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giovedì 7 giugno 2012

La crisi del '29

Se pur qualcuno, dotato di buona volontà e di pazienza,  leggerà  questo scritto,  si accorgerà che a distanza di tanti anni non è cambiato molto… anzi… gli avvenimenti e le cause si ripropongono con una razionalità ciclica disarmante, che dovrebbe far riflettere tutti quei  (presunti)“grandi” che guidano le sorti dei popoli. Purtroppo, l’ignoranza della Storia è quell’enorme macigno che la società  si porta dietro!
Nel primo dopoguerra l'economia degli Stati Uniti ebbe un forte incremento, trainata soprattutto dal settore automobilistico. Infatti, in America dal 1922 al 1929, la produzione industriale aumentò del 64%, la produttività del lavoro del 43%, i profitti del 76% e i salari del 30%. La forte differenza tra l'aumento dei profitti e della produzione con quello dei salari creò un evidente squilibrio nelladistribuzione dei redditi.

A questi squilibri, si aggiunse la convinzione che fosse possibile un arricchimento facile, ovviamente non legato al lavoro o alla produzione, ma che provenisse da audaci attività speculative. Non furono posti limiti alle attività speculative delle banche e della borsa. Il miraggio di un guadagno facile legato alle speculazioni finanziarie attirava anche parte della popolazione a reddito modesto, disposta a pagare alle banche interessi altissimi pur di tentare facili guadagni. Si comperava per rivendere, senza preoccuparsi della qualità dei titoli: all'aumento della domanda dei titoli si accompagnò quella delle quotazioni. A tutto questo va aggiunta la responsabilità degli uomini d'affari, rappresentanti di holding che detenevano portafogli di azioni che avevano interesse affinché i corsi dei titoli si alzassero.
Questi uomini effettuavano dichiarazioni ottimistiche e spingevano i risparmiatori all'acquisto
di titoli. L'aumento del valore delle azioni industriali, però, non corrispondeva ad un effettivo
aumento della produzione e della vendita di beni tanto che, dopo essere cresciuto artificiosamente
per via della speculazione economica diffusasi a tutti i livelli in quegli anni, scese rapidamente e
costrinse i possessori a una massiccia vendita, che provocò il crollo della borsa.
A partire dal giugno del 1929, la domanda interna americana si trova di fronte a un calo e la crisi di
sovrapproduzione cominciò a colpire le industrie fondamentali e le attività agricole.
Dopo settimane di oscillazioni il 24 ottobre 1929 (giovedì nero) tredici milioni di azioni vengono
vendute a prezzi bassissimi. Salvo brevi periodi di ripresa, il ribasso continua fino all'8 luglio 1932.
Ma la crisi, oltre che borsistica, industriale, agricola e commerciale, fu anche una crisi bancaria.
Infatti sia l'industria che l'agricoltura erano fortemente indebitate con le banche. Durante gli "anni
ruggenti", le banche avevano ecceduto nei prestiti, nella previsione di una restituzione regolare e
nella fiducia nei risparmiatori che avrebbero dovuto accrescere i loro depositi.
Ma con la crisi, un enorme numero di imprese non fu in grado di pagare i debiti alle scadenze e intanto, le banche, erano premute da coloro che avevano depositato soldi, e che ora chiedevano la restituzione delle somme depositate. Di conseguenza, trovatesi di fronte alla pressione dei depositanti e all'impossibilità di far rientrare i prestiti, molte banche furono costrette a chiudere.
Inoltre, per tutelarsi, gli USA, tesero a ritirare gli investimenti dal mercato internazionale al quale si aggiunse la politica doganale: la dura tariffa doganale che gli Stati Uniti adottarono dal giugno del 1930, ebbe caratteristiche duramente protezionistiche portandoli a scegliere la via dell'isolazionismo o del nazionalismo economico.
Come tutte le crisi, anche questa scaricò nella massa i suoi effetti e il più evidente fra tutti fu la disoccupazione che fu aggravata dalle politiche deflazionistiche adottate per evitare ripercussioni inguaribili nel bilancio dello stato come la riduzione degli stipendi, la tassazione diretta anche sui salari e la r iduzione della spesa pubblica.
Nel 1932 il numero dei disoccupati aveva raggiunto i dodici milioni; più di 5000 banche erano
fallite; 32000 grandi aziende commerciali avevano chiuso, il reddito nazionale si era dimezzato,
calando da ottanta a quaranta miliardi di dollari in soli tre anni.
Il crollo della borsa e la crisi economica misero in cattiva luce il sistema capitalista. Questa sfiducia si abbatté anche sul Partito Repubblicano,considerato il maggior rappresentante del mondo capitalista, che alle elezioni del 1932 fu sconfitto da quello Democratico, rappresentato da Franklin Delano Roosevelt, sostenuto soprattutto dai lavoratori.
Il patto che Roosevelt presentò agli americani, il New Deal, presentava alcuni importanti punti fermi:
1. La decisione di affrontare la crisi tramite l'intervento dello Stato;
2. L'impegno a dirigere le attività economiche e a mediare i contrasti di classe per dimostrare la compatibilità tra sistema capitalistico e regime democratico.
Insieme a un gruppo di collaboratori competenti, Roosevelt mise in atto una serie di provvedimenti:
1. Per ridurre la disoccupazione, il governo promosse una vasta serie di lavori pubblici (costruzione di case, strade, ponti, opere pubbliche) e fondò un Corpo Civile per la Conservazione della Natura che impiegò circa3 milioni di giovani in opere di rimboscamento. Fondò, inoltre, la Tennessee Valley Authority, che in circa vent’anni portò a termine i lavori di sistemazione della valle del Tennessee, costruendo dighe e centrali per fornire energia elettrica a costi più bassi di quelli praticati dalle industrie private;
2. Concesse sussidi agli agricoltori perché diminuissero la produzione o perché distruggessero una parte del raccolto, per evitare una caduta dei prezzi;
3. Affidò all'Ente Nazionale per la Ripresa Industriale il compito di stimolare il rilancio industriale e di formulare un "codice dei concorrenza leale" per mantenere i prezzi a un livello adeguato. Dall'altra parte le aziende dovevano dare ai lavoratori un minimo salariale e non dovevano aumentare il numero pattuito d'ore lavorative per settimana;
4. Per trovare i fondi necessari a questa nuova politica, fondata sull'espansione della spesa statale, si ricorse all'aumento del debito pubblico: si accettò il deficit statale non pretendendo più il pareggio ad ogni costo; si stampò più carta moneta in rapporto alla quantità di riserve auree, creando un'inflazione controllata che svalutò il dollaro ma permise una più facile esportazione.
Nel 1938 la politica del New Deal si concluse. Infatti, le minacce del nazismo e dell'imperialismo nipponico, indussero il governo americano a moltiplicare le spese per gli armamenti, che da sole riuscirono a far superare la crisi, tanto che la disoccupazione sparì velocemente. Roosevelt venne rieletto nel 1940 e nel 1944 e tenne la presidenza fin quasi al termine della Seconda Guerra Mondiale: morì, infatti, il 12 aprile del 1945, alla vigilia della vittoria sul nazismo.

E’ amaro dirlo e scriverlo:ma la via d’uscita a quella  crisi,provocata dal capitalismo sfrenato, fu la tragedia della II Guerra Mondiale.
E oggi?

1 commento:

  1. Sempre più bravo, è un piacere leggere e istruirsi su questi articoli.

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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis

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ammazzato nel novembre del 1975

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