
Duecentoquaranta voci. Duecentoquaranta voci provenienti da
un piccolo cimitero di un villaggio immaginario attraversato dal fiume Spoon,
nell’Illinois. Sotto le lapidi, sparse fra il verde della collina,” dormono,
dormono, dormono” i morti dell’Antologia di Spoon River.E’ il 1914 quando Edgar
Lee Masters scrive a poco a poco le sue poesie in forma di epitaffio, per
raccontare le storie del suo villaggio. Dopo la prima pubblicazione sul
giornale di St. Louis, il poeta, affamato di storie di vita, comincia a
scrivere senza sosta sui menù dei ristoranti, sui giornali, sui rovesci delle
buste. Così nacque l’Antologia di Spoon River, la raccolta di duecentoquaranta poesie,
che chiunque in America sapesse leggere, almeno una volta, l’aveva letta. Edgar
Lee Masters immagina un villaggio, una collina, ed un cimitero. Resuscita le
anime e come un maestro d’orchestra dirige i morti, donando voce ad ognuno di
essi per svelare la loro umile vita.
Così egli riscopre l’uomo medio nascosto
dietro l’idillio americano, schiacciato dal mito del capitalismo, oscurato
dalle luci sfavillanti delle grandi città, interrato dall’eroismo dei militari
e dell’epicità della guerra. Lee Masters racconta la vita quotidiana di un
villaggio qualunque, inventato,immaginato, aprendo le porte ad un microcosmo
reale, autentico, paese di tutti gli uomini, ma celato dal fasto della grande
America. Sì, perchè nel sogno americano non c’è spazio per la miseria, per la
povertà, per la crisi sociale. Nel sogno americano si erge la magnificenza
delle costruzioni, si crede nella potenza della macchina, si decanta la
moralità degli uomini rispettabili. Nel sogno americano le imponenti città non
hanno fogne e non c’è spazio per i minatori, per i bassifondi, per i peccatori.
Così il poeta , con duecentoquaranta voci, toglie il velo di Maya rivelando la
realtà della sua finzione, nonchè la finzione di questa realtà. sulla collina. Come
accennavo all'inizio, Spoon River è un luogo solo in parte immaginario, nato
dalla commistione di due cittadine dell'Illinois nelle quali Masters era
cresciuto: prima Petersburg e poi Lewistown, a circa 5 miglia dal fiume Spoon.
Molti dei personaggi dell'Antologia sono ispirati ad abitanti reali di questi
paesi, mentre altri provengono dalle sue esperienze di avvocato a Chicago, e
altri ancora sono immaginari. Talvolta le vite dei personaggi si intrecciano e
la stessa vicenda umana è raccontata da più punti di vista, come nel caso dei
coniugi Pantier e del fallimento del loro matrimonio. La somma di queste storie
individuali fornisce un quadro poco edificante della comunità, nella quale
sembrano predominare corruzione, invidia, infedeltà, disonestà e ipocrisia,
distruggendo l'immagine pastorale della vita di provincia e suscitando scandalo
al tempo della prima pubblicazione.

Tuttavia, accanto alla denuncia, si coglie
anche una umanità dolente, evocata con il pathos della solitudine, della
debolezza, dell'alienazione e della frustrazione. E ancora, vi si trovano
figure esemplari per moralità e onestà, solitamente rappresentanti di un mondo
di pionieri ed eroi ormai irrimediabilmente perduto. Accanto al Masters
iconoclasta e fustigatore dei costumi, esiste dunque un Masters idealista e
cantore del passato dell'America, di un mito pastorale ed edenico che sta alle
sue radici più profonde. “Ottant’anni, una
vita passata a inseguire la poesia e, dopo averla incontrata per una breve e
felice stagione, a rimpiangerla, a cercare con accanimento di ritrovarla. Edgar
Lee Masters è l’uomo di un solo straordinario libro, con il passare del tempo
amato più all’estero che in patria”. Ecco quanto si legge nella prefazione
all’edizione Mondadori dell’Antologia di
Spoon River, capolavoro letterario che l’autore scrisse all’età di
quarantacinque anni, tra il maggio del 1914 e i primissimi giorni di gennaio
del 1915. In Italia l’Antologia di Spoon River fu scoperta da Cesare
Pavese e tradotta per la prima volta da Fernanda Pivano nel 1943, nel pieno
della guerra. “Era superproibito quel libro in Italia. Parlava della pace,
contro la guerra, contro il capitalismo, contro in generale tutta la carica del
convenzionalismo. Era tutto quello che il governo non ci permetteva di pensare
[...], e mi hanno messo in prigione e sono molto contenta di averlo fatto. […]
Perchè per noi che eravamo giovani allora Spoon River significava molte cose:
la schiettezza, la fede nella verità, l’orrore delle sovrastrutture. Forse
significava amore per la poesia; certo significava amore per quella poesia”.
P.S. Da questo libro, Fabrizio
De Andrè, altra monumentale figura di poeta, ha tratto ispirazione per uno dei
suoi dischi migliori, intitolato Non al
denaro, non all’amore né al cielo. Disse l'immenso Fabrizio in una intervista:
« Avrò avuto diciott'anni quando ho letto Spoon River.
Mi era piaciuto, forse perché in quei personaggi trovavo qualcosa di
me. Nel disco si parla di vizi e virtù: è chiaro che la virtù mi
interessa di meno, perché non va migliorata. Invece il vizio lo si può
migliorare: solo così un discorso può essere produttivo. »Si puo' aggiungere altro?
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