di Rosario Quaranta
L’interesse del grande studioso e maestro salentino verso
i poeti Giuseppe Battista e Donato Antonio D’Alessandro. La sua curiosità verso la storia, la ceramica e il brigante Don Ciro Annicchiarico
Viva commozione e cordoglio ha destato
la scomparsa di Mario Marti lo scorso 3 febbraio a Lecce, non solo nell’ambito
universitario e accademico, ma nell’intera società civile e culturale che, per
comune riconoscimento, perde uno degli studiosi e critici della letteratura
italiana più significativi del secolo scorso.
Un uomo che
con passione e impegno civile ha consacrato la sua lunga vita (avrebbe compiuto
101 anni nel prossimo maggio) alla cultura e allo studio imponendosi a
livello nazionale e dando lustro in particolare al Salento che ha
parimente valorizzato e privilegiato nelle sue ricerche ed iniziative
culturali.
Giustamente
il sindaco di Lecce Paolo Perrone ha ricordato che con lui “se ne va un pezzo
di storia di Lecce e del Salento” dal
momento che “Mario Marti ha dato tanto a questa terra imponendosi
all’attenzione nazionale quale letterato di primissimo ordine grazie al suo
grande spessore culturale; italianista illustre e apprezzato al di fuori dei
ristretti confini provinciali e regionali grazie anche alle sue sagaci
“incursioni” tra Dante, Leopardi e Boccaccio. Il suo impegno come studioso,
come educatore e come rettore emerito dell’Università del Salento, è stato
encomiabile e tenace”.
La sua
biografia e la sue vicende intellettuali e culturali sono note da tempo
potendosi leggere nei vari repertori biografici. Mi permetto soltanto di
riportare quanto egregiamente ha scritto Dino Levante nel suo puntuale servizio
apparso giovedì 5 febbraio su “La Gazzetta del Mezzogiorno”: “Nato a Cutrofiano
il 17 maggio del 1914 (sebbene venne dichiarato il 19) da genitori di Soleto,
allievo nel liceo classico «Pietro Colonna» di Galatina, ha studiato avendo per
insegnante Raffaele Spongano, uno dei grandi critici della letteratura italiana
del Novecento. Iscrittosi nel 1934 si è laureato alla Scuola Normale di Pisa
nel 1938 con una tesi su Leopardi (relatore Luigi Russo), poi pubblicata
dall'editore Sansoni nel 1944. Più tardi, di ruolo nei licei, ha insegnato
lettere italiane e latine a Galatina, al «Romagnosi» di Parma e al «Righi» di
Roma. Assistente straordinario di storia della lingua italiana nella facoltà di
Lettere alla «Sapienza» nella capitale con il noto linguista Alfredo
Schiaffino, libero docente di letteratura italiana nel 1934. Fondata la Libera
università salentina di Lecce nel 1956 fu docente per la stessa disciplina
nella facoltà di Lettere, diventando nel 1963 docente di ruolo. Ha ricoperto
tutti i gradi del cursus honorum: professore di ruolo, preside di facoltà,
direttore di dipartimento, rettore negli anni Settanta, professore emerito. Ha
fondato e diretto la «Biblioteca degli Scrittori Salentini» (oltre 20 volumi),
condirettore del «Giornale storico di letteratura italiana» di Torino, fu
socio ordinario dell'Arcadia, della commissione dei testi di lingua di Bologna
e di altri sodalizi accademici e scientifici in Italia e all'estero. Nel 1996
ha donato un notevole carteggio, di oltre duemila lettere, alla Biblioteca
comunale «Ugo Granafei» di Mesagne e nel 2003 un consistente fondo librario
alla Biblioteca dei padri Cistercensi di Martano. Ha scritto sulla «Voce del
Sud» di Ernesto Alvino e sul «Corriere del Giorno» di Taranto. Un mondo da
scoprire, lungo una vita, vissuta intensamente, cento anni”.
Il cortese Lettore si chiederà il perché di questo
titolo e il motivo per cui anche Grottaglie ricorda Mario Marti. Chi scrive ha
avuto la fortuna e l’onore non solo di conoscere, ma anche di godere della sua stima
e della sua amicizia fin dal 1990 attraverso Gino Rizzo (altro esimio studioso
e critico della letteratura italiana dell’ateneo leccese, prematuramente
scomparso). Questi, appunto su sollecitazione di Mario Marti, si stava
interessando al letterato grottagliese del Seicento Giuseppe Battista: un interesse
che si concretizzò con la pubblicazione di una poderosa ed esemplare monografia
inserita nella ricordata “Biblioteca degli Scrittori Salentini” fondata e
diretta proprio da Mario Marti.
 |
Mario Marti alla presentazione
della monografia su
Giuseppe Battista di Gino Rizzo.
Grottaglie, chiostro dei Paolotti (29 giugno 1991).
Da destra: Orazio Bianco, Gino Rizzo,
Roberto Burano, Mario Marti, Rosario Quaranta
|
Avevo avuto l’onore di ospitare Gino Rizzo per
comunicargli alcuni riferimenti documentali relativi alla biografia del
letterato barocco, ricevendone in cambio la sua preziosa amicizia che di lì a
poco si estese anche a Mario Marti. L’occasione fu appunto la presentazione (29
giugno 1991) del volume di Rizzo. Alla manifestazione, organizzata egregiamente
dal Lion’s Club grottagliese guidato
allora da Roberto Burano, e tenutasi nell’incantevole e affollatissimo chiostro
dei Paolotti, presero parte Mario Marti, Orazio Bianco, l’autore Gino Rizzo e,
minimo tra tutti, lo scrivente. Una serata indimenticabile e proverbiale al
punto che in molte occasioni tanto Rizzo, quanto Marti non mancavano di ricordarmela.
Ecco come lo stesso Marti l’ha di recente rievocata
nella sua Testimonianza per Gino Rizzo
inserita negli Atti del Convegno Nazionale di studi tenuto a Grottaglie in
occasione del quarto centenario della nascita del poeta Battista: “Sono molto
grato al caro amico prof. Rosario Quaranta per aver pensato anche a me in
questa importante manifestazione nella sua Grottaglie, in occasione del quarto
centenario della nascita del poeta grottagliese Giuseppe Battista; e del suo
invito, anche a nome del Comitato organizzatore a parteciparvi di persona. E io
- mi si creda in tutta sincerità - volentieri sarei intervenuto personalmente,
se la mia ormai notevolmente già avanzata età (sono da tempo nei 96, che
compirò, a Dio piacendo, fra qualche settimana, entrando nei 97) non mi
consigliasse e anzi mi costringesse ad esser prudente; o addirittura non mi
vietasse anche quei minimi disagi fisici, ai quali, quando si è giovani, non
solo non si presta alcuna attenzione, ma che anzi costituiscono allora il
gioioso e vantaggioso sale della vita. E certamente, per questa irripetibile
occasione sarei venuto ben volentieri a Grottaglie, sicuramente in
compagnia proprio di Gino Rizzo e del
caro Marco Leone, con la certezza di amichevole e festosa accoglienza; e di
rivivere, con Gino, se fosse ancora vivo,
il nostalgico ricordo di quella splendida serata, quasi vent'anni fa, che
trascorremmo tutti quanti insieme, sempre nel nome di Giuseppe Battista, nel
chiostro di San Francesco di Paola. E sarei venuto - lo ripeto - ben
volentieri...”.
 |
Mario Marti alla presentazione
del volume sul Prete Brigante
Don Ciro Annicchiarico.
Grottaglie, Auditorium
Istituto Statale d’Arte (26 ottobre 1991)
|
Gino Rizzo e Mario Marti ricambiarono generosamente qualche mese dopo
l’affettuosa e calorosa accoglienza avuta, tornando a Grottaglie (26 ottobre
1991) per presentare, nell’auditorium
dell’Istituto d’arte, il mio primo volume sul “Prete brigante”, l’affascinante
ed emblematico Don Ciro Annicchiarico che essi conoscevano bene per via della
cantata popolaresca di Leonardo Arcadio divulgata da Pietro Palumbo e ripresa
dal glottologo Ciro Santoro. Anche quella fu una serata memorabile,
impreziosita dalla loro parola e da quella di Giovanni Acquaviva fondatore del
“Corriere del Giorno” di Taranto che si onorava anche della firma prestigiosa
di Mario Marti, nonché dall’intervento
di Giovanni Cingolani, fondatore delle Edizioni del Grifo di Lecce.
 |
Il Prete Brigante
Ciro Annicchiarico
(1775-1818)
|
Nel discorso introduttivo di Marti, interrotto più
volte dagli applausi, non mancò una sua osservazione che meravigliò i presenti:
“... Devo dire che ho letto questo libro molto volentieri, con molto piacere,
godimento, interesse. La cosa che più mi ha colpito, devo dire la verità, è il
carattere sanguigno che i grottagliesi manifestano... Attraverso la storia di
Don Ciro Annicchiarico, di Papa Ggiru,
viene fuori una Grottaglie (e questo forse è il merito, o uno dei meriti del nostro
amico Quaranta) una Grottaglie sanguigna, non dico collerica; o meglio, sì,
collerica, ma nel senso in cui questa parola veniva usata dai filosofi e dagli scrittori
antichi del Duecento, del Trecento, per caratterizzare la vitalità di alcune
città... è il caso di Grottaglie e della sua viva partecipazione con le
divisioni interne anche nella storia e nella vicenda tragica di don Ciro
Annicchiarico...”.
L’anno successivo Mario Marti pubblicò, all’interno
della sua «Biblioteca degli Scrittori Salentini» il poderoso e importante volume:
“Scrittori Salentini di pietà tra Cinque e Settecento”, edito da Congedo (Galatina
1992). Qui per la prima volta e accanto a nomi più o meno noti di letterati
salentini (Diego da Lequile, Francesco Seclì, Bernardo da Brindisi, Bonaventura
da Lama, Fulgenzio Gemma, Giovanni Azzolini, Alessandro Arcudi e Ignazio della
Croce), egli presentò criticamente e rivalutò la figura e l’opera di un altro
grottagliese ingiustamente dimenticato, e cioè Donato Antonio D’Alessandro, più
noto come Fra Serafino dalle Grottaglie.
In tal modo, grazie a Mario Marti, anche questo letterato grottagliese
viene oggi meritatamente inserito in un
manipolo di scrittori di pietà che (come riportai nella lunga recensione
apparsa sul “Corriere del Giorno” di Taranto del 25 giugno 1992) ben
rappresentarono la cultura salentina in rapporto dialettico con l’Italia e l’Europa.
Qualche anno dopo (7 dicembre
1995), Marti recensì molto favorevolmente il mio volume “Grottaglie nel Tempo”
con un efficacissimo intervento nella sua “Compravendita di salentineria”, la
bella rubrica che egli teneva sulla pagina culturale del “Corriere del Giorno”
curata da Silvano Trevisani.
Ecco
come egli riuscì a intuire e a partecipare la sua sensazione di introdursi
nella cultura e nell’animo di Grottaglie:
“Prevengo la tua eventuale perplessità, amico lettore, e rispondo in
precedenza a un tuo possibile dubbio: come mai possa Grottaglie entrare in
questa bottega di salentineria.
Perché proprio di Grottaglie vorrei segnalare una magnifica pubblicazione
dovuta a Rosario Quaranta: «Grottaglie nel tempo. Vicende, arte, documenti», a
cura della Società di Storia patria per la Puglia - Sezione di Taranto
(«Quaderni di storia, archeologia, arte», 1995, pp. 312). Ebbene, andiamo subito
a leggere l'ultimo capitolo che l'Autore dedica alle antiche tradizioni; ed
ivi scorriamo i testi appena appena citati del D'Amuri: «'Na notte cchiù felice
e ffurtunata / mai no vitìu lu munnu...» (p. 281); oppure: «Casa piccènna, oh
paratisu beddu: / Maria, Giseppu cu llu Mmamminieddu...» (p. 182); o quegli
altri di G. V. Cofano: «Farina, acqua e sali / pi lli pettli di Natali, pi sta
allecri in armonia / tutti quanti in cumpagnia...». Non sembra neanche di
essere nella zona di confine linguistico tra Terra d'Otranto e Terra di Bari,
un confine che, fatalmente, continuerà a spostarsi verso il basso nei secoli
avvenire, per le stesse ragioni per le quali in tale direzione s'è già sensibilmente
spostato. Siamo invece proprio in casa;
o almeno, io mi sento proprio e ancora in casa mia. E tipicamente
salentino mi pare anche l'attaccamento affettuoso col quale Rosario Quaranta
parla della sua terra e ne illustra le vicende e i monumenti e gli aspetti
della vita comune...”.
 |
L’opuscolo illustrativo
di Grottaglie dedicato
ai ragazzi e alle ragazze (1999)
|
Nella
sua risaputa acribia riusciva così a percepire non soltanto gli aspetti, per
così dire, tecnici, di una precisa analisi sintetizzata nel giudizio (“un altro
prezioso tassello di significativa microstoria per una più ricca e veritiera
macrostoria”), ma ne sapeva valorizzare anche lo spirito e l’intento.
Analogamente fece anche nel recensire un altro mio
opuscolo divulgativo e illustrativo di Grottaglie riservato ai ragazzi. Marti,
con grande sensibilità culturale, riuscì a collegare la ceramica grottagliese
con quella di Cutrofiano, suo paese natale: “L’amore per la creta umida. Cutrofiano e Grottaglie”. In quella
recensione apparsa sulla “Voce del Sud” del 19 giugno 1999, tra l’altro, si
legge: “... Il filo rosso della ceramica
unisce, come in una sorta di gemellaggio, Cutrofiano e Grottaglie: l'amore per
la creta umida e viva da plasmare con le mani esperte e sapienti per tradurla
in manufatti utili alla casa, in terracotta, in ceramica, in maiolica, oppure
più semplicemente artistici e godibili agli occhi. Da Grottaglie m'è giunto un
fascicoletto di 34 pagine, in carta patinata, elegante, illustratissimo; è
dovuto a Rosario Quaranta, ed è intitolato: "Grottaglie. La città delle
Grotte e delle Ceramiche presentata ai ragazzi e alle ragazze", a carico
dell'Amministrazione Comunale. Dice il Sindaco nella "Presentazione":
"La storia di Grottaglie (...) è quasi sconosciuta alla maggior parte dei
grottagliesi", onde "la volontà di realizzare e pubblicare una breve
storia di Grottaglie dedicata innanzi tutto ai cittadini più importanti, ovvero
i ragazzi e le ragazze"(...). Naturalmente, Grottaglie si presenta con
l'amabile veste di "città delle ceramiche", amabile e forse anche
commercialmente produttiva, il che non guasta, ma si presenta anche in tutta la
sua aristocratica antichità. Il profilo tracciato da Rosario Quaranta è
godibile, essenziale, chiarissimo, si legge d'un fiato; anche perché egli è un
amoroso cultore di "storia patria", formatosi alla scuola di padre
Francesco Stea (cui ha dedicato studi di grande interesse), ed ha pubblicato
opere assai incisive sulla "città delle ceramiche", anche in
collaborazione con Padre Stea o con Silvano Trevisani...”.
Successivamente ho avuto modo di incontrare altre
volte a Lecce Mario Marti sia nelle riunioni del “Centro Studi Salentini”,
specialmente sotto la presidenza di Giovanni Invitto, e in qualche altra
sporadica occasione di carattere culturale.
 |
Giuseppe Battista (1610 – 1675) |
Mario Marti ha ultimamente onorato ancora Grottaglie e
il suo poeta Giuseppe Battista con la ricordata testimonianza per Gino Rizzo
offerta per il Convegno del 2010. Egli, anche se a distanza, seguì con viva partecipazione
l’organizzazione e lo svolgimento di quella manifestazione, come attestano le
molte sue lettere che conservo gelosamente, colme come sono non solo di tanta
sapienza e saggezza, ma anche di tanta delicata sensibilità umana.
Tra l’altro mi piace ricordare che in quella
circostanza egli si premurò, primo tra tutti, di inviare il suo finissimo intervento,
spiegandone con molta sincerità e schiettezza il motivo: “Caro amico Quaranta,
scusami se ti mando il mio contributo (qui accluso) per il convegno di maggio
con tanto anticipo. Capirai; per me, a 96 anni, ogni giorno che passa è una
piccola conquista; e quando prendo un impegno, ritengo opportuno assolverlo il
più presto possibile, per non venire meno, eventualmente (?), e per
comprensibili cause, superiori ad ogni volontà. Se vuoi, è anche un modo, una
forma di esorcizzare l’evento fatale (!). Spero che sia di tuo gusto e che ti
piaccia; e penso che sarai tu a leggerlo con la tua chiara voce e certo con
persuasiva intonazione, sicché possa toccare la mente di tutti, e mi auguro
anche un po’ il cuore”.
Aveva ben ragione a commendare la fatica di Rizzo per
Battista e, indirettamente, per Grottaglie; perciò così poteva concludere: “Un
volume di ben seicento pagine coerenti e meditate, senza mai dannose pause o
superflue edonistiche sbavature. C'è da esserne non solo pienamente
soddisfatti, ma anche sinceramente ammirati. Se i grottagliesi, che festeggiano
la ricorrenza centenaria di questo loro illustre concittadino, considerano quel
volume un dono fatto anche a loro, mediante uno studio così accurato e dotto di
quella ormai storica e storicizzata personalità, sappiano che si tratta di un
omaggio di alto pregio e di grande eccellenza. Così come lo è sicuramente già
per tutti quegli studiosi e quelle persone colte, che al grottagliese Giuseppe
Battista hanno già rivolto in qualche modo una loro interessata attenzione. O
gliela rivolgeranno in futuro, nuovamente incuriositi”.
E grande fu la sua gioia nel sapere, attraverso il
costante aggiornamento che gli faceva Marco Leone, della buona riuscita
dell’intera manifestazione, secondo i suoi desideri: “Leone mi ha fatto un
assai dettagliata relazione di tutto; e perciò che quelle mie paginette furono
lette da te, appunto come io desideravo, in modo encomiabile. Mi ha detto anche
che gli “Atti” usciranno molto presto. E allora, complimenti vivissimi, e
ancora “Grazie!” I più cari saluti dal tuo vecchio amico...”.
A questo grande, “vecchio amico” voglio dire anche io,
a nome pure di Grottaglie: “Grazie!”.
Nessun commento:
Posta un commento
blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis