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domenica 7 ottobre 2012

8 ottobre 169 a.C.: muore Quinto Ennio.

Qual migliore occasione per ricordare la   morte di questo poeta  che quella di leggere  la sua biografia scritta da Giovanni Battista Garzetti nel 1843 ? Fu il primo poeta latino a scrivere un poema in esametri.  Orazio lo  definisce “inventor e  “alter Homerus, ", Quintiliano  “pater”.Un letterato  “legato” a  quella Grottaglie che gli ha intitolata una via. ”Ennius calabris in montibus ortus”,cantava Ovidio (Ars amatoria) e ancora Orazio, riferendosi a lui, diceva:”Calabrae Pierides”. Tralascio, volutamente, la “vexata quaestio” del suo luogo di nascita, onore che in Puglia si contendono alcune localita’ :



“…Dopo questi due uomini, i quali quanto all'ordine dell'età si possono riguardare siccome i corifei della poesia latina, vuolsi dire di quello che in verità si può chiamare padre e creatore come di essa poesia , cosi della lingua Quinto EnNio nacque nel 239 a.C. anno innanzi che Livio Andronico producesse in Roma la sua prima tragedia. e nacque in Rudia, città della Calabria che era di origine greca. Militò negli eserciti romani, e in età di ventiquattr'anni si trovava come centurione nell' esercito del consolo Tito Manlio (anno 216) nell'isola di Sardegna, d'unde nel 205, oppure nel 198, Catone il condusse a Roma. Accompagnò il maggiore Africana nelle sue spedizioni, e nella guerra contro gli Etoli ( anno 190 ) il console M. Fulvio Nobiliore, da Quinto figliuolo del quale conseguì poi la cittadinanza romana. Fu per valore, per sapere, per gentili maniere e dolci costumi caro a tutti que' sommi uomini e a molti altri de' principali, e agli Scipioni carissimo tanto, che si credette tu» mulato nel loro sepolcro e in quello onorato di una statua. Tacciasi d'essere stato dedito al vino e d'averne abusato, sicchè ne contrasse la podagra, che nel 169 il condusse a morte in età d'anni settanta, dopo aver, come dice Cicerone, “ tollerato” quasi in modo da sembrar di goderne la povertà e la vecchiezza . Conosceva Ennio tre lingue, la greca, la latina e la osca; avea percorso molti paesi, militato a lungo e vissuto famigliarmente cogli uomini principali di Roma, onde tanto bene conobbe il carattere e '1 gusto del popolo da cui voleva essere letto, che per le nobili sentenze «piacque e agli uomini inculti » dell'età sua e agli azzimati delle seguenti . Moltissime opere egli scrisse, e per esse sali in tanta fama, da venir risguardato siccome il padre della poesia latina , siccome il poeta più antico . Descrisse ne' diciotto libri degli annali le imprese più gloriose del popolo romano, ne' quali intessendo cogli antichi miti le recenti istorie, e con queste conciliando a quegli autorità e quasi dimostrandone la verità, rese suoi parziali ammiratori i nipoti e gli ammiratori dei chiari uòmini cui aveva lodato, e tutto il popolo romano intiero . Compose in parte, in parte tradusse da ben venticinque tragedie e tré commedie, degli epigrammi e sei libri di satire. Scrisse pur anche un poema intitolato Scipione, il quale da noi tanto poco a nulla si conosce, che da alcuni viene creduto tragico, da altri epico, e tre poemi didascalici coi titoli di Phagetica ossia Hedypathetica, di Protrepticus e di Praecepta, delle quali opere tutte si conservò qualche frammento , e tradusse in prosa la storia sacra di Euemero . S' adoperò Ennio grandemente non solo cogli scritti, ma coli ammaestramento  inde diffondere miglior gusto e maggior cognizione delle lettere greche, sia con leggere ed interpretare i poeti ,sia con insegnar quella lingua. Quest'indefesso suo studio e la felicita del suo ingegno e l'entusiasmo per le cose romane ebbero larghissima ricompensa, perchè, sebbene qualche altro poeta fiorisse prima di lui e a'suoi dì vivessero Paiuvio e Plauto e Stazio  e Terenzio, opera si può dir tutta sua il rapido incivilimento di Roma, perchè con sostituire all'orrido e sregolato verso saturnio il dignitoso e misurato esametro, insegnò l'uso che da' Latini far si dovea della naturale quantità delle lor sillabe, e mostrò come s'avesse ad arricchire e sbarbarire la lingua, sebbene tutta scuoter da sè non potesse la rozzezza del secolo nel quale vivea. E in quanto grande stima egli venisse non solo nell'età stia, a cui dovette apparire siccome uomo di straordinaria grandezza, ma di quel secolo stesso che dicesi di oro. si conosce da' giudizi che di lui portarono i più chiari scrittori di quell'età. 
Di quali lodi gli sieno stati liberali e Lucrezio e Orazio e Plinio si disse testè; l'avere Catone condotto a Roma Ennio dalla Sardegna parve a Cornelio Nipote da pregiarsi non meno di qualunque trionfo si riportasse di quell'isola ; Cicerone ben di frequente ne cita i versi e dice, potersi Ennio chiamare sommo poeta epico , e doversi reputare inimico del nome romano ciii ne disprezza la Medea ; Virgilio, siccome dimostra a lungo Microbio, ne prese molti e molti mezzi versi e versi intieri, e ne imitò molte invenzioni ; e Vitruvio giunse a scrivere che chi conosceva la dolcezza delle lettere dovea portare nel cuore il simulacro di Ennio non altrimenti che quel degl'Iddìi . Consuona al giudizio dei dotti quello del popolo; perchè non solo in Roma e in tempi antichi soleva il grammatico Lucio Yargonteio recitarne in certi giorni gli annali con immenso concorso di gente , ma si continuava a fare lo stesso in Roma nel primo secolo dell'era volgare , e in Pozzuolo bene tre secoli dopo la morte di Ennio, e oltre un secolo e mezzo dopo che già avea cantato Virgilio ; sicchè si può dire, essere egli a lungo stato al suo popolo quello che al loro furono Omero, l'Ariosto ed il Tasso. A questi elogi, i quali se si attende alla condizione de' tempi non appaiono nè esagerati nè menzogneri, altri ora se ne soggiungeranno che contengono qualche ragionevole critica. Ovidio chiama questo poeta «massimo quanto all'ingegno, e rozzo quanto all'arte , e altrove« mancante dì arte ; Velleio Patercolo crede trovarsi in Accio, e Pacuvio più assai di diligenza, ma in Ennio più di vigore e Quintiliano vuole che si veneri Ennio siccome certi boschi sacri, le cui querele annose non tanto ci allettano per bellezza, quanto ci incutono rispetto . Difficile è per noi, da' frammenti che abbiamo di questo poeta, volere aggiugnere alcunchè ai giudizi che ne formarono gli antichi;perchè e anch'essi censuravano in lui ''0 quei giuochi di parole di cui non di rado si dilettò , e osservavano che lasciò correre molte cose con poca diligenza o nessuna ; come, per cagione d'esempio, nelle tragedie, in cui i dialoghi di soventi non. si scostano da un quotidiano famigliare discorrere; ma si noti che appunto di questa, talor forse eccessiva e non curata, naturalezza v'avea chi a' tempi di Cicerone il lodava . Non è uguale il merito di tutte le opere sue, nè tutte furono sempre lodate e ammirate siccome alcune tragedie, e in particolare gli Annali; onde com'egli con questi oscurò la fama della guerra punica di Nevio, presto venne Lucilio, che fece dimenticar le sue satire, e poi sorser Lucrezio e Virgilio, che di tanto lo superarono nella poesia didascalica; le sue comedie poi ebbero a ceder la palma non a quelle sole di Stazio Cecilio e di Plauto, ma a quelle di altri sette poeti che ne avevano scritto”.

N.B. Narra la leggenda che il medesimo Ennio abbia composto un epigramma (citato da Cicerone) da apporre sul suo sepolcro:
"Aspicite o cives senis Enni imaginis formam
heic vostrum panxit maxuma facta patrum.
Nemo me lacrumis decoret neque funera fletum
faxit: cur ? volito vivus per ora virum".
Traduco: "Osservate, cittadini , la statua  ad immagine del vecchio Ennio;
questi narrò le più grandi imprese dei vostri padri.
Nessuno mi onori di lacrime e non sian fatte lamentazioni funebri:
perché? io  vivo volando attraverso le bocche degli uomini".



1 commento:

  1. Questi articoli sono importanti perchè insegnano tante cose che la gente non sa.Io non sapevo chi era Ennio ma ora lo so.Complimenti per l'articolo e continuate così

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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis

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