mi ha detto che "È bellissima, un incubo riuscito
ma dimmi, sogni spesso le cose che hai scritto
oppure le hai inventate solo per scandalizzarmi" ...»
(Francesco De Gregori)
Ci sono cose alle quali, inevitabilmente - tu lo voglia o no -, sei legato. Sono quelle a cui, in qualche modo, possiamo accostare o allacciare parte della nostra esistenza. Quelle che ti danno quella strana sensazione di appartenere: di farne in qualche modo parte. Sicuramente io faccio parte vita di Pina almeno in quanto lei fa parte della mia e, forse, faccio parte di ciò che Laura-narrante racconta.
Nonostante ciò leggendo ho avuto la netta percezione di non poter appartenere ad un bel niente ed al contempo la consapevolezza che il “percorso” tracciato dall'autrice attiene a molti, perché ineluttabilmente, per quanto ci si sforzi di non essere coinvolti, prima o poi, capita a tutti di far partedel gioco.
Laura nella sua lucida follia è molto pericolosa e lei è cosciente di questo. Anzi si fa beffe di ognuno di noi dando credibilità al suo modo, forse bislacco - agli occhi dei più -, di intendere lavita. Con sottile e spietato cinismo descrive atteggiamenti, comportamenti e visioni della vita rimuovendo, senza remora alcuna, il velo di ipocrisia e malcelato perbenismo che ci circonda. La sua perfidia non si ferma qui: solo a prima vista “sbeffeggiando” sé stessa, da forza alle sue argomentazioni, affidando spesso alla descrizione, apparentemente grottesca, di alcuni episodi il compito di dequalificare, senza possibilità di appello, qualsiasi modo di intendere la vita che non si avvicini al suo. In questo è simile, molto simile, al padre ed al suo capo.
Pina-Laura rivendica il diritto di avercela con il mondo intero e lo fa scrivendo, tanto che lo scrivere diventa per lei fonte catartica di amorevole tranquillità. La stranezza in tutto questo è che riesce, comunque, a farsi volere bene da tutti quantunque ribadisca, sempre e con fermezza, il proprio diritto a decidere: non ama i suggerimenti perché, e di questo è consapevole, sa benissimo sbagliare
da se. Una specie di orgoglioso grillo parlante. Sottolineo l'evoluzione, roba non da poco, della “suffragette” dell'esercito della salvezza inglese di primo novecento che conoscevo.
Una cosa è certa le pagine restano impresse per l'onestà e per la sottile ironia che le pervade e non possono non lasciare un segno: una vocina petulante, ma tremendamente sincera, che ti continuerà a ronzare nella testa dopo averle lette.
Giuseppe Ragusa
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