Il primo dato che si impone è la netta discriminazione tra gli studenti dei Licei e quelli degli Istituti tecnici, che sono perlopiù figli della piccola borghesia o, più raramente, provengono da famiglie di operai o di contadini. Per loro il passaggio dalla scuola alla fabbrica o all'ufficio rappresenta la naturale continuità di un percorso senza sbocchi alternativi e non richiede nessun rito di iniziazione. Diversa è la situazione e la considerazione degli studenti liceali: loro sono i figli della classe dirigente, destinati a diventare la futura classe dirigente. Bisogna avere garanzie sulla loro appartenenza ad una cultura che riflette una visione del mondo della quale è necessario assicurare la continuità. L'esame vuole costituire il puntale accertamento del possesso di quella cultura, attraverso la quale si entra a far parte della ristretta elite di chi può decidere, dirigere, governare, comandare. La richiesta di conoscenze possedute con precisione quasi catechistica assume il carattere di un rito e per celebrarlo la società chiama i grandi sacerdoti della cultura, i professori universitari. Davanti a loro gli studenti devono dimostrare di aver saputo accettare cinque anni di studio diligente e obbediente, un vero e proprio addestramento formale che li ha abilitati a diventare gli ufficiali capaci di inquadrare la nazione in un sistema preciso di rapporti sociali che sono nello stesso tempo rapporti economici e rapporti di potere. Dopo la "promozione" la goliardia degli anni universitari, accettata con tanta indulgenza, addirittura esaltata da una vasta tradizione operettistica e canzonettistica, è il premio per chi ha fatto il proprio dovere e un ulteriore segno di distinzione tra chi può permettersi la sregolatezza e chi è costretto alla regolarità di un duro, monotono, faticoso lavoro. Gli anni della guerra aprono una lunga e drammatica parentesi: la precarietà della situazione generale impone varie semplificazioni alle procedure dell'esame, che, nel 1940 e nel 1941, viene addirittura eliminato e sostituito dallo scrutinio finale. Nel 1951 il ministro Guido Gonella ripristina l'esame di maturità di Giovanni Gentile, con alcune novità: vengono introdotti i membri interni (prima due e poi soltanto uno) e relativamente ai due anni precedenti l'ultimo vengono richiesti dei cenni. Si tratta di novità limitate, ma non prive di significato, che impediscono comunque di liquidare sbrigativamente la legge Gonella, attribuendola al clima generale di restaurazione e ritorno all'ordine proprio dei primi anni Cinquanta. Una svolta decisiva nella storia dell'esame di maturità è poi quella del 1969, con il decreto del ministro Fiorentino Sullo. Siamo negli anni della contestazione, dell'autunno caldo, del movimento studentesco, della volontà di cambiare il mondo e anche per l'esame conclusivo della scuola superiore ci sono riforme radicali. L'esame di maturità viene esteso a tutti i corsi di studio quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore, contestualmente con la liberalizzazione degli accessi agli studi universitari. Le prove scritte vengono ridotte a due, scelte dal ministero.
"Questo blog, nasce a Grottaglie e per Grottaglie, è e sarà rispettoso delle manifestazioni dell'altrui pensiero, da qualunque parte provengano, purché espresse onestamente e chiaramente. In questo spazio ho l'onore di avere autori di spessore culturale di grande livello. Potete scrivermi su: lillidamicis@libero.it e/o su : lillidamicis@gmail.com
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giovedì 21 giugno 2012
Esame di maturità e/o esame di stato:una storia tutta italiana.
Il primo dato che si impone è la netta discriminazione tra gli studenti dei Licei e quelli degli Istituti tecnici, che sono perlopiù figli della piccola borghesia o, più raramente, provengono da famiglie di operai o di contadini. Per loro il passaggio dalla scuola alla fabbrica o all'ufficio rappresenta la naturale continuità di un percorso senza sbocchi alternativi e non richiede nessun rito di iniziazione. Diversa è la situazione e la considerazione degli studenti liceali: loro sono i figli della classe dirigente, destinati a diventare la futura classe dirigente. Bisogna avere garanzie sulla loro appartenenza ad una cultura che riflette una visione del mondo della quale è necessario assicurare la continuità. L'esame vuole costituire il puntale accertamento del possesso di quella cultura, attraverso la quale si entra a far parte della ristretta elite di chi può decidere, dirigere, governare, comandare. La richiesta di conoscenze possedute con precisione quasi catechistica assume il carattere di un rito e per celebrarlo la società chiama i grandi sacerdoti della cultura, i professori universitari. Davanti a loro gli studenti devono dimostrare di aver saputo accettare cinque anni di studio diligente e obbediente, un vero e proprio addestramento formale che li ha abilitati a diventare gli ufficiali capaci di inquadrare la nazione in un sistema preciso di rapporti sociali che sono nello stesso tempo rapporti economici e rapporti di potere. Dopo la "promozione" la goliardia degli anni universitari, accettata con tanta indulgenza, addirittura esaltata da una vasta tradizione operettistica e canzonettistica, è il premio per chi ha fatto il proprio dovere e un ulteriore segno di distinzione tra chi può permettersi la sregolatezza e chi è costretto alla regolarità di un duro, monotono, faticoso lavoro. Gli anni della guerra aprono una lunga e drammatica parentesi: la precarietà della situazione generale impone varie semplificazioni alle procedure dell'esame, che, nel 1940 e nel 1941, viene addirittura eliminato e sostituito dallo scrutinio finale. Nel 1951 il ministro Guido Gonella ripristina l'esame di maturità di Giovanni Gentile, con alcune novità: vengono introdotti i membri interni (prima due e poi soltanto uno) e relativamente ai due anni precedenti l'ultimo vengono richiesti dei cenni. Si tratta di novità limitate, ma non prive di significato, che impediscono comunque di liquidare sbrigativamente la legge Gonella, attribuendola al clima generale di restaurazione e ritorno all'ordine proprio dei primi anni Cinquanta. Una svolta decisiva nella storia dell'esame di maturità è poi quella del 1969, con il decreto del ministro Fiorentino Sullo. Siamo negli anni della contestazione, dell'autunno caldo, del movimento studentesco, della volontà di cambiare il mondo e anche per l'esame conclusivo della scuola superiore ci sono riforme radicali. L'esame di maturità viene esteso a tutti i corsi di studio quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore, contestualmente con la liberalizzazione degli accessi agli studi universitari. Le prove scritte vengono ridotte a due, scelte dal ministero.
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I link che non annoiano
LIBERTÀ DI PENSIERO
"Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà,
Pierpaolo Pasolini
scrittore
ammazzato nel novembre del 1975
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EINSTEIN DICEVA SPESSO
“Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare”.
Bella descrizione dei tempi passati, con evidente emozione nel raccontare il proprio periodo di riferimento... Tempi passati ma tanto vicini nel ricordarli . Bravo prof.
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