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mercoledì 15 febbraio 2012

"Uomo del mio tempo"

Non solo Afghanistan, Iraq e Palestina, le guerre mediatiche, ma anche Sierra Leone, Liberia, Somalia, Congo, Uganda, Ruanda, Sudan, Kashmir, Timor Est, Sri Lanka, Colombia, Tagikistan, Cecenia, Daghestan, Azerbaijan. L’elenco è certamente in difetto. Questo quadro degli attuali conflitti nel mondo è preoccupante, soprattutto se si pensa che non si lavora abbastanza per la pace. Mai come oggi il termine pace rimane solo suono di parole, specialmente di fronte a tanti conflitti, purtroppo, dimenticati.


 J.F.Kennedy si rivolgeva ai suoi contemporanei cosi: :«… a quelle nazioni che potrebbero divenire nostre avversarie, offriamo le richieste di iniziare la ricerca della pace. Insieme scopriamo i problemi che ci uniscono, anziché dibattere quelli che ci dividono. Esploriamo insieme le stelle, conquistiamo i deserti, debelliamo le malattie, scrutiamo le profondità degli oceani al fine di creare un nuovo modo di vita, destinato a dare all’uomo piena libertà poi pace…».Tutti possono essere Abele come tutti possono essere Caino. Noi dimostriamo purtroppo di essere dalla parte di Caino.
Oggi, nell’anno del Signore 2012, mi sembra attualissima una poesia di un poeta a me tanto caro quanto dimenticato dai media,un premio nobel per la  letteratura (1959), esponente di spicco di quel movimento letterario che tanto ha inciso sul percorso storico  della nostra letteratura,l’Ermetismo.
Il poeta è  Salvatore  Quasimodo, nato Modica il  20 agosto 1901  e morto a Napoli il  14 giugno 1968.  Il componimento è “Uomo del mio tempo”, ultima lirica di Giorno dopo giorno (1946).

La lirica è  in versi liberi e  analizza la violenza senza limiti dell’uomo. Quello della pietra e della fionda,dell’arco e della lancia: l’uomo primitivo, che si serviva di rudimentali  pietre scagliate da fionde per uccidere. Sono mutati i mezzi che l’uomo ha inventato e creato per recare ai suoi simili la morte, ma il suo spirito crudele e sanguinario non è cambiato. La civiltà gli ha fornito strumenti sempre più agghiaccianti,complicati,asettici,efficaci per manifestarsi.
…….Eri nella carlinga…di morte: eri nella cabina di pilotaggio di un bombardiere, le cui ali erano fornite di armi di morte e le cui strumentazioni di bordo dovevano stabilire in quale momento esatto dare inizio allo sterminio sganciando l’esplosivo.

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

La composizione della lirica è immediatamente susseguente alla fine della II guerra mondiale, la guerra più cruenta nella storia dell’umanità, le cui vittime assommano, secondo alcuni calcoli,a circa 71 milioni. Non dimentichiamo, neppure, l’eco della bomba atomica sganciata dagli USA  sul Giappone, a Hiroshima e Nagasaki.

«E’ un implacabile atto d’accusa contro la ferocia – bestiale e razionale ad un tempo – a cui si sono abbandonati gli uomini nella seconda guerra mondiale. Agli occhi del poeta appare un’umanità mostruosa che inizia il suo cammino con il più belluino dei suoi gesti: il fratricidio. Non solo non è mutato nulla da allora, ma l’uomo ha mirato a perfezionare sempre di più le armi dello sterminio; ha rivestito la guerra di ideali, legittimando perfino gli assassini. La cosiddetta “civiltà”, quindi, invece di rendere gli uomini più buoni, li lasciò fermi nei loro istinti di primitivi, di uomini-belva, alla barbarie di Caino. Ma le nuove generazioni devono ora avere il coraggio di vergognarsi dei loro padri e di dimenticarli, piuttosto che vergognarsi di essere uomini, e devono sostituire, finalmente la legge di Caino con quella di Cristo». (A. Frattini, ).

È l’uomo che a distanza di tanti secoli è rimasto uguale a se stesso: primitivo, ferino, bestiale, crudele, istintivo, irriflessivo, selvaggio, spietato, al pari di quando per uccidere si serviva di strumenti approssimativi. Il progresso della civiltà non è servito a farne un uomo migliore e oggi si costruiscono armi sempre più intelligenti, destinate alla distruzione di interi popoli.
Ogni verso scorre veloce fino al termine. Le parole sono  comuni ma sono costruite su molte figure retoriche – sinestesia, analogia, metafore, apostrofe –, su richiami biblici e su richiami storici che innalzano la poesia a un linguaggio poetico efficace e tagliente.
Voglio,infine, richiamare l’attenzione sull’eleganza e il classicismo delle costruzioni  delle frasi,  sia paratattiche che ipotattiche,ovvero coordinate e subordinate.E non poteva essere diversamente: Quasimodo è stato uno dei traduttori più fini  e mirabili dei Lirici Greci e la sua traduzione,ben presto è stata vista da tutti i critici come “capolavoro d'interpretazione”.

Auguriamoci una società migliore: lo stesso Quasimodo sarebbe felicissimo di essere smentito!

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