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Giovanni Fattori - Tutt'Art@ (43) |
di Maria Beatrice Maranò
“Quando nel romanzo l’affinità e la coesione in ogni sua parte, sarà così completa che l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da se’, aver maturato ed essere sorta spontanea , come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto con il suo autore, alcuna macchia al peccato d’origine” ( L’amante di Gramigna da Vita dei Campi 1880 G. Verga). In queste parole è tutta contenuta la poetica verghiana dell’impersonalità dell’opera che deve sembrare “essersi fatta da se’”, e del rigore scientifico da cui l’opera deve nascere.
Volendo stabilire un parallelismo con il Manzoni, possiamo dire che mentre Don Lisander creò una poetica del vero come oggetto dell’interessante come mezzo dell’utile come scopo che rispecchia il rigorismo interiore e l’integrità morale, era cioè una scelta non solo poetica ma anche pratica, in Verga, invece, il discorso si pone in termini diversi; la sua formazione verista si sviluppa in seno ad un clima positivistico nell’ambito europeo ed in seno alla questione meridionale sul piano italiano.
Il positivismo e naturalismo francese di carattere da un lato sociale o sociologico, dall’altro evoluzionistico che mirava ad imporre il dominio dell’uomo sulla natura e a creare un sapere che avesse come fondamento le scienze naturali, mise le sue radici essenzialmente in Francia ed in Inghilterra dove lo sviluppo industriale di cui il positivismo è il riflesso ideologico, fu portato avanti grazie all’applicazione della scienza e della tecnica.
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Teofilo Patini 1840-1906 - Tutt'Art@ (1) |
Emil Zolà uno dei più eminenti rappresentanti del naturalismo ( risposta letteraria al positivismo) fu in un primo momento criticato dal De Sanctis che, in seguito, si renderà conto che la sua originalità consisteva proprio nel creare romanzi in laboratorio. Ereditarietà, ambiente , evoluzione : Erano queste le parole – chiave del naturalismo a queste poi nel verismo si aggiunge il regionalismo, cioè la consapevolezza della diversità dei dialetti, tradizioni, usi delle regioni italiane e quindi la mancanza di una realtà unitaria di popoli lingua e cultura. Ma determinante per la nascita del verismo, fu anche la questione meridionale che affondava, sul piano storico, le sue radici al tempo della creazione del latifondo nell’antica Roma e sul piano più propriamente politico, rappresentava la ricerca dei mezzi atti ad elevare il livello delle popolazioni meridionali.
Varie le cause che storici ed economisti hanno attribuito alla questione meridionale. Chi parlava delle terre del Sud, incapaci di fruttare, a causa delle variabili condizioni meteorologiche; chi dava importanza alle istituzioni feudali che per secoli avevano contribuito a far perdere la coscienza statale alle plebi meridionali vessate dall’autorità privata ; ma c’è da tenere in giusta considerazione anche la mancanza di un adeguato riformismo e la presenza di connivenze politiche a vari livelli elementi che in Sicilia, avevano già dato adito alla mafia e nelle altre regioni meridionali alla camorra e al brigantaggio. I contadini del sud, infatti a causa delle condizioni di miseria in cui versavano e delle vessazioni che erano costrette a sopportare ( miseria e vessazioni non temperate da una giusta educazione, compito questo cui avrebbe dovuto assolvere la Chiesa ) diventavano Briganti. Portavoce dei diseredati del Sud, fu appunto Verga.
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Filippo Palizzi (1818-1899) - Figurative realist italian painter |
La sua storia è come e più del Manzoni, storia di “ gente meccanica e di piccolo affare” di gente che soffre che vive da secoli in condizioni di inferiorità e di vessazione da parte della macchina del potere che macina il grano, fede, speranza e dignità umana. In lui c’è la consapevolezza che se questa umile gente, progredisce va verso la rovina.
C’è, infatti, l’accettazione dell’evoluzione ma soltanto come fenomeno che coinvolge l’intera umanità e non che promuove l’ascesa a livelli sociali, via via superiori del singolo,perché chi ci prova viene inghiottito dal mondo, “ da pesce vorace che egli è”. È proprio questa realtà, facendosi piccino “ chiudendo l’orizzonte tra due zolle” che Verga prende in considerazione, vivendo quella vita e rappresentandola come uno storico che non assolve ne condanna ma descrive!!!! Ma in questa rappresentazione egli si pone lontano sia dalla autobiografia dello “ Jacopo Ortis”, troppo implicato nelle vicende, sia dal narratore omniscente manzoniano che interpreta i sentimenti dei personaggi, esaminando tutte le complicazioni psicologiche, a cui nessuno dei protagonisti della vicenda manzoniana, con le sue parole sarebbe potuto risalire.
Verga , invece, fa parlare i suoi personaggi, affida la narrazione ad una “ voce” che si identifica con la coralità popolare. La scena in cui ‘Ntoni, tradito dal desiderio di migliorare, ritorna alla casa del Nespolo ma sente come solo amico il mare che non ha come lui, patria, o la scena finale in cui, seduto sul muricciolo, saluta la sua terra e aspetta l’alba che si incomincia ad intravedere tra le case ed i tetti, se confrontata con quella manzoniana dell’Addio ai Monti” di Lucia o dell’”Adda” fratello – amico - salvatore” che Renzo saluta, chiarisce il verismo verghiano. Manzoni attraverso la costruzione dei periodi dei tempi, le sensazioni auditive, visive, rappresenta i nodi psicologici che l’atteggiamento di Renzo e Lucia nascondono, i sentimenti sono filtrati attraverso l’elaborazione letteraria.
Invece in Verga tutto è visto attraverso gli occhi di “ Ntoni” e rappresentato come ‘Ntoni verbalmente l’avrebbe rappresentato. C’è in Verga l’uso del discorso indiretto, libero, il modo in cui i personaggi, rappresentano i loro sentimenti e le loro sensazioni non interrompe il discorso ma lo fa evolvere. Anche la lingua non è quella “ sciacquata “ nell’Arno, di Don Lisander ma è la lingua del popolo con proverbi, frasi fatte come quelle di Padron ‘Ntoni che “ alle conversazioni ci stava come un manico di scopa”.
Il sentimento verghiano si sviluppa nelle sue opere, sul fondamento dell’accettazione dolorosa della realtà immutabile, né è presente la manzoniana luce della Provvidenza. In Manzoni, con la scenda dell’Adda, si concretizza quella che, nell’”Addio ai Monti”, era solo una speranza. Anche Renzo si rende conto di essere con Lucia, sotto l’ala di Dio. La preghiera finale di Renzo è il segno di una riconquista del suo spirito, ma anche della sua carne. Egli si abbandona fiducioso nelle mani della Provvidenza e sente la sua coscienza purificata. Dio, egli dice “ c’e’ anche per noi “.
La religione verghiana , invece, è ben diversa cosa, è una religione primitiva che perciò non dà consolazione. È una religione elementare del vivere che, si risolve in alcuni principi e convinzioni che non devono subire ombra di incrinatura : l’amore della cosa, “ la roba” avente un valore etico, sociale ed economico, una sorta di culto della proprietà a cui il Reverendo, come Don Abbondonio, è legato, l’amore familiare, la santità degli affetti domestici, il rispetto per la donna, per la legge e per gli ordini costituiti.
Su tutto e su tutti, però c’è la patina della pietas che in Manzoni è religiosa e speranzosa per un avvenire migliore, in Verga è desolazione, virilmente sentita a causa del persistere inesorabile della legge del patire. Così come in Manzoni, anche in Verga ( indirettamente) ci sono due tipi di ingiustizia, una frutto dei tempi e delle circostanze , capace di produrre solo indignazione, l’altra che “può essere veduta solo da coloro che la commettono , da coloro che non sanno quello che fanno perché non vogliono saperlo.” Ingiustizia tacita come quella che subiscono Gertrude e Lia entrambe in modo diverso, vittime di un’educazione sbagliata, di una soppressione della libertà che può essere strozzata in tanti modi e maniere. Proprio questa presa di coscienza di un “ male di vivere” che esiste ed esisterà sempre, anche se in Manzoni tende all’ottimismo ( la figura di Fra Cristoforo lo testimonia) ed in Verga all’immobilismo, fanno delle opere di entrambi, per usare una frase di Stendhal, lo specchio in cui ogni società, può vedersi rispecchiata con tutti i suoi mali , le sue brutture ed a volte anche i sui pregi. In entrambi c’è in fondo in modo diverso, più evidente in Manzoni ,meno in Verga, l’esortazione a battere alle porte della speranza, se nella vita si incontreranno, difficoltà, ansie, problemi, drammi.
Lei, la speranza, ci aprirà? Ieri come oggi, oggi come ieri ….cronache che ci riportano assurde notizie relative a numeri imprecisati di bambini uccisi, torturati, violentati, in alcuni casi sepolti vivi, decapitati e crocifissi…e scrivo solo bambini per riferirmi al peggior crimine che si possa commettere, quello contro creature indifese ….Lei la speranza ci aprirà la sua porta ?
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