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martedì 10 febbraio 2015

La Lingua Madre come Patrimonio internazionale delle Comunità

L’identità che si fa tradizione tra lingue perdute e lingue spezzate. 
Celebrazione il 21 febbraio

di Pierfranco Bruni

 Giornate Internazionale della Lingua Madre. 21 febbraio. Si parla di lingue, linguaggi, di parole. Le lingue costituiscono "anime senza confini e senza delimitazioni, sono riflessi dell'infinito" ha scritto Claude Hagége in un recente saggio dal titolo "Morte e rinascite delle lingue" (Feltrinelli). Le lingue, o la lingua in senso più generale, è patrimonio di civiltà, è il patrimonio identitario di un popolo. La letteratura è lingua. La lingua crea i vari linguaggi. Soprattutto nel Sud e in territori come la Puglia (Terre di frontiera o di confine con il mare) questa realtà si presenta con delle forti caratterizzazioni.

Hagège sottolinea ancora: "Le lingue non consentono solo di parlare o di scrivere per rappresentare, ben oltre la nostra scomparsa fisica, la nostra storia, ma la contengono. Tutti i filologi, o tutte le persone che nutrono curiosità per le lingue, sanno che in esse si depositano tesori che raccontano l'evoluzione della società e le avventure degli individui. La lingua è un patrimonio e come tale è un bene culturale non solo depositato ma soprattutto in costante divenire.
"Le espressioni idiomatiche, le parole composte hanno un passato che mette in scena personaggi viventi. La storia delle parole riflette quella delle idee. Se le società non muoiono non è solo grazie agli storici e ai narratori ufficiali, ma anche grazie al fatto che possiedono delle lingue, e dalle lingue sono narrate".
C'è un dibattito che trova le sue esplicazioni sia sul piano istituzionale che in termini di confronti tra culture. Un altro recente saggio di Gianfranco Bettetini dal titolo "Capirsi e sentirsi uguali. Sguardo sociosemiotico al multiculturalismo" (Bompiani) pone all'attenzione una questione che ha una forte valenza culturale. la lingua è dentro la storia culturale dei popoli. Su questo tema bene fa il Ministero per i beni e le attività culturali nel promuovere raccordi culturali con i Paesi Esteri. La letteratura e la promozione delle letterature sono modelli che veicolano civiltà.
La diversità linguistica è una ricchezza perché si apre a ventaglio una concezione che ci permette di organizzare una visione del mondo eterogenea. Oggi ci sono circa 5000 lingue in tutto il mondo. Di queste 600 vengono parlate da più di centomila parlanti, 500 sono frequentate da meno di cento persone. Il novanta per cento delle lingue del mondo viene parlato da circa il cinque per cento di tutta la popolazione del pianeta. Il 32 per cento delle lingue parlate si trovano in Asia, il 30 per cento in Africa, il 19 per cento nelle isole del Pacifico, il 15 per cento nelle Americhe e il 3 per cento in Europa.
La lingua, dunque, è una componente della diversità soprattutto in una Europa che non si allontana dalla sua reale storia mediterranea. I popoli si incontrano in un tempo che raccoglie le civiltà. E questo tempo non fa altro che restituirci memorie. Memorie che hanno ricostruito fatti in un raccordo con il quotidiano, con la realtà, con la vita stessa dei popoli. Le memorie che ci catturano oggi, pensando a quelle identità che si sono incrociate tra il mare e il deserto nel grande mistero che recita il Mediterraneo, sono destini che provengono da un radicamento che ha posto al centro l'uomo. Il punto centrale resta nella definizione di un progetto identitario che passi attraverso la conoscenza e l'educazione del patrimonio storico e culturale dell'Italia in quei Paesi in via di sviluppo. La presenza della storia e della cultura italiana ha una sua particolare importanza.
Proprio per questo è necessario intraprendere un rapporto che punti all'educazione alla conoscenza del patrimonio dei beni culturali italiani (con particolare riferimento a quelli che hanno un "radicamento" sul Mediterraneo). Un itinerario alla conoscenza da svilupparsi attraverso i riferimenti scolastici, gli istituti di cultura, gli organismi istituzionali e associatari. Deve riguardare con particolare evidenza gli italiani (e quelli di cultura italiana ed europea) che si trovano a vivere nei Paesi in via di sviluppo. Un rapporto che deve interessare le fasce scolastiche ma anche gli adulti, le famiglie e coloro che hanno interesse alla cultura e al patrimonio storico italiani.
Bisogna puntare a un progetto sull'educazione alla conoscenza del patrimonio storico e culturale intende aprirsi con una serie di interventi educativi che possono dare indicazioni sulla storia dell'Italia attraverso la sua cultura (dai beni archeologici all'editoria). Educazione alla cultura italiana ma anche valorizzazione di quelle testimonianze presenti in quei Paesi che rimandano alla cultura mediterranea - europea. L'identità Mediterranea deve restare al centro della visione del progetto. Un filo che deve legare il patrimonio materiale con il sentimento culturale. Una lettura della storia attraverso visioni immediate che permettono una lettura dei musei, delle biblioteche, dei centri storici.
L'Occidente e l'Oriente nell'Europa stessa non sono mondi separati l'uno dall'altro o l'uno nell'altro. In molte visioni della vita coincidono. Si integrano perché hanno in comune una dimensione geografica che è il Mediterraneo e che diventa dimensione spirituale dell'essere. C'è un valore trascendentale sul quale avvengono gli scontri che sono conflitti religiosi. I popoli vivono la loro durata su tre dimensioni. Quella spirituale (che è quella religiosa). Quella etica. Quella storica. Il senso di una appartenenza si definisce nel sentire di una civiltà. Che non è un sentire astratto ma si base su modelli culturali che si trasformano in modelli di comportamento. Gli usi e i costumi di un popolo, e quindi di una civiltà, la ritualità stessa sono comportamenti derivati da forme di appartenenza ad una radice storico - culturale.
L'Occidente e l'Oriente in Europa si scontrano su una visione che non è solo culturale tout court ma antropologica, filosofica. Anche il senso del divino assume valenze antropologiche perché la vera separazione dei due mondi si esterna nella rottura dei riti. La concezione della donna, per esempio, è una concezione centrale sia nella cultura occidentale che in quella orientale. Ma muta la funzione che si dà al ruolo della donna. Quindi il problema assume una spaccatura proprio sul piano antropologico perché su alcune linee il cui sentiero è tracciato sul valore della tradizione ci sono delle divaricazioni di fondo. L'Europa, in fondo, vive una contraddizione di Patrie. E la cerniera Mediterraneo gioca una partita il cui coinvolgimento sta alla base di una civiltà che ha radicamenti storici ben precisi.
La separazione religiosa e antropologica tra le due realtà storiche e culturali esisterà sempre e in questa separazione coesisteranno anche i raccordi, le vicinanze, gli sguardi che ci portano ad una nostalgia tra popoli. Il fatto che in questo momento diventa necessario è quello di allontanarci da qualsiasi strategia omologante sia per ciò che riguarda il mondo occidentale che quello orientale. Ma parlare di Oriente in Europa non significa solo parlare di Islam o di Paesi Arabi. L'Oriente è un crogiolo di civiltà che si tendono le mani e si allontanano.
Un Paese come l'Italia, che ha una storia all'interno del Mediterraneo ben diversa da altri Paesi che raccontano un raccordo necessario tra politica ed economia nel contesto europeo, deve non assentarsi da quelle diversità culturali che non hanno radici soltanto europee. La cultura è fondamentale. Anzi sulle diversità di fondo si deve poter riflettere essendo, ripeto, l'Italia un Paese che ha sempre storicamente intrattenuto legami con le culture del Mediterraneo. Le diversità o le non diversità sono, come già si diceva, sì modelli di vita ma sono anche costumi, tradizioni, letteratura, musica.
In questo senso sono convinto che la lingua (e con lingua indico una serie di esperienze non solo metaforiche ma anche espressive sul piano della condizione umana) resta una chiave di lettura fondamentale per catturare la testimonianza e lo spirito della diversità culturale in un continente come l'Europa. "…perdere una lingua significa privarsi dello strumento stesso mediante il quale una cultura si esprime più direttamente. E' una perdita grave per il mantenimento di una identità e per la forza simbolica che l'uso della lingua conferisce a quest'ultima" (Claude Hagége). La lingua rientra in quel rispetto di un patrimonio che crea confronti. E come tale non può che essere considerata un bene culturale. La lingua come patrimonio delle comunità.


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