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domenica 9 maggio 2010

BARRIERE ED ORIZZONTI NELLA PITTURA DI VANDA VALENTE


Una pittura senza concessioni: scabrosa, anti graziosa, difficile. Tre aggettivi che definiscono quanto basta l’opera di Vanda Valente: artista che mosse i suoi primi passi a Napoli, ormai oltre mezzo secolo fa, quale allieva di Emilio Notte. Per la verità l’impronta del maestro cegliese, quasi l’imprimatur, o meglio ancora l’“imprinting”, se è lecito usare un termine che proviene dall’etologia, si può riconoscere in tutto il percorso della Valente. Per esempio lo troviamo nell’attitudine spontanea alla costruzione architettonica del quadro; per non dire dell’abitudine allo studio del soggetto con gli umili ma non per questo inefficaci antichi sistemi del disegno a mano libera(oggi in declino grazie al diffondersi dei supporti fotografici e informatici). È un dettaglio, ma importante. Gli antichi maestri sapevano che l’opera finita è il risultato di un lungo processo, che bisogna arrivarci preparati, al meglio delle proprie risorse, e insomma dopo molta cura e studio. Anche a costo di eliminare senza tentennamenti esperimenti incerti o poco convincenti. Non bisogna affezionarsi alle cose - questa la filosofia di fondo – ma solo ai risultati. E anche questi non devono quasi mai essere considerati definitivi. Nell’opera della Valente non manca la pratica della semplificazione, nonché la costruzione geometrica dello spazio, la quale si traduce inevitabilmente, sulle lunghe distanze, in una disciplina mentale; perché si è forse dimenticato, o quasi, al giorno d’oggi, quanto giovi a qualunque intrapresa la capacità di interpretare l’essenza in pittura.
Ecco, tutto questo e altro ancora costituisce l’eredità del maestro Emilio Notte. Ma poi c’è la personalità, l’individualità dell’artista. Se è lecito enunciare la sintesi della pittura di Vanda Valente, vengono spontanei alla mente i seguenti termini: “chiusura”, “trama”, “massa”, “separazione”. Quattro punti cardinali che scandiscono i pur molteplici periodi e attraversamenti dell’artista.
Prendiamo ad esempio la serie delle maternità. Sono figure bloccate, ripiegate su se stesse e delimitate dalle masse che ne producono il contorno, quasi come membrane placentari. Anche i paesaggi, sovente dedicati alle terre della natia Puglia, formano orditi che asserragliano prospettive e visuali altrimenti libere. Nelle opere tendenzialmente astratte la Valente sembra concedersi digressioni coloristiche e geometriche, ma a ben vedere anche qui notiamo la robusta dialettica delle forme inconciliabili. E questo spiega l’approdo maturo al tema dell’ “alterità” , presente nelle sue ultime tele. Poiché al cuore della pittura di Vanda Valente si cela l’espressione del dramma della vita, ovvero della realtà: una vita mai senza opposizioni, mai priva di resistenze, mai avaradi obiezioni, e di contraddizioni, talvolta insanabili. Ecco quel che comunicano le opere della Valente, ed è davvero singolare che simili e così efficaci asprezze esistenziali emergano dai pennelli di una personalità che nella vita ha sempre dimostrato una intrinseca dolcezza d’animo.
Di Riccardo Notte

INGRESSO LIBERO orari: 9.30/12.30 - ore 17.00/20.00 • tutti i giorni compresi i festivi Per informazioni: Palazzo De Felice - Tel. 099.5622610 Ufficio IAT - Tel. 800.545.333 Ufficio Cultura - Tel. 099.5620251
www.comune.grottaglie.ta.it info@museogrottaglie.it

3 commenti:

  1. In apparenza dai temi primitivi e semplici, la pittura di Vanda Valente prende le mosse da una personale ricerca filosofica sulla percezione o sensazione individuale degli eventi e della realtà circostante. Ad ogni persona corrisponde un'emozione diversa e del tutto soggettiva; come può allora, l'artista, trasmettere con precisione il proprio messaggio, la propria emozione?
    Valente ha riflettuto a lungo su tale questione teorica , gettando le basi della nuova corrente artistica denominata NEXT-ART.
    Da tali premesse si evince che un fare pittorico improntato all'iconografia tradizionale e figurativa non risolve la suddetta empasse teorica. Si tratta dunque di andare oltre l'oggettività dell'immagine ed oltre i "pennelli e tavolozza", alla ricerca di metafore volte a ri-proporre all'osservatore una sensazione quanto più possibile già esperita.
    La metafora è data dal colore, dalla forma e dall'uso di materiali vari che si coagulano attorno al concetto, palesandolo concretamente.
    Dunque deBoni vuole esprimere ciò che sente nel momento stesso in cui "sente", salvaguardando nella sua integrità, tutta l'emozione percepita. In questo contesto, la scelta dell'utilizzo di materiali diventa un mezzo idoneo a trasmettere con forza la sintesi tra realtà soggettiva (microcosmo individuale), e realtà oggettiva (macrocosmo universale). Sulla scia dell'arte Informale e dello Spazialismo, Vanda rispetta l'astrazione dell'oggetto trattato e la concettualizzazione dello stesso.
    Maggiore consistenza a tali principi può darla la scelta di una ridottissima tavolozza cromatica, divenuta con l'avanzare delle ricerche dell'artista, monocroma o bicroma: il rosso ed il nero, metafore della passione e del dolore, del mistero e della notte, di tutta la luce e di tutti i colori. Le due masse coloristiche occupano campiture precise sulla tela, rispettando un equilibrio formale evidente, e restituendo una composizione armoniosa. Esse inoltre delimitano campi d'azione interagenti e mai in contrapposizione reciproca. Il colore qui diventa momento centrico di partenza della ricerca artistica di Valente, chiave di lettura imprescindibile per una adeguata interpretazione delle sue opere. Nulla è posto a caso, ma anzi, ad una attenta osservazione, appare chiara la struttura geometrico-astratta dell'icona, essenziale, scarna ed altamente estetica, come se il pittore tentasse di rimettere ordine al "caos" dell'irrazionalità, come se tentasse di riequilibrare le passioni e le forze talvolta incontrollate dell'istinto e dell'inconscio. Talvolta l'immagine è frastagliata, la composizione materica è informe, ma sempre rispondente - come ho detto - ad un ordine ben preciso, ad un equilibrio tecnico sicuramente raggiunto.
    Riscopriamo nel nero una zona luminosa che parla e che rivela.


    Critico grottagliese

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  2. Di fronte ad una così ben articolata critica all'artista Valente e alla sua arte, è un peccato che il "critico grottagliese" non si sia firmato con il suo nome e cognome.
    Perché tutto questo mistero, mi chiedo sempre di fronte a commenti ben fatti?

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  3. Semplice, cara signora deali,

    perche' in un periodo di imbonitori, demagoghi,ciarlatani ed affini la persona preparata non fa notizia e,anzi,rischia di apparire cio' che non e',ovvero inacculturata.Potrei dire,anche che non e' di moda.

    Io sono certo che nulla si improvvisa,nemmeno in questa societa' che brucia tutto dalla mattina alla sera e crea nuovi idoli e nuovi persosaggi,virtuali e senza connettivo.

    La saluto e mi si "consenta" di regalarle una bella frase di Maiakoski,poeta e drammaturgo russo,il cantore della rivoluzione d'Ottobre :

    " nei periodi bui, i culi di bottiglia rifulgono come cristalli".

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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis

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Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà,
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ammazzato nel novembre del 1975

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