Che ora è ?

martedì 18 dicembre 2007

Cinquant'anni dopo.... di Pino De Luca


Ci siamo quasi. Tra due giorni inauguriamo la mostra sul cinquantenario delle vittime della “Rivolta delle Uve”. Eventi lontani nel tempo eppure molto vicini. Le Istituzioni allora furono lontane dai bisogni della popolazione, addirittura ostili e nemiche. Così maturò l’eccidio. Uno Stato che guardava al Sud come i nuovi schiavi da deportare nel nord industrializzato e povero di manodopera.

Bisognava schiacciare quella voglia di riscatto, un filo unico che da Portella delle Ginestre attraversa tutto il mezzogiorno d’Italia, tenuto per decenni sotto il tallone del sottosviluppo, delle mafie cresciute con il silenzio e la complicità delle classi dirigenti, con personale politico pronto a vendere l’anima non per promuovere la propria terra ma solo se stessi.
A quella condizione si ribellavano i contadini ed i braccianti, chiedendo che il frutto del duro lavoro dei campi fosse considerato nel suo valore. Per questo scoppiarono i moti e vennero i morti.
Mario e Alfredo hanno promosso l’iniziativa nel paese di quei morti. Perché non bisogna dimenticare il proprio passato se si vuole comprendere il presente e capire da che parte è il futuro. Cosa abbiamo oggi? Il disinteresse più ampio di quella che si autodefinisce “classe dirigente”. Le adesioni che sono venute appartengono per lo più a persone che hanno scelto di mantenere il rispetto per il proprio territorio e per se stessi, e a persone che mantengono intatta la primarietà di una sfera ideale alla quale non sanno o non possono rinunciare.
Ma stiamo parlando di esigue minoranze, qui si partecipa, si ascolta, si studia. Non ci sono prebende, poltrone o strapuntini, e nemmeno battute salaci o volgarità gratuite. Qui si fa memoria e impegno, lavoro e seria concretezza, e allora la gran parte degli organi di informazione si estrania. Non fa audience la vicenda di tre braccianti che cinquant’anni fa rimanevano a terra. E chi se ne frega delle lotte contadine, cose vecchie, passate. Adesso le classi dirigenti si occupano d’altro. L’agricoltura è roba antica, del secolo scorso, a chi volete che interessi?
E invece io credo che essa sia il futuro, quello vero, delle genti di questo territorio. Questo è territorio di vino (e anche divino) e il vino è la sua ricchezza, anche se i predatori si affacciano ad ogni piè sospinto, cercando con le lusinghe, con le maschere da buoni di continuare la loro opera di distruzione e di predazione.
Mi ha scritto Angelo, mi ha inviato una legge regionale, L. 25 del 3 agosto 2007, che cambia alcune parole che riguardano la Valutazione di Impatto Ambientale. Cambiamenti di linguaggio piccoli ma di grande effetto, nascosti al pubblico ma non agli amici e agli amici degli amici. Grazie anche a questi cambiamenti, nel silenzio generale accadono allora cose molto pericolose: molti terreni privati che erano occupati da colture si stanno trasformando in concessioni per l’installazione di centrali eoliche e fotovoltaiche (oltretutto pagate con i contributi dei consumatori di energia elettrica) e, in qualche caso si stanno progettando impianti per la produzione di colture a destinazione energetica.
Il tallone del Nord energivoro e industrializzato continuerà la sua oppressione (chi produce il materiale per le centrali e a chi serve l’energia?) e questa volta in modo ancora più subdolo. Ieri ci piazzarono gli impianti di distruzione di massa promettendo industrializzazione e ci lasciarono disoccupazione e malattie, oltre che i loro veleni. Oggi ci danno “l’energia pulita” promettendo occupazione e sviluppo.
Riflettiamo: se si sostituisce l’alimentare con l’energetico, vedrete tra qualche anno i prezzi del cibo come diventeranno. Si sta allora profilando, nella disattenzione generale, la distruzione delle condizioni primarie della vita stessa delle popolazioni di questa terra. Acqua e cibo diventano merci sempre più care, e tutto per ingrassare i profitti di una masnada di avventurieri straccioni. Personaggi che si chiamano imprenditori ma che fanno i capitalisti senza mettere un centesimo di capitale, semplicemente servendosi di una classe politica, nel migliore dei casi complice nel più comune assolutamente ignorante, che, nella solita tradizione, invece di curarsi degli interessi del territorio cura esclusivamente i propri.
Sfruttamento selvaggio e tentativo di asservimento della parte più arretrata del Paese, classe politica sorda e incapace di tutelare gli interessi del proprio territorio. Sono trascorsi cinquant’anni e gli ingredienti ci sono tutti, o quasi. L’oppressione mafiosa sembra che sia in ritirata. Basta guardare in Sicilia: la magistratura e le forze dell’ordine hanno avuto l’occasione per mettere a segno numerosi colpi contro Cosa Nostra, catturando pericolosi latitanti e disarticolando la Mafia.

Mi è giunta però una notizia: il prossimo Consiglio dei Ministri provvederà al trasferimento di Giosué MARINO e Giuseppe CARUSO (rispettivamente Prefetto e Questore di Palermo), nonché del PM PRESTIPINO, dei Procuratori aggiunti LARI e PIGNATONE, di una dozzina di Sostituti Procuratori della Repubblica e anche del capo della Mobile, il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri Vittorio TOMASONE è stato già sostituito. Normale avvicendamento e sicuramente saranno sostituiti da persone altrettanto valide. Certo se fossero stati promossi non sarebbe stato male, ma sono semplicemente trasferiti ad altro incarico. Tutti insieme mi sembra esagerata come coincidenza. Se non si affondano i colpi la piovra risorge e avremo tutte le condizioni di messo secolo fa. Io non credo che si vogliano ricreare le condizioni per un tumulto, ripetere la storia sarebbe una farsa, preferisco pensare che una crisi delle uva non ci sarà mai più, anzi che faremo un vino sempre migliore, è il modo più giusto per onorare chi per questa terra ha combattuto e ci ha anche rimesso la vita.
Siete tutti invitati, a San Donaci, 19 20 21 di dicembre a discutere di ieri, di oggi e di domani, ricordando i morti ma anche progettando per i vivi. Sarebbe bello che accogliessero l’invito anche coloro che sono in grado di raccontare il racconto, temo però che molti saranno impegnati a fare da eco alle esternazioni del “nulla” di turno con la livrea del pavone in amore.

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