia ci parla di guerre, di amore, odio, infermità, crimini, di nascita, crescita, morte di civiltà di popoli
L’incontro con la storia ci trasforma perché ci permette di entrare in relazione con il passato per capire da dove veniamo, con il presente per capire chi siamo e qual è il nostro ruolo nella vita, nella società, con il futuro per capire cosa dovremo fare. La storia ci permette di capire che l’uomo di oggi non è un essere separato dall’uomo di ieri o di domani, perché il presente è il risultato del passato e il futuro del presente. Tutto questo è molto naturale perché si riferisce a una delle tante leggi della Natura, la legge di causa ed effetto o se si preferisce di azione e reazione. Esiste un detto popolare che dice chi semina raccoglie, questo significa che ciò che ognuno di noi semina raccoglie e se abbiamo seminato grano raccoglieremo grano e non mais e da questo verrà fuori un tipo di farina e non un’altra. La storia quindi è come un filo invisibile ad occhio nudo che unisce l’umanità e aiuta l’uomo ad evolversi ad ampliare la propria coscienza. Chi infatti studia la storia, o l’attento osservatore, sa riconoscere le cause e gli effetti. Non  distribuisce colpe o meriti ma ciò che cerca di fare è tirar fuori qualcosa di valido dall’esperienza vissuta anche se non in modo diretto ma raccogliendone gli effetti. Con la caduta dei regimi per esempio le statue che rappresentavano i dittatori vennero abbattute come a voler cancellare quel periodo storico. Non è cancellando che si fa storia, né recriminando, ma ricordando, migliorando, affermando ciò che di valido c’è stato, impegnandosi a non ripetere lo stesso errore.L'attualità non basta anzi serve ben poco se non è sostenuta da un patrimonio di cultura storica, patrimonio idoneo a fare da filtro non solo da punto di riferimento in ogni circostanza onde trarne considerazioni di un certo spessore e valide per trarne profitto morale per se e per la comunità tutta.
Questo vate per la storia vera e propria e per quella applicata alla letteratura, alla musica, all'arte in genere, alla sociologia e se vogliamo alla religione. Poiché occorre aver assimilato profondità spirituali, cultuali e culturali, comportamentali, rituali e pieni di sacralità, che vengono lontani,molto lontani nei secoli e nei millenni, e che pongono chi se ne fa carico Amico di DIO e conoscitore delle vicende umane.Non è possibile infatti una conoscenza dell'essere umano al di fuori della sua storia, delle differenze che si sono manifestate nel tempo e nello spazio al di fuori delle corrispondenze in epoche diverse e in società diverse.La tendenza moderna a trascurare la storia genera un impoverimento incredibile perché senza la conoscenza storica e senza lo spessore culturale della propria civiltà si incorre nel pericolo della formazione di specialisti incapaci poi di affrontare una realtà ancorché si presenta diversa dagli schemi previsti nei loro testi monocordi.Chi non ha assimilato la logica della storia può essere portato a immaginare che tutto può essere rapportato al presente e quindi chi ritiene che la conoscenza coincida con il presente rischia di dipendere dall'ultima teoria lanciata sul mercato.
Chi rifiuta il passato, chi dimentica il passato, chi crede di poter presuntuosamente fare a meno di quanto il passato ci ha trasmesso come sapienza del Cuore, orbene finisce inevitabilmente per soggiacere alla moda, schiavo dell'ultima moda come può esserlo la più frivola persona di questo mondo.Chi non conosce la storia rischia, ripetiamo, di diventare schiavo delle mode ed è per questo che occorre lanciare l'allarme per il diminuito interesse per lo studio della storia ciò che si riscontra purtroppo fra i giovani nella scuola dell'obbligo e in quella superiore.Occorre rilanciare l'importanza della Storia; si deve uscire nella scuola dalle storture propinate con disinvoltura e spesso con un perverso disegno di dissacrazione; liberarsi dall'atteggiamento del divertimento su ogni cosa; di un divertimento ad oltranza ed imboccare invece la strada giusta di una maggior rigorosità nel considerare la Storia come maestra di vita e come elemento della mente in ogni campo dello studio ed anche della nostra vita. La memoria storica ha valore, grande valore, in quanto è generativa, crea prospettive, produce speranza. La memoria senza speranza è ricordo cimiteriale; è accender lumini e portar fiori sulla tomba del caro estinto.Ai giovani purtroppo si dà normalmente, fin da piccoli, un concetto statico e disarticolato della storia. E' la storia fatta soprattutto se non esclusivamente di date, personaggi, obelischi, cupole, campanili, torri, necropoli. E' la storia consegnata alla codificazione di archivi, libri e musei. La storia come vita, come processo, come memoria generativa è per lo più negata ai giovani. Non che le due cose, i fatti e i processi, i personaggi e le relazioni, le necropoli e le culture vive, la memoria codificata e la memoria vitale, siano da separare. Anzi, sono come una cosa sola. E' il dominio sulla storia che le separa e, così disarticolate, le consegna alle giovani generazioni. Non c'è da meravigliarsi allora che tanti giovani rifiutino le radici e le fonti e si gettino nell'illusione vitalistica offerta a piene mani dal mercato.L'appuntamento con il duemila è ben più difficile di quanto molti, con molta irresponsabilità,vogliono far credere specialmente ai giovani, ed occorre giungervi bene attrezzati sotto il profilo culturale e la storia di tutto ciò è componente essenziale.Scriveva Polibio, storico greco: "per gli uomini non esiste altro strumento educativo più efficace della conoscenza delle vicende trascorse" in quanto "gli insegnamenti che si traggono dalla storia sono l'educazione e l'esercizio più efficace per l'azione politica e … il ricordo delle vicissitudini occorse agli altri é l'unico e il più chiaro maestro di come si possano affrontare con dignità i rovesci della sorte".
E Francesco De Gregori:

…La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.
E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano...








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Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà,
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Pierpaolo Pasolini
scrittore
ammazzato nel novembre del 1975

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