L'amore per un qualsiasi personaggio della cultura sia esso un filosofo o uno scrittore o un poeta, è sempre legato a quello che noi abbiamo immediatamente in comune con l'autore, ma anche all'interesse che qualcuno può far sorgere in noi mostrandoci qualche peculiarità dell'autore in questione. Tutto questo preambolo per giustificare il mio grande amore per Immanuel Kant di cui ieri 22 aprile 2012 ricorreva il 288 anniversario della nascita. Il particolare in questione ci fu raccontato in classe, la mitica V A del Liceo Scientifico "Battaglini" di Taranto nell'anno scolastico 1966-67, dal nostro professore di filosofia Alessandro Nicol, detto Popov (si era in clima pre-sessanttotino).
Popov era solito parlarci dei filosofi in una maniera del tutto " irrazionale" (tale era la nostra convinzione di allora, ma che ora apprezzo), perchè ci raccontava aneddoti sui filosofi che di volta in volta trattavamo e le loro idee venivano messe a confronto in maniera molto schematica tra di loro (a dire il vero noi non ci preoccupavamo molto di quello che stava raccontando il nostro professore, tanto circolavano degli appunti di filosofia lasciatoci in eredità da altri studenti passati prima di noi in quel Liceo, che ci permettevano di bypassare le spiegazioni e lo studio sui testi in uso). Ebbene quel giorno in cui iniziò a parlarci di Kant ci raccontò un particolare della vita del filosofo che faceva parte del mio modo di pensare e che mi fece innamorare del filosofo. La storia è questa: Kant aveva fissato una passeggiata in carrozza con un amico inglese. Per quanto lui attento alla puntualità (di cui io sono un patito), stranamente, quel giorno era in ritardo di uno o due minuti. Mentre arrancava sulla strada, nel tentativo di recuperare il ritardo, incrociò la carrozza dell'amico , il quale pur ben vedendolo, proseguì imperterrito. Il giorno dopo, appena incontrò l'amico, Kant si complimentò con lui per il fatto di non lo averlo atteso, asserendo che lui avrebbe fatto la stessa cosa , punendo in questa maniera il ritardo.
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