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martedì 5 giugno 2012

Un demagogo o un eroe:Tommaso Aniello



In questo periodo in cui parole e frasi vengono gettate in pasto al vento senza che vi sia coscienza di ciò che si dice e/o comprensione di cio’ che si scrive (populismo, antipolitica, uomo qualunque ecc. le parole più gettonate), credo che sia opportuno e giusto soffermarci su questo personaggio che è  passato alla Storia, forse per cio’ che non era. Masaniello ha combattuto contro il vento e non ha potuto fermare “ il fiume che scorre verso il mare”: se ci riflettiamo bene, sono pochi quelli che lo hanno saputo fare (al momento ricordo solo  Vladimir Il'ič Ul'janov,meglio conosciuto come Lenin). Naturalmente, il tutto, nella “mia molto modesta dimensione”, dedicato a quei politici strombazzanti che hanno dimenticato o non hanno mai conosciuto il vero significato della politica, nobile attività  al servizio del cittadino.
Tommaso Aniello d’Amalfi (il nomignolo di Masaniello gli fu dato da piccolo, contrazione di Maso, diminutivo di Tommaso, e di Aniello) era un giovane di bell’aspetto, non troppo alto ma con uno sguardo intenso, carnagione abbronzata, capelli castani e un paio di baffetti che diversi contemporanei dicevano biondi.
Figlio di Antonia Gargano e Francesco d’Amalfi, nacque a Napoli il 29 giugno 1620 in una stanza posta in Vico Rotto, una stradina intorno a piazza Mercato. Masaniello vestiva sempre con abiti da semplice pescivendolo: camicia e calzoni di tela, cappello rosso alla marinara e camminava sempre scalzo. Di lui si conservano molte rappresentazioni pittoriche (a volte discordanti ) opera di famosi pittori napoletani contemporanei quali Aniello Falcone, Salvator Rosa, Micco Spadaro e Andrea di Leone, appartenenti alla cosiddetta "Compagnia della Morte", che prese questo nome perché Aniello Falcone giurò di vendicare un amico ucciso da un soldato spagnolo uccidendo tutti gli spagnoli presenti in città. Alcune delle opere sopravvissute sono conservate nel Museo di San Martino a Napoli. Napoli era all'epoca, con circa 350.000 abitanti, una delle metropoli più popolose d'Europa; e piazza del Mercato, nei cui dintorni Masaniello trascorse tutta la sua vita, ne era il centro nevralgico. Ospitava bancarelle che vendevano ogni sorta di merce, palchi da cui i saltimbanchi si esibivano per i popolani, ed era, come ai tempi di Corradino di Svevia, il luogo preposto alle esecuzioni capitali. Essendo il principale centro di commercio della città, in piazza aveva luogo la riscossione delle imposte da parte degli arrendatori (gabellieri) al servizio del governo spagnolo. Ed è stato proprio qui che al grido “Viva il re di Spagna, mora il malgoverno” che Masaniello diede vita a quel moto rivoluzionario, che ebbe il merito di mettere seriamente in difficoltà l’allora viceré di Napoli, Rodrigo Ponce de León, duca d'Arcos, che governava per conto del re di Spagna, Filippo IV. I napoletani erano indiscutibilmente fedeli al sovrano spagnolo ma avevano in odio i suoi cattivi ministri.
Il 7 luglio 1647 gli ortolani giunsero nella piazza del Mercato coi loro carretti di frutta e si rifiutarono di pagare la gabella, l’ennesima, introdotta dal duca d’Arcois. Ne nacque subito una rappresaglia. A calmare gli animi intervenne Andrea Naclerio, rappresentante, corrotto, del popolo, che si schierò dalla parte dei gabellieri. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Masaniello incitò il popolo alla rivolta e tutti insieme aggredirono gli arrendatori, assaltarono i loro uffici e si radunarono tutti sotto il palazzo del viceré, chiedendo l’abolizione di tutte le gabelle. Nei giorni successivi il viceré si vide costretto a dare sempre maggiori concessioni al popolo per opera di Masaniello. Grandi momenti di gloria ebbero coloro che erano vicini a Masaniello. Lo stesso pescatore venne nominato Capitano generale del fedelissimo popolo napoletano. Da quel momento in poi il giovane iniziò così a frequentare la corte spagnola e fu coperto di onori dai nobili e dallo stesso duca d'Arcos. I suoi abiti non erano più quelli di un pescivendolo ma quelli di un nobiluomo, e sotto la sua casa a Vico Rotto venne eretto un palco dal quale poteva legiferare a suo piacimento in nome del re di Spagna. Fu più volte ricevuto a Palazzo Reale con la moglie Bernardina. Quest’ultima, in uno di questi incontri, a tu per tu con la viceregina esordì dicendo:"Vostra eccellenza è la viceregina delle signore, io sono la viceregina del popolo".Una volta ottenuti i risultati sperati il potere di Masaniello non avrebbe avuto più ragione di esistere: ma lui non ne volle sapere, iniziò a diventare pericoloso anche per coloro che inizialmente erano suoi amici come Genoino. Per fermarlo bisognava solo ucciderlo. Molti tentativi furono fatti. La tradizione vuole che la presunta pazzia di Masaniello fu causata dalla roserpina, un potente allucinogeno somministratogli durante un banchetto nella reggia. Probabilmente il comportamento di Masaniello era improvvisamente mutato a causa della repentina ascesa al potere, e gli "atti di follia" che commise erano in realtà causati dall'incapacità di gestire grandi responsabilità di comando. Al culmine del potere i segni di squilibrio che manifestò furono numerosi: il lancio del coltello tra la folla; le interminabili galoppate; i tuffi notturni nel mare; l'insistere nel progetto strampalato di trasformare piazza del Mercato in un porto e di costruirvi un ponte per collegare Napoli alla Spagna.
L'epilogo si ebbe il 16 Luglio del 1647, Martedì nel giorno della Festa del Carmine. Imprigionato, fu freddato con cinque colpi di archibugiate. La moglie Bernardina, rimasta sola, per mangiare si diede al mestiere più vecchio del mondo: prostituta in un vicolo del Borgo S. Antonio Abate. Qui verrà più volte picchiata a derubata dai soldati spagnoli suoi clienti. Morirà di peste nel 1656.
Ciò che resta di Masaniello è una lapide nella chiesa del Carmine, una statua nel chiostro ed una piazzetta a suo nome formata da un palazzone in cemento armato. Interessante l'ipotesi di Ambrogio da Licata secondo cui i resti di Masaniello si trovano poco distanti dalla chiesa: nel porto a circa 10 metri di profondità proprio sotto un silos. Il mito di Masaniello attraverserà tutta l'Europa, dall'Inghilterra alla Polonia e sarà sempre sinonimo di libertà ed eguaglianza. Quella libertà e quella eguaglianza conquistata con la Rivoluzione Francese.

Di poco posteriore alla figura storica di Masaniello, forse risalente ai primi anni del XVIII secolo, quando già la sua figura si era trasformata in leggenda e mito, è il canto 'O cunto 'e Masaniello di cui vi riporto una parte di  testo:
A lu tiempo de la malora
Masaniello è nu piscatore,
piscatore nun le rincresce
Masaniello se magna 'nu pesce…

…A lu tiempo de chisti scunfuorte
Masaniello è bestuto da muorto.
Dint''a nicchia 'na capa cu ll'ossa
nce ha lassato 'na coppola rossa.
Chesta coppola dà 'na voce,
quanno 'a famme nun è doce,
quann''o popolo resta 'ncroce,
quanno pave 'stu tributo
pure 'a tassa 'ncopp''o tavuto.
A lu tiempo de chisti scunfuorte
Masaniello è bestuto da muorto.
Masaniello s''o credono muorto...

Nonostante il giudizio negativo e superficiale ancora imperante tra i "soloni " della Storia, tu, caro Tommaso, dentro la Storia ci sei!





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